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Il 2020 di Putin, fra ambizioni internazionali e grane interne

Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin ha proprio in questi giorni festeggiato i suoi 20 anni al potere e nella conferenza di fine anno dello scorso 20 dicembre, ha lasciato intendere che non ha così voglia di farsi da parte e che la Costituzione potrebbe essere cambiata per permettergli di ripresentarsi e venire di nuovo incoronato zar di tutte le Russie.

Il 2024 è ancora lontano, ma sarà bene che il presidente inizi a pensarci già da adesso, perché la strada è lunga e potenzialmente piena di insidie.

Dal punto di vista della politica interna, il 2020 non sarà un anno in cui Putin potrà definirsi tranquillo. Il 13 settembre alcune repubbliche saranno chiamate al voto amministrativo e, anche se mancano città importanti come Mosca o San Pietroburgo, il voto, al di là del risultato, sarà un test importante per vedere se l’opposizione riuscirà a strutturarsi in modo più completo e a rappresentare una minaccia in vista delle elezioni parlamentari che si terranno nel 2021.

Il fattore di successo più importante per Putin, quello che garantirebbe la sua tenuta del potere senza rischi, è il fattore economico. Secondo gli analisti, il 2020 potrebbe esse l’anno in cui l’economia russa potrebbe riprendere a crescere in modo convincente per la popolazione, ma soprattutto per gli investitori. Molto poi dipende da come Putin deciderà di muoversi.

Molti economisti concordano nell’affermare che il presidente abbia un atteggiamento troppo conservatore facendo della Russia un mercato ancora sostanzialmente troppo chiuso verso l’esterno. E anche per quanto riguarda le entrate date dalle fonti energetiche, sulle quali la Russia fonda il grosso della sua economia, il 2020 sarà l’anno in cui il governo deve dare prova di saper spendere questi fondi al meglio.

Il piano di investimenti c’è ed è ambizioso, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture. La sfida maggiore, però, sarà quella delle politiche sociali, anche perché è questa che potrebbe orientare le preferenze dell’elettorato in vista delle politiche del 2021. La riforma delle pensioni ha avuto un impatto molto sentito sulla popolazione che deve anche fare i conti con un potere di acquisto degli stipendi particolarmente basso.

Infine, per quanto riguarda la politica estera, il 2020 per la Russia si apre con la gestione della crisi siriana e di quella libica. Per il presidente Putin, però, sarà importante, in marzo, anche il nuovo incontro con Zelenskij, che dovrebbe portare a un nuovo passo avanti nella crisi fra Ucraina e Donbass. Non bisogna poi dimenticare le direttrici sulle quali Mosca sta orientando la sua politica estera. I contatti con la Cina sono destinati a continuare e diventare sempre più sinergici.

Il Cremlino poi, spera in una rielezione di Trump nel 2020, che comporterebbe rapporti più distesi con l’altra parte dell’oceano. In questo senso, la politica estera russa almeno nei primi mesi del 2020 potrebbe essere orientata a infastidire Washington il meno possibile. Rimane anche il punto interrogativo nei confronti dell’Europa. Le relazioni al momento sono tese e non ci sono motivi per pensare a un miglioramento a breve.

Una soluzione della crisi ucraina, però, allevierebbe quella che al momento è la maggiore causa di tensione.


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