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Lavoro, una settimana in piazza prima di Natale. Il punto di Di Mario

Doveva essere una mobilitazione per il lavoro, nell’arco di una settimana, decisa dai sindacati confederali. Ed è diventato uno spazio di tempo dedicato a tante vertenze che si stanno complicando, soprattutto nel settore dell’industria. Parliamo dei giorni che vanno dal 10 al 17 dicembre. L’arena politica che si caratterizza per temi come il Mes e la prescrizione; quella sindacale che si contraddistingue per le vicende ex Ilva, del petrolchimico di Gela, dell’Unicredit, dell’Alitalia. La difficoltà a prospettare un domani per le tante aziende in crisi, perché il peso degli esuberi è pesante con piani industriali che colpiscono i lavoratori.

LE MANIFESTAZIONI IN PIAZZA

Procediamo con ordine. Il 10 dicembre Cgil, Cisl, Uil manifestano in piazza Santi Apostoli a Roma sulle questioni del mezzogiorno, dell’industria, dei servizi e a favore di uno sviluppo ambientalmente sostenibile, contro i licenziamenti, a sostegno dell’occupazione e delle vertenze aperte, per l’estensione degli ammortizzatori sociali, per la riforma degli appalti e dello “sblocca cantieri”. Lo stesso giorno manifesteranno in piazza i lavoratori dell’ex Ilva: proprio loro hanno proclamato uno sciopero che inizierà alle ore 23 del 9 dicembre e si concluderà alle ore 7 dell’11 dicembre.

Arcelor Mittal ha presentato ai sindacati il nuovo piano industriale con 4.700 esuberi in tre anni, di cui quasi 3mila da tagliare subito. Una prospettiva che Fim, Fiom e Uilm hanno ritenuto inaccettabile. Il piano risulta ancor più irricevibile perché il piano industriale 2020-2024 del gruppo franco-indiano che ha rilevato l’ex Ilva è nei fatti ancor più drastico: tra mancati rientri al lavoro e lavoratori in amministrazione straordinaria la quota degli esuberi arriverebbe a 6.400 unità. L’11 dicembre centinaia di lavoratori del petrolchimico di Gela manifesteranno a Roma davanti il portone del ministero dell’Ambiente, perché nella città siciliana, dicono i sindacati, si rischia una nuova Ilva.

A Gela ci sono centinaia di lavoratori che attendono l’avvio del progetto Argo-Cassiopea di Eni, bloccato dalla mancata firma del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, alla proroga della valutazione di impatto ambientale, scaduta a giugno. Un ritardo “inspiegabile” secondo i sindacati di categoria Filctem Cgil, Femca Cisl, e Uiltec Uil, che rischia di “mandare in fumo 800 milioni di euro di investimento, in grado di dare occupazione a circa 600 persone”. Argo-Cassiopea rappresenta un pezzo importante dell’accordo da 2,2 miliardi di euro per il rilancio di tutta l’area industriale di Gela, firmato nel 2014. Il 12 dicembre ci sarà la protesta in piazza Santi Apostoli, sempre nella Capitale per chiedere il rinnovo dei contratti pubblici e privati, il superamento dei contratti pirata, la riforma e le assunzioni nella Pubblica amministrazione, la defiscalizzazione degli aumenti contrattuali.

Il 13 dicembre, invece, lo sciopero nazionale di 24 ore del trasporto aereo. Lo hanno proclamato Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl. Alla base della protesta, il perdurare della crisi di Alitalia, la situazione del comparto del trasporto aereo, per il quale i sindacati chiedono a tutte le aziende l’applicazione del contratto di settore, e il rifinanziamento del Fondo di Solidarietà del trasporto aereo. Per Alitalia il governo ha deliberato un nuovo prestito ponte e la parola è tornata ai commissari. Confermati l’interesse di Delta e Fs, ma servono altri partner. E circolano voci di ‘spezzatini’ con migliaia di esuberi.La giornata del 17 dicembre sarà dedicata alla riforma fiscale, per chiedere una redistribuzione a vantaggio dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e per ridurre il fenomeno dell’evasione; sulla previdenza, per un’effettiva rivalutazione delle pensioni e per proseguire nell’opera di riforma della legge Fornero in un’ottica di effettiva flessibilità verso il pensionamento; per chiedere un welfare più giusto e una legge sulla non autosufficienza. Luogo di raduno sempre nella piazza romana di Santi Apostoli.

LE ALTRE VERTENZE APERTE

E poi ci sono le altre crisi che agitano il mondo del lavoro. Le più conosciute si chiamano, solo per citarne alcune, Unicredit, Whirlpool, Bosch, Mercatone Uno, Auchan-Simply-Sma, Blutec, Embraco. Il ceo di Unicredit, Jean Pierre Mustier ha annunciato, tagli per 8 mila lavoratori, tra Germania, Austria e Italia. Oltre alla chiusura di 450 filiali. Sarà proprio l’Italia a pagare il dazio maggiore sul lavoro, con esuberi tra 5.550 e 6 mila unità. Whirlpool ha congelato la cessione dell’azienda ed il licenziamento di 400 addetti, ma la vertenza rimane aperta.

Nella fabbrica Bosch di Bari, dove si producono pompe per diesel, rischiano il posto 624 lavoratori. La Mahle, che ha produzioni simili, vuol licenziare 453 addetti degli stabilimenti piemontesi di saluzzo e de La Loggia. Mercatone Uno, mantiene ancora 1.731 dipendenti, ma parte di loro sarebbero a rischio se si verificasse la cessione di alcune attività legate al suddetto marchio. In Auchan-Simply-Sma, acquisita da Conad Margherita si temono 3.100 esuberi.

La Blutec a Termini Imerese ha 670 addetti in cassa integrazione. Medtronic vuol chiudere i siti Invatec di Roncadelle e Torbole Casaglia mettendo a rischio il posto di 260 persone. Il gruppo Dema con 733 dipendenti ha dichiarato 213 esuberi. I lavoratori della ex Embraco, oggi Ventures, manifestano davanti ai cancelli a Riva di Chieri dopo la decisione dell’azienda di mettere incassa integrazione anche i responsabili dell’ufficio tecnico e dello stabilimento – una trentina di dipendenti – che si sono più esposti nelle ultime iniziative di protesta.

A Settimo Torinese la crisi di Olisistem Start riguarda 400 lavoratori . Sono tutti tecnici informatici e operatori di call center a supporto principalmente di importanti gruppi bancari ed assicurativi. Impossibile ricordare tutte le situazioni di crisi. I numeri li ha dati il ministro dello Sviluppo economico. Le vertenze per il lavoro all’attenzione del ministero dello Sviluppo economico ad oggi “sono 149, in linea purtroppo con quelle degli ultimi cinque anni”. Così Stefano Patuanelli: “nel 2014 erano 160 – ha ricordato – 151 nel 2015, 148 nel 2016, 165 nel 2017, 144 nel 2018. La maggior parte dei tavoli sono attivi da parecchi anni in alcuni casi anche da più di sette anni perché sono situazione che necessitano di tavoli permanenti che richiedono interventi di carattere strutturale”.

PURE I PENSIONATI SI MOBILITANO

Sempre a Roma ci saranno presidi, organizzati dai sindacati dei pensionati, Spi-Cgil, Fnp-Cisl, Uilp-Uil, che si svolgeranno nelle mattinate dell’11, del 12 e del 19 dicembre e nel pomeriggio del 20 dicembre in Piazza Montecitorio. “Vogliamo sollecitare governo e parlamento – ha detto Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil – a tener conto delle rivendicazioni dei pensionati contenute nella piattaforma unitaria in merito alla rivalutazione delle pensioni, a una legge sulla non autosufficienza e a un fisco più equo per i pensionati. Servono modifiche alla legge di bilancio e nuovi impegni a favore della popolazione più anziana”.

BISOGNO DI STABILITÀ

Il Paese ha bisogno di stabilità politica oltre che di lavoro e di minori contrapposizioni tra le parti che la compongono. Nell’economia stagnano gli investimenti, nella demografia si registra un calo da freddo inverno, nella politica non si guarda al domani, ma si rincorrono le urgenze quotidiane. Eppure il futuro ha un nome e si chiama politica industriale che va individuata, applicata e sostenuta. Solo così si può uscire dal guado della crisi e sperare nella crescita. Per ritrovare la direzione da prendere, però, occorre dare un senso concreto al nesso tra economia e democrazia. Andare in piazza, data l’aria che tira, significa ricercare la strada migliore per connettersisl Paese:stare tra la gente, ascoltare e farsi sentire.


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