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Da Tienanmen un messaggio a Hong Kong. Il capo della polizia a rapporto a Pechino

Il capo della polizia di Hong Kong, Tang Ping-keung, eletto meno di un mese fa, venerdì e sabato era a Pechino per incontri con alti ufficiali cinesi — i suoi capi, tra questi il ministro della Pubblica sicurezza Zhao Kezhi. C’è da gestire la crisi per niente risolta nel Porto Profumato, e la Cina vuole spiegare la strategia e la tattica ai suoi uomini. Probabile che in questo momento il Partito abbia pensato di procedere per sfinimento. Dare spazio alle manifestazioni — che ormai sono arrivate al punto cruciale: chiedere ufficialmente il suffragio universale, che è l’unico pezzo di democrazia oggettivamente raggiungibile per l’ex colonia britannica. Vale la pena ricordare a questo punto che un’altra richiesta dei manifestanti è un’indagine terza contro le brutalità della polizia.

Dare spazio alle manifestazioni, ma senza una risposta: significa per Pechino procedere per sfinimento, questa è la strategia di lunga durata. Nel frattempo serve un’applicazione tattica: non si può degenerare, lo spazio concesso deve essere necessariamente controllato e limitato. Le autorità devono confrontarsi con le dimostrazioni più violente e tenere sempre alta la tensione. Deve costantemente sembrare che si è a un passo dalla repressione violentissima con cui soffocare tutto. E infatti Tang ha detto che gli uomini che coordina adotteranno un approccio “flessibile” con i manifestanti; per oggi è prevista una marcia pacifica a cui le autorità hongkonghesi hanno dato autorizzazione.

Si lavora per fatti, la azioni della polizia contro i manifestanti sono spesso dure, ma anche per immagini. Pechino ringhia contro chiunque osi intromettersi sul dossier, manda messaggi continui. Ieri per esempio Tang era a Tienanmen — simbolo globale  delle repressioni autoritarie, luogo dell’Incidente del 4 giugno, come in Cina chiamano la soppressione delle rivolte con l’invio dei carri armati nel 1989. Parlando con i media di stato cinesi, che lo hanno riempito di scatti e riprese, Tang s’è detto commosso ed eccitato perché non aveva mai visto dal vivo l’alza bandiera nella piazza dove si dimostra “la grandezza della sua patria”. Un’immagine che serve come avvisaglia evocativa.

L’Esercito di liberazione popolare cinese (PLA) ha un presidio permanente con sede a Hong Kong che, secondo la legge della città, può essere schierato se il governo locale richiede aiuto per mantenere l’ordine sociale. All’incontro di Pechino, Tang ha ringraziato l’ufficio di Pubblica sicurezza centrale per il suo “supporto e aiuto vigoroso” e ha detto a Zhao che le forze di polizia della città avrebbero “usato tutta la propria energia” per fermare la violenza e i disordini a Hong Kong. Tutte le parole uscite dall’incontro riguardo l’aumento della cooperazione hanno come obiettivo quello di inviare un messaggio a chi manifesta. Sono una forma di deterrenza simile, per dire, a quando la Cina organizza campi di addestramento anti-sommossa a Shenzen (la metropoli del mainland più vicina a Hong Kong). Lo ha fatto più volte negli ultimi mesi, anche recentemente, così come ha mandato rinforzi alla guarnigione interna. Si mostrano i muscoli, mentre si spera che il tempo annacqui l’energia delle proteste.

 

 

 

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