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Mes. Lega e FdI aprono il fuoco su Conte, FI media

Tutto secondo previsioni, fuoco martellante contro Giuseppe Conte. Nell’atteso giorno dell’informativa in Parlamento sul Mes, il Meccanismo di stabilità chiamato a soccorrere in Paesi in difficoltà purché abbiano i conti in ordine, sul premier si è scatenato l’attacco delle opposizioni, Fratelli d’Italia e Lega su tutti, mentre Forza Italia ha mostrato una linea decisamente più morbida. Miccia, il Fondo Salva Stati che per molti è una specie di trappola. Concessione degli aiuti in cambio di una ristrutturazione del debito sovrano se i conti sono sballati, come nel caso dell’Italia. Prospettiva che, al netto dell’esistenza o meno di una simile clausola, metterebbe sicuramente in agitazione i mercati che ci prestano denaro, con evidenti ripercussioni sulle nostre banche dalla pancia piena di Btp.

Tanto è bastato a far salire sulle barricate la Lega e FdI, i due partiti che per primi nei giorni scorsi hanno iniziato il cannoneggiamento dell’esecutivo. Il più duro, oggi al termine dell’intervento di Conte, Riccardo Molinari, capogruppo del Carroccio alla Camera, che ha accusato il premier di aver mentito al Parlamento, avallando sottobanco la riforma del Meccanismo che dovrebbe in dote la clausola incriminata. Una riforma che tecnicamente non è stata ancora approvata visto che il Consiglio Ue di dicembre è tra qualche giorno (e non è escluso che si materializzi uno slittamento di un mese, per dar tempo all’Italia di trovare l’intesa di maggioranza). L’accordo politico però, come hanno fatto sapere fonti Ue, c’è già stato a giugno e tanto è bastato alle opposizioni a gridare all’imboscata.

“Il premier”, ha attaccato Molinari, “si rechi dal capo dello Stato per rassegnare le dimissioni, perché il governo non ha rispettato il mandato parlamentare” sul Mes, quindi “pensi al Paese e non alla sua poltrona. O lei porta qui un documento e la maggioranza smentisce la risoluzione del 19 giugno o diversamente, se così non sarà… dimostri di avere a cuore la Costituzione, vada da chi è veramente garante della Costituzione e faccia l’unica cosa che si deve fare in questi casi, rassegnare immediatamente le dimissioni”.

Anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia è andata giù pesante. “Voglio la verità, ma il governo non la può dire. Temo che Conte abbia dato l’ok di fatto su una riforma da cui l’Italia ha tutto da perdere in cambio di una benedizione europea”. Poi, un gioco di parole che ha reso bene la posizione del partito, mentre il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri lasciava l’Aula. “Lei (Conte, ndr) si è presentato come avvocato del popolo, ma noi non la faremo diventare il curatore fallimentare dell’Italia, la fermeremo prima. Basta con i proclami, abbaiate alla luna sui giornali e poi scodinzolate in Parlamento. Basta con i proclami, per una volta alzate la testa, provate a dimostrare che la vostra poltrona vale meno dei risparmi degli italiani”.

Più moderata la posizione di Forza Italia, che evidentemente mira a capire bene tempi e modi della riforma. Per questo l’imperativo è prendere tempo. “Trasformiamo in positivo questo dibattito per tanti versi ingiusto, glielo riconosco. Mi piacerebbe ci fosse altrettanta forza e determinazione nel porre in positivo i dubbi sollevati da tante parti e che si trasformasse questo dibattito in una proposta dell’Italia alla Conferenza sul futuro dell’Europa, mettendo dentro la componente economica come principale. Prendiamo tempo all’Eurogruppo spiegando i dubbi del Parlamento e prendiamo tempo sulla risoluzione del 10 dicembre che rinnoverà quella di giugno. Non dobbiamo essere il Paese sotto accusa o sotto tutela ma quello che costruisce l’Europa”, ha detto Renato Brunetta.

Fin qui le opposizioni. E i partiti di governo? Se il Pd ha confermato la linea del sì al Mes, il M5S, ha invece ribadito i suoi dubbi non tanto sull’utilità o meno del Mes, bensì sulla riforma dello stesso Meccanismo. “Non discutiamo se debba esserci o no il Mes, ma la sua riforma. Che va discussa nel merito”, ha detto il grillino Francesco Silvestri. “Solo al termine del negoziato dobbiamo tirare un bilancio, partendo dal presupposto che il Parlamento dovrà avere l’ultima parola, ma dovrà anche esprimersi tra 10 giorni quando dovrà approvare le risoluzioni di indirizzo in vista dell’Euro-summit”.

 

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