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L’Italia e quel famoso gioco di far fallire il governo. Il commento di Reina

Di Elio Reina

Buona parte della classe dirigente dell’Italia godereccia e salottiera preferisce dedicarsi al famoso gioco di far fallire il governo, si affanna sperando che esso dichiari forfait. Un tenace impegno a demolire piuttosto che a costruire. Ci si domanda perché attivarsi tanto per mettere in crisi il governo e non raccogliere invece le forze per farlo durare quanto più a lungo è possibile?

Anche ai tempi della cosiddetta prima repubblica i governi, il più delle volte, non avevano una vita lunga, in compenso esisteva un robusto senso di responsabilità, un solido equilibrio politico che preservava e garantiva l’attività degli esecutivi: cambiavano gli uomini ma le scelte di governo si concretizzavano e portavano comunque a una sintesi, discutibile o meno, ma gli effetti di quell’azione erano concreti.

La dialettica parlamentare maggioranza-opposizione si svolgeva su proposte reali e ben elaborate, sfuggendo a discussioni fumose, aleatorie, improprie, sciatte, caratterizzate da beceri bizantinismi, come sta accadendo in questo tempo storico nel parlamento italiano. Le Camere ridotte a un pollaio da cortile: si urla, si strepita, si lanciano accuse, la contumelia è ormai rito quotidiano. Non avendo capacità e competenza per affrontare e risolvere i veri problemi degli italiani si organizzano sceneggiate intorno ad argomenti subliminali, sviluppando un dibattito assurdo, inconcludente, senza nessuna logica.

Il caso Mes è emblematico. I propagandati e falsi pericoli insiti nel famoso Trattato: Meccanismo europeo di stabilità sul quale si sta animando una discussione kafkiana e metafisica, testimonia che non c’è alcun elemento evidente che dimostri che l’Italia sottoscrivendo l’accordo ne riceverà soltanto danni. Ed è tempo che la destra di Berlusconi, Meloni, Salvini, in stretto ordine alfabetico, si convinca che l’Ue ci appartiene concretamente, riguarda il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti.

L’Italia è un Paese fondatore dell’Europa Unita e ha ricevuto da essa enormi benefici per lo sviluppo, la crescita e il benessere dei cittadini italiani, soprattutto degli operatori economici, anche dei lattiero-caseari del Lombardo-Veneto. L’Italia non è stata mai controparte dell’Unione Europea, ma sempre componente alla pari con gli altri Paesi, almeno fino a quando abbiamo avuto una classe politica capace, competente, rispettata, prestigiosa. Ecco, forse non bisogna demonizzare euro e Unione Europea, piuttosto è auspicabile individuare una diversa classe politica che riporti a nuovo prestigio l’Italia in Europa.

Un interrogativo viene sempre sottaciuto o evitato, ma ha la sua valenza: la destra, quella di Salvini e della Lega Nord, che ha inglobato Meloni e quasi tutta Forza Italia perché è contro l’Euro e l’Europa Unita, ma poi si strappa le vesti per ottenere l’autonomia fiscale differenziata in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna? Non vuole sottomettersi, ma vuole sottomettere.

Che Italia hanno in testa il capo lumbard e i suoi sodali se avranno la maggioranza e andranno al governo, visto che la politica estera in un mondo globalizzato è fondamentale? Non si perdano di vista le ottime relazioni con gli storici partner in Europa e in campo internazionale, da una politica estera leale e fruttuosa si possono realizzare politiche interne proficue e migliori.

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