Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha mandato un messaggio diretto e forte all’Europa, che oggi riunisce la ministeriale per le Telecomunicazioni (uno degli argomenti scottanti per l’Unione, sia in forma presente che futura). Con un commento firmato per Politico ha messo in guardia i Paesi membri Ue sui rischi di esporsi alla Cina, che si concretizzano facendo entrare aziende del Dragone all’interno delle proprie infrastrutture tlc. Decisione che potrebbe rappresentare una minaccia per le infrastrutture critiche e mettere i dati dei singoli cittadini, delle aziende private o delle istituzioni, a rischio spionaggio. Ma non è tutto. Il presidente statunitense arriva oggi al vertice Nato di Londra con una minaccia chiara contro Parigi: dazi sul cento per cento delle importazioni dalla Francia, pari a 2,4 miliardi di dollari, come rappresaglia per una tassazione spinta contro i big Usa del web. Come trattare con Donald Trump? L’articolo di Pompeo è un altro spaccato chiaro sulla linea americana, così come la minaccia del presidente ai francesi. Agli europei il compito delicato di trattare con “The Artist of the Deal”.
Secco il monito su Huawei (sebbene anche Zte sia stata citata esplicitamente). Pompeo ha scritto che la società cinese “è implicata in attività di spionaggio nella Repubblica Ceca, in Polonia e nei Paesi Bassi, e ha presumibilmente sottratto proprietà intellettuali da concorrenti stranieri in Germania, Israele, Regno Unito e Stati Uniti, ed è accusata di corruzione e pratiche corrotte in Paesi come l’Algeria, il Belgio e la Sierra Leone”. Il capo della diplomazia americana ha ricordato anche che Huawei avrebbe legami diretti con l’Esercito popolare di liberazione cinese e riceve sostanziosi sussidi statali; aiutini che consentono alla compagnia di avere prezzi oltremodo concorrenziali, alterando il mercato. Per chiudere: Pompeo dice che Huawei è tenuta per legge a fornire dati ai servizi di intelligence cinesi.
La società di Shenzen ha risposto alle imbarazzanti esposizioni di certe sensibilità fatta dal segretario statunitense con una nota in cui “respinge categoricamente le accuse diffamatorie e false”, dice che sono “maliziose e consumate, non fanno che del male alla reputazione degli Stati Uniti” e rappresentano “un insulto alla sovranità europea”. Huawei s’è detta del tutto estranea sia agli aiuti statali, sia alle attività dello spionaggio, e nel comunicato stampa rilancia: “Huawei è il partner naturale dell’Europa per lo sviluppo del 5G e per sostenere la sovranità digitale” dell’Ue tramite soluzioni “sicure ed innovative”.
Lo scontro non è certo una novità, anche se l’intervento pubblico di Pompeo rappresenta un aumento di livello retorico, anche per la tempistica. Il 5G è uno degli argomenti caldissimi sui tavoli delle telecomunicazioni europee (e non solo). Ed è impossibile parlare della nuova tecnologia per la diffusione dei dati mobile (che ha potenzialità rivoluzionarie) senza citare aziende come Huawei. Le ditte cinesi sono all’avanguardia sullo sviluppo del 5G, e anche per questo stanno offrendo prezzi competitivi e garanzie di funzionamento.
Punto in più a favore: molte delle strutture interne alle rete di distribuzione sono già fornite da anni dalla Huawei in diversi Paesi europei (compresa l’Italia). Gli Stati Uniti sentono la forza di questa competizione, e la considerano una minaccia. Sia in termini commerciali ed economici, sia in ambito politico, perché avere il controllo del mercato permetterebbe alle ditte cinesi di dettarne le regole. Competizione che per altro secondo Washington è falsata dall’aiuto che Pechino fornisce alle proprie aziende con dinamiche non certo brillanti per il Wto.
Poi c’è il fattore sicurezza: tutti temi molto noti e più volte ripetuti, richiamati nelle accuse di Pompeo e per questo definite “consumate” dalla Huawei. Per gli Usa Huawei e altre società cinesi lascerebbero aperte backdoor per permettere alla fittissima rete dello spionaggio cinese di entrare nelle reti che istallano. E le spie di Pechino possono in questo modo carpire segreti industriali, ottenere enormi set dati dei privati cittadini (il controllo dei dati è questione in più perché facilita la gestione delle masse), se non addirittura penetrare reti istituzioni, oppure preparare software in grado di interrompere il corso di infrastrutture strategiche (qualcosa da usare come arma cyber: un deterrente enorme, pensare a qualcosa in grado di creare un blackout totale, un’arma migliore di una bomba atomica).
Tutte questioni delicatissime che con il 5G avrebbero un moltiplicatore di potenza. Gli europei si trovano davanti a una preoccupazione sulle preoccupazioni. Sono già uscite notizie di report redatti nel corso degli ultimi due/tre anni dalle intelligence di Paesi Ue che hanno sottolineato queste criticità dalla Cina, ma adesso c’è anche il pressing americano. Se da un lato le offerte cinesi sono allettanti (per prezzi, funzionalità e presenza, e hanno poche altre alternative attualmente sul mercato), dall’altro le pressioni statunitensi sono ormai diventate chiare. Concedere esposizione alle ditte delle tlc cinesi potrebbe anche significare interrompere le relazioni di intelligence con gli Usa, hanno già detto gli americani.
Un rischio enorme per un Paese Ue, vista l’importanza che il comparto informazioni ha per l’amministrazione di uno Stato, che pone i membri dell’Unione davanti a un grande tema di fondo: da che parte stare nel confronto tra Stati Uniti e Cina? Ieri la Casa Bianca ha tuonato contro alcuni Paesi europei che stanno pensando di introdurre una Digital Tax sui big americani del web, da Google a Facebook, passando per Amazon. Il richiamo interessa apertamente anche la Turchia, e in modo diretto Italia, Austria e soprattutto Francia.