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Con o contro l’Europa? Il dilemma di Salvini secondo Mauro Magatti

L’enigma di Salvini, essere o non essere moderato? Sono sbagliate le categorie, moderato o non moderato, e la domanda forse è un’altra: scegliere la linea del dialogo o della rottura con l’Europa. A crederlo è il professor Mauro Magatti, docente di sociologia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che in una conversazione con Formiche.net approfondisce il dilemma interno al nuovo centrodestra a trazione leghista. “Se Salvini sceglierà una linea di rottura – afferma Magatti -, porterà di conseguenza l’Italia fuori dall’Europa”.

Professore, l’avanzata di Salvini continua, è ancora al 30%, e così prosegue lo svuotamento di consensi di Forza Italia. Non è più il tempo per essere moderati? 

È vero che Salvini è al 30%, ma chi sta avanzando secondo gli ultimi sondaggi è Giorgia Meloni, mentre è vero che Forza Italia prosegue la sua discesa. Secondo me le categorie moderato, non moderato non sono però pertinenti.

 Ci spieghi meglio.

Berlusconi in Italia, ma questo vale anche altrove, è una versione molto particolare del Partito popolare – ammesso che sia mai stato Partito popolare – con la specificità di aver rappresentato un’altra epoca storica, e così Forza Italia. Una versione italica che somigliava alla versione europea del neoliberismo che è stato più che altro ordoliberalismo alla tedesca. Altrove il Partito popolare è in difficoltà però resiste di più, come in Germania, in Francia o in Spagna. Salvini, ora, rappresenta un nuovo tipo di destra che vediamo negli Stati Uniti con Trump, in Spagna con Vox, in Francia con Marine Le Pen, quindi non è questione di moderatezza o non moderatezza, è una questione di che forma la destra sta prendendo in questo momento storico: un destra meno legata al neoliberismo, al mercato, alla concorrenza, alla libertà individuale, e invece fa discorsi più legati a sovranità, alla difesa dell’identità, ai confini…

All’interno del centrodestra però i moderati non mancano, lo stesso Berlusconi ha detto di essere “il regista del centrodestra” e che gli azzurri sarebbero fondamentali per evitare l’isolamento dell’Italia in Europa. È davvero così?

Berlusconi è un leader ultra ottantenne che cerca di salvare il salvabile facendo discorsi come questi, ma chiaramente andando avanti avrà sempre meno voce in capitolo. Quanto radicale vuole essere l’idea di Salvini rispetto alla nuova destra è una domanda pertinente. L’interrogativo è se Salvini vuole radicalizzare la posizione sovranista, vuole forzare le sue posizioni come ha fatto quando era al governo contrapponendo in maniera molto forte l’Italia e l’Europa, calcando molto la mano sulla sicurezza oppure se vuole avere una posizione un po’ più morbida, sempre dentro questo nuovo paradigma, è ancora da capirsi. Berlusconi, però, può fare ben poco.

La tradizione del centrodestra popolare che Salvini sta abbandonando sempre di più potrebbe metterlo in difficoltà? E in cosa.

L’anno scorso Salvini ha fatto la partita che aveva come obiettivo le elezioni europee e anche l’ipotesi – più o meno realistica – di modificare l’alleanza che sosteneva la nuova Commissione. Adesso la situazione è differente perché a Bruxelles c’è una nuova Commissione che ha una nuova maggioranza parlamentare abbastanza solida, per cui Salvini dovrà calibrare, se dovesse tornare al governo, i rapporti con l’Europa, perché chiaramente si trova davanti uattro anni e mezzo in cui sa che i suoi interlocutori sono uelli. Il rischio è quello di trovarsi in una situazione di grande difficoltà in Europa. Poi che cosa un’eventuale premiership di Salvini potrebbe portare è tutto da capire, ma è sufficiente in questo momento sottolineare questa diversità. Ma se Salvini sceglierà una linea di rottura, porterà di conseguenza l’Italia fuori dall’Europa.

Il ruolo crescente di Giorgia Meloni è un altro aspetto di questa mutazione da centrodestra a destracentro. Anche qui, quali possono essere gli ostacoli principali per i due alleati?

Al momento la situazione è abbastanza chiara: Salvini rema molto più forte di Meloni, la quale sta sicuramente crescendo ma anche ui è difficile prevedere il futuro. Salvini deve temere quello che accade piuttosto quello che accade a tutti i leader in questo momento storico, cioè la consumazione rapidissima della leadership. È difficile che le leadership durino molti anni, e questa è una minaccia che Salvini deve tenere presente. Penso che per il modo in cui Salvini ha rimodellato la Lega ci siano molte consonanze rispetto a Fratelli d’Italia per cui la cosa più probabile, considerato anche che sono un uomo e una donna, è che i due possano ragionevolmente convivere in modo utile per entrambi. Anche perché tutti e due non vedono l’ora di sbarazzarsi di Berlusconi.

Nel governo, la stessa tendenza verso l’estremizzazione delle posizioni si riscontra nel Movimento 5 Stelle. Quello che resta è uno spazio del centro su cui player come il nuovo soggetto politico di Renzi, Italia Viva, possono crescere come En Marche di Macron oppure no?

Qui sono necessarie due considerazioni: la prima è che il centro non è mai una questione spaziale. Il centro ha a che fare con le questioni storiche. Mi spiego: il centro di 30 anni fa è diverso dal centro dei sistemi politici contemporanei. Trent’anni fa eravamo in una fase di espansione e di slegamento e uindi il centro, il grosso degli interessi sociali ed economici di allora era chi era in grado di portare i propri Paesi a partecipare a uel processo di espansione. Oggi il centro invece ha a che fare con il rimettersi insieme.

In che senso?

Creare nuovi legami tra attori sociali, politici ed economici in vista del raggiungimento di risultati comuni. Il centro ruota intorno alla proposta di ricomposizione. La Lega fa il discorso sovranista, a livello italiano e anche internazionale manca ancora un discorso che non sia sovranista ma che interpreti questa domanda di ricostruzione del legame sociale e che poi riguarda anche la questione ambientale.

Renzi come si inserisce in questo contesto?

Renzi a mio giudizio ha due problemi che saranno fatali per il suo progetto. Primo, è stato un leader molto amato e che per svariate ragioni – in parte che dipendono da lui, in parte dai compagni di partito, in parte dalle contingenze – la sua grande opportunità se l”è giocata e tendo a escludere che lui possa essere di nuovo al centro di una onda elettorale rilevante. Secondo: quando era al governo citava Blair, adesso cita Macron, in entrambi i casi ha sbagliato riferimento.

Perché?

Detto che la Francia non è l’Italia, Macron è un leader molto abile e capace che sta a metà tra il vecchio e il nuovo, tra il perseguimento della linea liberistica di sinistra e assumere un posizione che ricostruisca il tessuto sociale, è un leader che pur nella sua intelligenza non mi sembra che indichi un gran futuro. Per questo Renzi sbaglia a dire di voler fare il Macron italiano, anche perché lo è già stato e non ha funzionato. Il vero problema della politica italiana è che c’è un enorme spazio sul fronte non-sovranista, uno spazio che ha bisogno di una nuova proposta politica capace di proporre al Paese una crescita che non si più quella neoliberistica ma basata sulla capacità di far fronte alla condivisione, alla lotta alla disuguaglianza e tutti i temi dell’ambiente.

Ma…

Ma in questo momento non c’è.

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