Un inviato speciale dell’Italia per avere rapporti al massimo livello con tutti gli interlocutori libici e una nuova iniziativa dell’Unione europea con una seconda missione libica: sono le due novità che il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha annunciato al rientro dalla veloce visita in Libia. Di Maio è apparso realista quando ha detto che “il lavoro è appena iniziato” e ha ammesso che “l’Italia ha perso terreno”. Dunque, il tentativo è di rilanciare sia i colloqui e la collaborazione tra numerosi Stati, sia di riappropriarsi di un ruolo che manca da troppo tempo.
Di Maio ha incontrato a Tripoli, Bengasi e Tobruk tutti i principali protagonisti, a cominciare dal presidente Fayez al-Serraj, dal generale Khalifa Haftar e dal vicepresidente del Governo di accordo nazionale e leader di Misurata, Ahmed Maitig. A tutti ha ribadito che “la soluzione non può essere militare” e che “l’escalation in atto deve finire”. L’Italia vuole “riprendere il ruolo naturale di principale interlocutore e amica dei libici” con l’obiettivo di fermare la crisi. Nelle prossime ore il ministro sentirà di nuovo al Serraj e tra qualche settimana Haftar verrà a Roma.
L’inviato speciale, che è stato deciso “con i vertici del Governo” e che risponderà alla Farnesina, sarà di “alto profilo”, dovrà mettere in pratica gli input dell’esecutivo e rappresenterà “il massimo supporto” al “lavoro encomiabile” svolto dal personale diplomatico e dall’intelligence.
Nei prossimi giorni Di Maio sentirà il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e quello turco, Mevlüt Çavuşoğlu, ma anche l’Ue dovrà fare la sua parte e dunque si confronterà con gli omologhi inglese, francese e tedesco.
Il titolare della Farnesina ha intenzione di fornire “il massimo supporto alla conferenza di Berlino, la cui data speriamo sia fissata presto” e all’inviato Onu, Ghassan Salamè, per arrivare a un cessate il fuoco.
Nella conferenza stampa all’aeroporto di Ciampino Di Maio ha anche indirettamente confermato l’irritazione italiana per l’accordo, qual è un Memorandum of understanding, tra Libia e Turchia, accordo che è “da dimostrare” soprattutto nella parte sui confini marittimi.
Nel frattempo il caos è tale che spinge gli attori principali a prendere posizione, anche se il linguaggio diplomatico non sempre fa trasparire le reali intenzioni. Il leader russo, Vladimir Putin, e quello turco, Recep Tayyip Erdogan, al termine di una telefonata hanno fatto sapere di voler favorire “contatti” tra le parti in guerra rilanciando addirittura gli sforzi delle Nazioni Unite e della Germania per porre fine ai combattimenti e “riprendere il dialogo di pace”. Nelle stesse ore il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, ha ribadito il suo appoggio “all’Esercito nazionale libico guidato dal maresciallo di campo Khalifa Haftar”, una qualifica di alto lignaggio per far capire che c’è poco spazio per le trattative mentre i nemici di Haftar considerano il suo esercito nazionale alla stregua di una milizia.
Dichiarazione che non promette, almeno per il momento, una pausa nei combattimenti perché otto città della Libia occidentale si sono unite a Misurata annunciando una mobilitazione generale contro Haftar per conto del quale ha risposto al-Sisi spiegando che non accetterà mai “uno Stato delle milizie o delle formazioni armate terroriste ed estremiste”.