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Putin e Xi collegati dal gasdotto che taglia la Siberia

Il presidente russo, Vladimir Putin, era a Mosca; il segretario del Partito Comunista cinese, il capo dello stato Xi Jinping, a Pechino. A collegarli una videoconferenza, ma anche molto di più. Un’articolazione fisica, il gasdotto “Power of Siberia”, in un’area che per i rapporti sino-russi non è sempre stata florida. Un collegamento fisico che rafforza una partnership delicata, che in questo momento sta vivendo una sorta di bromance tra stati (anche in chiave anti-Usa e anti-occidentale), ma che ha terreni critici dove la competizione potrebbe raffreddare molto le relazioni.

“Lo sviluppo delle relazioni russo-cinesi è e rimarrà una traiettoria prioritaria nella politica estera di ciascuno dei nostri Paesi”, ha detto Xi, aggiungendo che il gasdotto è “un importante risultato intermedio e l’inizio di una nuova fase della nostra cooperazione”.

“Oggi è un giorno straordinario, un evento veramente storico non solo per il mercato globale dell’energia, ma prima di tutto per noi, Russia e Cina”, ha ribadito Putin che con i cinesi ha ottenuto una clientela di élite per il gas russo che taglia la fascia orientale del paese (i cui giacimenti sono stati rinvigoriti dai nuovi sino-contratti).

Ottimo per un Paese che proietta all’esterno la sua volontà di essere potenza globale, ma ha un’economia indebolita dal calo dei prezzi delle materie prime energetiche — attorno a cui ha vincolato la gran parte del proprio bilancio statale. Problema simile per la Cina, che è una potenza globale ipercompetitiva, ma per spingere le proprie ambizioni (di crescita, anche demografica) ha bisogno di ogni genere di energia. Beni di cui non dispone e per cui è costretta a contrattare accordi internazionali visto l’aumento di richiesta interna di gas crescere del dieci per cento all’anno (anche per queste nuove e crescenti necessità, Pechino ha aumentato fino a sfiorare i 2 milioni al giorno la fornitura di petrolio dall’Arabia Saudita).

La pipeline “Forza della Siberia”, lunga tremila chilometri, porterà gas dai centri di produzione di Irkutsk a Yakutsk ai consumatori russi nelle zone più a est della Federazione e poi alla Cina, attraverso quella che Putin chiama la “rotta orientale”. Nel maggio 2014, Gazprom aveva firmato un contratto di 30 anni con la società cinese Cnpc per fornire ogni anno 38 miliardi di metri cubi di gas. È la joint venture potrebbe servire per il raddoppiamento previsto via Mongolia, fino all’Artico (tra Jamal e Gyda).

Oggi si materializza il progetto con cui cinque anni fa Putin ha lanciato la cooperazione spinta con la Cina, in un momento in cui — presa la Crimea — aveva aperto l’inizio del deterioramento delle sue relazioni con l’Occidente. È stato il primo passo con cui i due paesi si sono uniti.

 

 

 

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