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Banche, banchette e bancarotte. Il caso Popolare di Bari visto da Pennisi

Noi contribuenti siamo chiamati a operare per il salvataggio della Banca Popolare di Bari quasi negli stessi giorni in cui siamo costretti a finanziare ulteriormente Alitalia in vendita da anni ma che nessuno vuole comprare, ci si prospetta un intervento a nostro carico per l’ex-Ilva e sta per essere emanata una legge di bilancio che aggrava ancora la pressione fiscale.

Sulla complicata operazione messa in atto per la Popolare di Bari credo sia essenziale fare una riflessione perché avviene dopo quella per un’altra banca decotta, la Carige, e può essere foriera di misure simili a favore di altri istituti che, con le loro mani, si sono messi in difficoltà ed i loro manager contano su un Babbo Natale pubblico per essere salvaguardati.

I principi di regolazione della Banca dei Regolamenti Internazionali, e quelli leggermente più stringenti di quel che esiste dell’unione bancaria europea, sono – come ha ben scritto Lucrezia Reichlin su Il Corriere della Sera del 18 dicembre, semplici: chi contando in guadagni più elevati rischia (ed acquista azioni o obbligazioni subordinate), è chiamato a coprire le perdite tramite il bail in mentre il correntista è tutelato (sino a 100.000 euro) tramite il fondo interbancario di garanzia. Sono anche giusti, vorrei aggiungere, nel senso che questo termine ha in uno dei maggiori lavori di filosofia teorica della seconda metà del ventesimo secolo. “Una Teoria della Giustizia” di John Rawls (pubblicato negli Usa nel 1971 e la cui ultima edizione italiana è apparsa per i tipi di Feltrinelli nel 2017). Applica infatti il principio rawlsiano del maximin, massime tutele per i più deboli.

Alcuni anni fa, fu uno dei coautori di un libro collettaneo (a cura di Emilio Barucci e Marcello Messori, Towards the European Banking Union – Achievements and Open Problems – Passigli Editore 2014) redigendo in particolare il capitolo sulle “risoluzioni bancarie”. La normativa, per quanto incompleta, è chiara: per gli istituti, la cui “risoluzione” presenta rischi per la stabilità del sistema creditizio dell’Unione monetaria europea, ci sono procedure europee definite nelle regole già approvate e ratificate nel quadro dell’unione bancaria.

Occorre, quindi, chiedersi, in primo luogo, se la crisi della Popolare di Bari (e prima di questa quella della Carige) sono tali da mettere a repentaglio la stabilità del sistema creditizio dell’unione monetaria europea. Nell’eurozona ci sono Banche (con la maiuscola) e banchette. Le prime sono sottoposte alla vigilanza della Banca centrale europea e si applicano a loro le procedure europee menzionate. Le seconde sono sottoposte alla vigilanza nazionale e si applicano loro le regole generali di bail in di divieto di aiuti di Stato. È difficile pensare che la crisi della Popolare di Bari, pur di grande rilievo per la Puglia e forse per il Mezzogiorno, metta a repentaglio la stabilità del sistema creditizio europeo. Nel contesto dell’eurozona, si tratta di una banchetta. Per la quale, un intervento a carico delle nostre tasche non avrebbe giustificazione. Nei Palazzi del potere si argomenta che i tedeschi hanno fatto un intervento analogo per la Nordbank e che noi stessi ne abbiamo fatto uno simile per la Carige, con il quale abbiamo prosciugato il fondo interbancario di garanzia. Se i tedeschi e noi stessi siamo stati “trasgressivi” in due casi, non è certo il caso di fare della “trasgressione” la prassi e di porre a carico dei vari Mario Rossi le perdite causate da manager lautamente pagati e di investitori che amano il brivido del tavolo verde. A favore dei forti, dunque, non dei deboli.

Ma si tratta solo di incompetenza? Rino Formica, che ben conosce la Puglia, ha detto, in un’intervista, che i problemi della Popolare di Bari erano noti da dieci anni almeno. Le relazione della Banca d’Italia parlano chiaro. Non solo, l’amministratore delegato ha dichiarato che la contabilità era “taroccata” anche a livello delle singole filiali. Conoscenza di principi generali del diritto e buon senso, avrebbero consigliato di adire alla Procura della Repubblica prima di fare dichiarazioni e di sporgere denuncia, forse anche contro se stesso. Dalle notizie di cronaca – risparmiatori privi di adeguata conoscenza finanziari indotti ad acquistare azioni ed obbligazioni subordinate – pare che prima o poi i magistrati si muoveranno.

Ove trovassero che si tratta di una normale bancarotta di una banchetta di provincia, cosa avverrà? Che i responsabili vadano in galera, interessa ai Mario Rossi non più di tanto. Vogliono, anzi vogliamo, essere rimborsati dal capo politico del M5S e dall’agguerrita pattuglia dei parlamentari pugliesi pentastellati che per l’arzigogolato tappa buchi si sono agitati tanto.

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