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La prescrizione di Bonafede non è la risposta ai tempi dei processi. Parola di Rossomando (Pd)

La cultura delle garanzie e delle regole è la base su cui costruire una soluzione utile e condivisa. Questa la ratio con cui nasce la proposta Pd sulla prescrizione, osserva a Formiche.net la vicepresidente del Senato dem Anna Rossomando che, partendo dalle criticità della prescrizione targata Bonafede, analizza come costruire un accordo nella maggioranza e quali obiettivi perseguire per evitare che la giustizia sia usata come clava nella battaglia politica.

Quali i punti nevralgici della controriforma della prescrizione targata Pd?

Non si tratta di una controriforma. Si tratta di una proposta avanzata dal Pd per offrire una soluzione all’entrata in vigore della nuova norma dal prossimo gennaio che non ci convince affatto. Non è quella la soluzione all’annoso tema della durata dei processi, anzi così come è scritta rischia addirittura di allungare quei tempi.

Come trovare una sintesi?

La nostra posizione vuole trovare un equilibrio tra la legittima richiesta di risposte alla domanda di giustizia da parte di tutti cittadini, che siano vittime o imputati o appunto semplici cittadini e la ragionevole durata del processo, principio di natura costituzionale. Si inserisce nella disciplina al momento vigente, introducendo un periodo di sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado e dopo l’appello. In seguito la prescrizione riprende a decorrere.

Possibile un accordo in seno alla maggioranza? Tarato su quale humus comune?

Sono fiduciosa che un punto su cui la maggioranza vorrà convergere è l’esigenza di tempi certi e ragionevoli dei processi: partendo da questa base sono fiduciosa che troveremo le soluzioni. La prescrizione di per sé non può essere considerata la risposta ai tempi dei processi: un errore che già si è verifucato in passato. È invece un istituto che ha una sua ratio e che fa i conti con lo stato della giustizia italiana, oltre che con il nostro ordinamento. La nostra, quindi, è una proposta di merito proprio perché il merito credo rappresenti la giusta base valoriale per dare soluzioni alle questioni.

L’obiettivo del testo è di trovare l’equilibrio tra esigenza di giustizia e giusta durata dei processi. In che termini non c’era nella prescrizione di Bonafede?

Dire che dopo il primo grado il processo, potenzialmente, potrebbe durare all’infinito non è una risposta che tiene conto di quell’equilibrio ma rischia in concreto di ottenere l’effetto opposto, comportando una serie di effetti che pitrebbero scardinare il sistema. La prescrizione di Bonafede, oltretutto in assenza di una riforma del processo penale, non è la risposta al problema dei tempi processuali.

Secondo Stefano Ceccanti la legge sulla prescrizione è incostituzionale: perché?

Per via della ragionevole durata dei processi prevista in Costituzione, ma non è l’unico profilo di incostituzionalità. Questo è il parere di un costituzionalista, ma ora il Parlamento deve fare la sua parte. Al momento la nostra proposta è dettata dalla responsabilità di reperire soluzioni utili a tutti i cittadini, indipendente dalle loro condizioni economiche. Sulla giustizia occorre essere molto attenti: spesso è stata strumentalizzata come terreno di scontro politico. Come Pd avevamo l’obiettivo di sminare questo terreno proprio nell’interesse dei cittadini. Ma vedo che i pericoli sono sempre in agguato da questo punto di vista.

Vent’anni fa la scomparsa di Bettino Craxi. Oggi ancora alta la tensione proprio sul tema giustizia. Che sintomo è?

Non vedo collegamenti tra quella vicenda e la situazione attuale. Ribadisco invece che la giustizia negli ultimi 20 anni è stata utilizzata strumentalmente nello scontro politico. Ciò ha impedito di realizzare le riforme utili alla giustizia stessa, anche a discapito di una cultura condivisa della legalità che non può mai essere separata dal sistema delle regole processuali. Penso che una democrazia liberale debba avere una cultura delle garanzie che non vuol assomigliare, come accaduto nello scorso ventennio, ad una fuga dal processo. Verte invece sulla legalità del processo come cultura di regole e principi, accanto al fatto che non si scrive la storia con i processi. Per cui il sistema delle garanzie deve esserci a prescindere.

Un Paese a responsabilità limitata, ha definito l’Italia Massimo Giannini: si rischia di non decidere sulla giustizia?

Identifico la politica in senso alto con il terreno della responsabilità e della decisione che sia il più condivisa possibile. Siamo appena usciti da una stagione che considero la morte della politica: quella contrattualistica del governo giallo-verde che rappresenta la contraddizione della politica incentrata sulla sintesi. Certamente è faticosa, ma la sintesi porta soluzioni. Invece la responsabilità è più “alta” perché insegue l’ambizione di non stancarsi mai di ricercare l’accordo che porta al bene comune. Per questa ragione penso che quando si parte dal merito, poi le soluzioni si trovano. Non ho dubbi che i nostri alleati di governo abbiano a cuore come noi i tempi della giustizia: allora se siamo tutti d’accordo le soluzioni sono a portata di mano.

twitter@FDepalo


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