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Serraj a Roma. Conte vuole recuperare con Tripoli

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, oggi dovrebbe ricevere il premier libico, Fayez Serraj a Roma. Sì scrive al condizionale perché ormai nessuno può scommettere completamente sulla riuscita del vertice dopo quello che è successo tre giorni fa, quando lo stesso Serraj ha disertato all’ultimo minuto un invito a Palazzo Chigi.

Flashback: il libico doveva arrivare alle 18:30 dell’8 gennaio, ma ha annullato la visita con il corteo di scorta già in viaggio per Ciampino — sarebbe dovuto atterrare prima di tornare a Tripoli di rientro da Bruxelles, dove aveva avuto riunioni coi vertici europei. Motivo: Conte aveva violato un protocollo base selle relazioni internazionali, ospitando a Chigi, nello stesso giorno ma prima del premier legittimo, il capo miliziano, Khalifa Haftar, che dalla Cirenaica ha dichiarato guerra da nove mesi al governo insediato dall’Onu (e guidato da Serraj).

Conte, che si è rimesso alla testa del dossier libico in un’apparente, pericolosa competizione con la Farnesina, sta cercando di recuperare terreno. Dopo il capitombolo diplomatico, più protocollare che per un cambio di campo sistemico, aveva cercato al telefono Serraj per spiegarsi, ma i due — raccontano fonti libiche — non hanno avuto ancora contatti. Su questo s’è messa al lavoro la diplomazia e l’intelligence italiana — su tutti l’ambasciatrice a Tripoli Giuseppe Buccino e il capo dell’Aise Luciano Carta — ed è stato arrangiato il nuovo vertice. Anche grazie alla sponda a Tripoli offerta dal ministro degli Esteri,  Mohammed Siala e il vice-presidente libico, Ahmed Maitig, da sempre il politico più vicino all’Italia e ultimamente un po’ “trascurato” dal governo di Roma (dicono fonti libiche).

Stavolta il faccia a faccia con Serraj sarà più libero dalla sovrapposizione di agende che tre giorni fa aveva prodotto lo scivolone (pare che Conte avesse voluto approfittare della presenza di Haftar a Roma, convocato dai funzionari americani in via Veneto, nonostante i servizi lo sconsigliassero di evitare di incontrare entrambi i libici nello stesso giorno).

Haftar era arrivato a Piazza Colonna con un corteo e ha sfruttato l’occasione per fare in modo di far apparire la sua presenza lì come una sorta di cambio di fronte dell’Italia — da sempre più vicina al governo internazionalmente riconosciuto, ma allettata a fasi alterne dal miliziano ribelle. Un problema è anche che Haftar non intende fermare le armi, punto fermo invece della linea italiana, e ieri ha fatto saper di aver rigettato al mittente il tentativo di Turchia e Russia di far bloccare i combattimenti da domenica, anche solo per una settimana.

Ankara d’altra parte, facendo leva su interessi diretti (ieri ha presentato a Tripoli un conto da 2,7 miliardi di dollari per compensare danni subiti dall’instabilità dal 2011 a oggi), sembra essere diventata il principale interlocutore di Tripoli, dopo aver promesso assistenza militare contro Haftar. In questo tentativo di ri-bilanciare il ruolo di calmiere dell’Italia, Conte lunedì sarà ad Ankara per incontrare Recep Tayyp Erdogan, per poi passare dal Cairo e vedere il presidente/generale Abdel Fattah al Sisi, che sulla Libia è su un fronte nettamente opposto, spalleggiando Haftar.“Il pressing sull’Italia affinché recuperasse lo screzio con Serraj è stato molto forte, ma la realtà a questo punto è che non è chiaro quanto Roma possa fare in questo momento e come intende riempire di contenuti i vari incontri, perché quello che sembra chiaro è che se Haftar non si ferma la Turchia andrà avanti e Tripoli è d’accordo”, ci spiega una fonte da Misurata (centro della protezione politica e militare del governo-Serraj).

Due giorni fa a Roma c’era anche Fathi Bashaga, ministro dell’Interno libico e fondamentale pedina misuratina, per incontri con gli americani — in particolare con l’ambasciatore Usa a Tunisi, Donald Blome. Dall’Italia passano dinamiche importanti, ma Roma come l’Europa fatica a recuperare gli spazi ora occupati da altri attori, anche perché non riesce a esercitare una linea politica forte e chiara, anche protetta dalla deterrenza armata — quella che missioni congiunte come Sophia potrebbero creare rivolgendosi alla Libia. Haftar, sfondato a Sirte, si dirige verso Misurata, dove all’interno dell’aeroporto c’è un ospedale da campo gestito da 300 militari italiani.

 



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