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Il “male di rabbia” e le donne. Un libro e una riflessione

È un mondo senza speranza? È l’Italia del rancore sociale? È la morte dei sogni? Sembra che la nostra società abbia perduto la bussola di valori, visioni, certezze. Un fenomeno amplificato dalla Rete, in cui ognuno proietta il proprio smisurato ego e i propri immediati bisogni mentre le relazioni sociali ed umane si affievoliscono e un “linguaggio dell’odio” incita a combattere un nemico estraneo, diverso.

Gli studiosi analizzano il tema nelle dinamiche psicologiche, sociologiche e mediche. Un bel libro si inserisce, ora, in questo contesto. Il titolo è emblematico, “Ira funesta”. È scritto da Alberto Siracusano, ordinario di psichiatria e direttore della scuola di specializzazione dell’Università di Roma Tor Vergata, ed è stato presentato presso lo storico Circolo Tennis Club Parioli. Relatori Cinzia Niolu, coautrice del volume, professore associato di psichiatria presso l’Università Tor Vergata, e Matteo Nucci, scrittore, esperto di letteratura antica. Organizzatrice dell’incontro Emanuela Andreoli. Presente il Presidente del T.C. Parioli, notaio Paolo Cerasi.

Interventi profondi, intervallati dalle note di un duo di chitarre al ritmo di brani che narrano di donne “causa”di ira e di ferocia in quanto contese per amore. La rabbia – si dice nel libro – non ha età. È un’emozione “primitiva”, primaria, innata nel sistema biologico umano. La esprimono già i bambini piccolissimi per comunicare fame, freddo, dolore. Un disagio per una mancata soddisfazione a bisogni e richieste, nella dimensione di una relazione che il bambino vive come “completamente cattiva” o “completamente buona”. Delusioni, frustrazioni, paura e ogni sentimento che induce disagio sono alla base della rabbia, poi, per tutta la vita.

“Infantile, adulta, senile; rabbie individuali e collettive; piccoli e grandi rabbie”. La rabbia “demone”, come definita da Pier Paolo Pasolini nella poesia “La rabbia”. Un “essere estraneo” che si insinua impossessandosi di corpo, anima, mente e cuore, si legge nel libro. Un male che acceca, che avvelena ogni contesto, ogni situazione. Si incontra ogni giorno, spesso improvvisamente. È il “male di rabbia”. Una condizione caratterizzata anche da comportamenti devianti. Una rabbia che parte dall’individuo e sconfina nelle relazioni sociali, familiari e affettive. Vive soprattutto nel mondo virtuale, senza motivazioni e senza regole.

Il libro di Siracusano è un ritratto incalzante della fisionomia della rabbia, con il suo significato pulsionale, affettivo e motivazionale. Un testo dai contenuti clinici rigorosi ma con il pregio di una scrittura divulgativa fluida e accattivante, nella narrazione dell’ira di omerica memoria, acutamente rappresentata da Nucci durante l’incontro. Un libro per “guardarsi dentro”. Per modificare comportamenti. Per comprendere e saper riconoscere un’emozione che si ritrova nella normalità come nell’estrema patologia. Ad ogni età.

Un veleno potente nelle relazioni tra amici, in famiglia, in amore e nel lavoro. Persino nella scuola. E quale l’antidoto? Esistono tecniche di vario genere per controllare la rabbia, dice l’autore. Psicoterapie, tecniche di rilassamento, self monitoring per “monitorare” i propri pensieri e prevenire episodi di rabbia incontrollata. E, spesso, la causa è da ricercare nella disfunzione di rapporti, tra persone “normali” che temono la rabbia per non saperla poi gestire. Ma la rabbia, paradossalmente, può avere anche un risvolto costruttivo. Di chiarimento, miglioramento, cambiamento. La rabbia nemica dell’indifferenza, se – sostiene il regista Ken Loach – vissuta come “rifiuto ragionato di accettare l’inaccettabile”, si legge nel volume.

Infine, la rabbia ha sesso? Il testo ci rivela che sono, soprattutto, le ragioni e le espressioni che caratterizzano la diversità tra uomo e donna. La rabbia maschile significa aggressività e violenza fisica. Quella femminile comunica attraverso le parole, contro gli oggetti e contro il proprio corpo. Il tema discusso ci pone comunque, ogni giorno, un lacerante interrogativo: perché tanta rabbia? Odi trasportati dall’anonimato dei social. Bullismo come risposta ad insicurezze. Una società del rancore estremo. Tutto, insomma, sembra mosso da sentimenti di rivalsa o da sensazioni repulsive. Quali le cause? Mancanza di fiducia nel futuro, precarietà dei sentimenti, di progettualità, insoddisfazione e prospettive incerte sarebbero alla base di stress, depressione e aggressività.

E, al di là degli stereotipi e degli attacchi misogini, come vive la donna la propria rabbia? Forse, come un problema in sé. Di fronte a un’ingiustizia, un disagio, un conflitto, è un’emozione che la spaventa e che avverte ostile, perché la fa sentire sola con sé stessa mentre gli altri giudicano lei e la sua rabbia. E, nel timore della solitudine, converte spesso la rabbia in dolore, più premiante nella relazione interpersonale.

Possiamo fare qualcosa, noi donne, per imprimere una svolta ed osservare e gestire correttamente la rabbia affinché si trasformi in qualcosa di positivo? Dietro la rabbia, dietro il volto dell’amarezza e della delusione, c’è sempre una profonda ferita.

In una società disorientata, demotivata, rancorosa, affermare un nuovo modo di riconoscerci, di incontrare anche la nostra rabbia, per stare meglio con noi stesse e con gli altri, può rappresentare, forse, una piccola rivoluzione. Per vivere pienamente con sensibilità, autenticità ed eticità una femminilità che, ancora una volta, abbiamo il diritto di rivendicare. Sarà possibile?

Il libro di Siracusano pone interrogativi. Alle donne (ma anche ai loro compagni) le risposte di vita!

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