La Reuters ha avuto modo di visionare la bozza di un documento che Russia e Cina intendono presentare in forma congiunta per chiedere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di avviare l’allentamento delle sanzioni contro la Corea del Nord. Non ci sono ancora tempistiche, né è chiaro se i due Paesi alla fine faranno la mossa, ma intanto il documento è stato consegnato all’agenzia stampa per essere pubblicato e diffondere un messaggio: Mosca e Pechino sono nel dossier nordcoreano.
Soprattutto adesso, in un momento molto delicato dei negoziati avviati con gli Stati Uniti. Pyongyang ha fatto sapere di aver l’intenzione di ritirarsi dai colloqui per la denuclearizzazione (che è il nodo della questione) perché Washington non è un “attore affidabile”. Il motivo? Non avvia la rimozione delle sanzioni.
Eppure sia Russia che Cina – che in questo momento vivono una fase di cooperazione, anche se delicata e destinata a incontrare problemi di competitività – dicono che la loro mossa ha come obiettivo facilitare i colloqui. Nel frattempo però cercano di porsi come honest broker.
La strategia scelta da Vladimir Putin e Xi Jinping rischia di diventare loose-loose per Donald Trump, che ha scommesso parte della sua legacy in politica estera avvicinandosi al Nord attraverso tre incontri diretti con il satrapo Kim Jong-un. Val la pena infatti ricordare che Stati Uniti, Francia e Regno Unito, gli altri tre membri permanenti del Consiglio Onu, hanno sempre detto che non avrebbero concesso spazi ai nordcoreani prima di verificare che il programma fosse realmente interrotto.
Se dunque gli Usa dovessero mettere il veto alla risoluzione presentata da russi e cinesi, passerebbero come responsabili dello stop dei negoziati e della riapertura di una stagione infuocata – già prevista se le cose dovessero andar male. Allo stesso tempo, accettare l’eliminazione delle sanzioni anche su questioni marginali come quelle proposte (mercato ittico, quello delle statue e maglieria) significherebbe stracciare la strategia della massima pressione adottata finora – e apparire deboli.
Un momento delicato per Washington su un dossier che è stato marginalizzato per assenza di movimento, ma che adesso vede Russia e Cina – per gli Usa “rival powers” – inserirsi per porre Trump davanti a un precipizio. Anche perché mentre tutti gli apparati americani sono fermi sul punto di non cedere un millimetro al Nord prima di avere in cambio la testa del programma nucleare, Trump potrebbe essere più propenso a trattare. Ma a quel punto il presidente dovrebbe porsi su una posizione nettamente diversa rispetto al resto della sua amministrazione.