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Sul Mes, Salvini ha vinto. La partita però si gioca sul Ppe. Parola di Orsina

Il Ppe potrebbe riaprire ai populisti quella porta che fino ad oggi è rimasta chiusa. Lo pensa il prof. Giovanni Orsina, uno dei più noti politologi e storici italiani, professore ordinario di storia contemporanea alla Luiss Guido Carli di Roma, che ragiona con Formiche.net sul Salvini moderato, tra un elettorato ormai molto ampio e le difficoltà della maggioranza sul Mes.

Ci crede alla moderatezza di Matteo Salvini?

È molto difficile stare nella testa di Salvini, per cui al quesito potrebbero rispondere solo lui o le persone a lui più vicine. Personalmente credo che in politica sia difficile fingere del tutto sulle proprie convinzioni, tanto più quanto più quelle convinzioni siano forti ed esibite. Quindi è molto probabile che certe sue posizioni – sui temi etici, ad esempio, o sull’Europa – siano genuine.

Quanto incide il contesto?

Salvini è votato ormai da un elettorato molto ampio, che sarà pure frustrato e arrabbiato, ma non è radicale. Non si tratta di gente disperata che non ha più nulla da perdere. Questa mi pare la chiave per un ragionamento sulla moderazione di Salvini: guardare non alle sue posizioni, ma al contesto politico nel quale egli opera. Sincere o strumentali che siano certe sue convinzioni, comunque la politica leghista non potrà non tener conto degli interessi degli elettori della Lega che, nella stragrande maggioranza, sono tutt’altro che rivoluzionari.

Lo scontro sul Mes rischia di essere trasformato in una guerra contro l’euro, passaggio che nell’ultimo periodo è stato quantomeno stemperato dalla Lega?

Il conflitto politico in corso sta sempre più collegando l’approvazione del Mes all’europeismo: se sei in favore dell’approvazione sei europeista, se sei contro sei anti-europeista. A me sembra un’operazione scorretta e pericolosa: si può pensare che la riforma del Mes così com’è disegnata non convenga all’Italia senza per questo essere anti-europeisti o anti-euro. In verità sul terreno tecnico sono emerse vari voci critiche da quartieri tutt’altro che ostili all’integrazione europea – voci che oggi tacciono o smentiscono proprio per evitare di essere spinte nel campo euroscettico.

E in termini di strategia politica?

Mi sembrerebbe da ingenui se Savini ora desse all’opposizione alla riforma del Mes un significato anti-euro. Avversando il Mes il leader leghista si è attestato su un terreno politicamente vincente. Di fronte al Paese può, facendo leva sui pareri tecnici di cui dicevo, sostenere che il governo Conte abbia svenduto gli interessi italiani in Europa. E al contempo può giocare sulle fratture intestine al M5S, scompaginando il campo nemico. Proprio per questo i suoi avversari stanno cercando di far passare l’equivalenza fra Mes ed europeismo: per disinnescare la “bomba” politica. Se Salvini assecondasse quest’equivalenza passerebbe dalla parte del torto, perdendo un terreno che tatticamente per lui è vantaggiosissimo.

Il governo vive una fase molto critica. Sicuri che alla Lega, tra Ilva, Alitalia e debito pubblico convenga vincere le elezioni?

Probabilmente i vertici leghisti sono consapevoli delle difficoltà, ma questa consapevolezza viene bypassata dalla fisiologica voglia di andare al potere. Lo stesso discorso si sarebbe potuto fare per il Conte bis e per il Pd: eppure non hanno detto no. Anche perché in questo Paese non capisco quando mai la situazione nel prossimo futuro non sarà difficile. Aggiungo che la consapevolezza della complessità della situazione da parte di alcuni esponenti leghisti è presente ed è stata resa pubblica.

Si dice che Berlusconi voglia intestarsi la sua ultima battaglia: far confluire la Lega nel Ppe. È possibile?

No, la confluenza secondo me non è possibile. Un’alleanza invece sì, anche se è difficile. Come sempre in questi casi, la riuscita finale dipende anche dal contesto generale e non solo italiano. Il quadro europeo è complicato, al pari di quello tedesco e francese: fino ad oggi ai partiti mainstream come il Ppe è convenuto tenere i populisti fuori dalla porta, demonizzandoli. È la trappola in cui Salvini è caduto (o si è gettato) la scorsa estate.

Ma da domani?

La politica è l’arte del potere, quindi se quei partiti continueranno a crescere, per giunta in un contesto politico molto frammentato, potrà nascere l’esigenza di utilizzarli. Dunque la porta fra popolari e populisti va, gioco forza, tenuta socchiusa. Alla fine, si dice da Bruxelles, le maggioranze variabili di von der Leyen dovranno includere anche i populisti.

Si plaude alla piazza delle sardine, ma poi si definisce truce quella di Salvini. Come mai?

Sono spin mediatici. I media ostili a Salvini vanno sempre in cerca di qualcuno che possa arginarlo. Del tutto legittimamente, s’intende. E nel momento in cui lo trovano, lo amplificano. Il problema è che il gioco è assai vecchio e i lettori ormai lo seguono soltanto se sono già ideologicamente in linea col medium. Altrimenti passano oltre. Il giornalismo italiano ha da sempre una robusta vocazione politica e partigiana, che oggi mi pare una causa non secondaria del suo non eccellente stato di salute.

twitter@FDepalo

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