Oggi siamo a Rieti, nell’Aula consiliare del comune laziale, per parlare della figura di Enrico Mattei, il fondatore dell’Eni (1953), morto in un incidente aereo, molto probabilmente provocato dolosamente, a Bascapè (Pavia), il 27 ottobre del 1962. Nella sala comunale ci sono le autorità locali, i vertici dell’Associazione partigiani cristiani (Mattei, cattolico, è stato un capo partigiano, ndr), sindacalisti della Uil e tanti giovani liceali dell’istituto reatino Jucci. È proprio la presenza di questi ultimi che induce a mettere in risalto l’importanza che Mattei diede alla formazione.
L’ATTENZIONE ALLE TESTE BUONE
Lui era un semplice ragioniere, ma fu orgoglioso quando due importanti università italiane gli conferirono le lauree in ingegneria e chimica honoris causa per i suoi meriti professionali. All’Eni si circondò delle “teste” migliori che erano in circolazione agli inizi degli anni Cinquanta: economisti, giornalisti, intellettuali. Tutti assunti all’Ufficio Studi dell’Ente nazionale idrocarburi. Contribuì a fondare un giornale, Il Giorno, che rappresentò un’assoluta novità nell’informazione italiana, sia dal punto di vista grafico, che nei contenuti. E, infine, diede molta importanza all’aggiornamento professionale di chi lavorava nel gruppo da lui guidato, istituendo, per esempio, la scuola Mattei nel 1958, ed interessandosi molto anche ai metodi di ricerca sperimentali in parte introdotti negli stabilimenti Eni di San Donato Milanese.
IL DISCORSO CONTRO IL COMPLESSO DI INFERIORITÀ
È importante ricordare, in questo senso, un discorso memorabile che Mattei tenne proprio a San Donato Milanese il 4 dicembre 1961 proprio in occasione dell’apertura dell’anno accademico della Scuola di studi superiori sugli idrocarburi. “Io non intendo salutare – disse – solamente gli allievi qui giunti da varie parti del mondo per studiare insieme con gli italiani: ma desidero estendere il mio pensiero anche ai loro Paesi, a molti dei quali è legata anche la nostra attività. Ringrazio il professor Bonino che ha voluto esprimere l’importanza oggi assunta da questa scuola con la quale il gruppo ha soddisfatto una sua esigenza. Noi ci siamo trovati, sedici anni fa, in una situazione tragica. Sapevamo che c’era qualcosa da fare, ma solo un piccolissimo numero di uomini erano preparati per coadiuvarci. Non avevamo le esperienze tecniche nella ricerca degli idrocarburi e gli altri ne approfittavano. Quando ci siamo messi al lavoro siamo stati derisi, perché dicevano che noi italiani non avevamo le capacità ne’ le qualità per conseguire il successo”.
“Eravamo quasi disposti a crederlo perché da ragazzi, ci avevano insegnato queste cose. Io proprio vorrei che gli uomini responsabili della cultura e dell’insegnamento ricordassero che noi italiani dobbiamo toglierci di dosso quel complesso di inferiorità che ci hanno insegnato, ovvero che gli italiani sono dei bravi letterati, bravi poeti, bravi cantanti, bravi suonatori di chitarra, brava gente, ma non hanno le capacità della grande organizzazione industriale. Ricordatevi, amici di altri Paesi: sono le cose che hanno fatto credere a noi e che ora insegnano anche a voi. Tutto ciò è falso e noi ne siamo un esempio. Dovete avere fiducia in voi stessi, nelle vostre possibilità, nel vostro domani; dovete formarvelo da soli questo domani. Ma per fare questo è necessario studiare, imparare, conoscere i problemi. E noi ci mettemmo con tanto impegno, e abbiamo creato scuole aziendali per ingegneri, per specialisti, per operai, per tutti e dappertutto. Con questo sforzo continuo ci siamo formati i nostri quadri”.
L’ITALIA NON È UN PAESE POVERO
In una conferenza tenuta a Roma, all’Associazione della Stampa estera italiana il 14 febbraio 1962, Mattei, dimostrò tutta la sua avversione a quell’originario complesso di inferiorità italiano. “Sono semplicemente un uomo – sostenne – che, di fronte alle necessità di cui si è venuta a trovare l’Italia per i problemi del proprio Paese, ha fatto tutto quello che era possibile per raggiungere gli attuali traguardi. Da ragazzo, quando ero operaio, ho imparato tante cose che poi nel tempo si sono dimostrate false. Ci raccontavano che eravamo un Paese povero e destinato a rimanere povero; un Paese carico di braccia che erano destinate all’emigrazione; un Paese dove non si sarebbe potuto fare niente. Ma la realtà è un’altra. A mano a mano mi sono reso conto che molti di questi insegnamenti erano falsi e che noi non eravamo il Paese del dove far niente come ci dipingevano. Ho potuto vedere come in questi anni in Italia si lavori moltissimo, come ci si impegni enormemente. E abbiamo cercato nei limiti delle nostre possibilità di esportare lavoro e non lavoratori”.
IL GIGANTE DELL’ENI
Enrico Mattei fece tante cose per rendere grande l’Eni che è oggi un gigante multinazionale, una delle grandi realtà industriali a livello internazionale, la sesta compagnia petrolifera nel mondo. È utile conoscere che per arrivare a questo risultato abbia dovuto far leva sui valori della conoscenza, del sapere, della formazione. Insomma, sull’orgoglio e l’amore del proprio Paese e di chi ci lavora.