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La Popolare di Bari, i banchieri e i risparmiatori. Il punto di Giacalone

Non salviamo i banchieri, salviamo i risparmiatori. Dietro questa affermazione, priva di senso, ritornata in auge con Popolare di Bari, opportunamente commissariata dalla Banche d’Italia, prospera l’equivoco e si genera un costume che mira ad aggirare le regole, continuando a saccheggiare i soldi dei contribuenti. Non solo, serve anche a prolungare l’imbroglio che ha imbrogliato chi voleva imbrogliare: usare i soldi dei contribuenti per salvare le banche è una conquista (i tedeschi lo fanno!) o una dannazione? Quando il presidente del Consiglio afferma: “Non salveremo i banchieri”, si rende conto di calcare il terreno del nulla e, semmai, di accumulare colpe?

I risparmiatori sono tutelati dalla legge. I soldi che ho messo in banca, fino a 100 mila euro, non corrono rischi, secondo quanto stabiliva la legge italiana, derivante dal lontano regio decreto del 1938, e secondo quanto stabilisce la norma europea sulle risoluzioni bancarie, meglio nota come bail in. Così come non corrono alcun rischio i titoli eventualmente depositati in banca, perché sono miei, non della banca, sicché se quella fallisce devono solo restituirmeli. Corrono dei rischi, ieri come oggi, i soldi che ho investito in azioni della banca, perché in quel caso non sono un risparmiatore, ma un investitore. Sono anche io un banchiere, in un certo senso, quindi se mi salvate da un investimento sbagliato, dandomi i soldi di contribuenti che non hanno commesso quell’errore, salvate i banchieri, non i risparmiatori. Se per banchieri s’intendono coloro i quali dirigevano la banca, corrompendo così anche il vocabolario, allora si suggerisce agli azionisti l’azione di responsabilità, perché se, invece, se ne tutelano i soldi allora sì che si finisce con il coprire le spalle a chi fu dissoluto o disonesto. Dei rischi li corrono anche i soldi che ho prestato alla banca (obbligazioni), cosa che ho fatto perché i depositi non rendono, mentre i prestiti sì, e oggi assumo di non avere mai saputo che i primi non comportano rischi e i secondi sì. Era vero ieri, è vero oggi e lo sarà domani.

Se il governo intende tutelare i risparmiatori deve solo assicurare che la giustizia funzioni. In quanto ai soldi, quelli che servono per i risparmiatori sono, oggi, nel fondo interbancario italiano. Fortunatamente ben gestito e con le banche che fanno il loro dovere. Domani dovrebbero trovarsi nel fondo interbancario europeo, ragione per cui, già in vista del primo gennaio 2016, ripetemmo: il nostro interesse è che tutti versino subito i soldi. Mentre i tedeschi, ad esempio, temporeggiavano. Quel fondo è in qualche modo legato a quello così detto Salvastati, quale è la trovata geniale del governo italiano? Rinviarlo. Il tutto perché non riesce ad argomentare avverso chi sostiene che servirebbe a salvare le banche (i risparmiatori) di altri, giacché s’assume che le nostre non corrono rischi, salvo che nel mentre lo si dice un’altra banca salta.

La normativa europea, più che giustissima, serve a tutelare i soldi del contribuente, affinché non siano spesi per tenere in piedi banche che collassano, mentre la normativa sulle banche serve a tutelare i depositanti, avvertendo azionisti e obbligazionisti di fare attenzione su dove investono i loro soldi. Giusto anche questo. Invece si riparla di capitali pubblici con cui ricapitalizzare quelli polverizzati da cattive gestioni, con l’aggravante del travestimento da investimenti di soggetti bancari pubblici. Come se non avessimo alle spalle una gloriosa storia di similari fallimenti. La nuova dottrina grossolandemagogica sarebbe: abbiamo il diritto di usare i soldi del contribuente per salvare le nostre banche ma, sia chiaro, stiamo salvando non i banchieri, bensì i risparmiatori. E litigano pure su chi l’ha detta prima e meglio, questa assurdità.


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