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Perché Davos non potrà ignorare l’allarme dell’Oxfam. Parla Becchetti

Forse, il World Economic Forum di Davos non poteva arrivare in un momento più complesso di questo. Un momento nel quale un’élite di 2.153 Paperoni detiene una ricchezza superiore al patrimonio di 4,6 miliardi di persone, mentre alla metà più povera della popolazione resta meno dell’1%. Di più. Il patrimonio delle 22 persone più facoltose supera la ricchezza di tutte le donne del continente africano.

In altre parole, l’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva a metà 2019 più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone.  Gran brutta fotografia quella contenuta nel nuovo report diffuso come ogni anno da Oxfam alla vigilia del meeting annuale a Davos. E così, le domande a 24 ore dal Forum svizzero che riunisce la finanza mondiale, sono tante, forse troppe. Formiche.net ha sentito il parere di Leonardo Becchetti, economista esperto di disuguaglianze e docente e Tor Vergata.

Becchetti, gli ultimi dati sulle disuguaglianze hanno un che di apocalittico. O forse sono lo specchio dei tempi?

Sono allarmanti ma allo stesso tempo rappresentano il mondo che viviamo. C’è una quota molto elevata di persone che ha una ricchezza negativa il che vuol dire che se hanno anche 5 mila euro sul conto, sono molto più ricche di qualche milione di persone. Detto questo il dato è enorme e preoccupante. Talmente preoccupante che gli stessi ricchi sono preoccupati.

I ricchi, preoccupati…?

Sì. Preoccupati dalla rabbia sociale che sta montando. Una rabbia che corre sui social e contagiosa. Non è un caso che Bill Gates e Warren Buffet, due degli uomini più ricchi al mondo abbiano chiesto di essere tassati di più, alleggerendo al contempo il carico sui lavoratori. Questo vuol dire che i governi fino ad oggi hanno fatto molto di più rispetto a quello che le lobby chiedevano, hanno creato differenze mostruose e ora persino i ricchi ne hanno paura. Il problema è che questa situazione va fermata e invertita, intervenendo sui ceti medi che oggi si sentono molto, troppo, in difficoltà.

Sembra di essere in una sorta di nuovo Medio Evo formato Terzo Millennio…

Non proprio. Le condizioni di vita rispetto a secoli fa sono enormemente migliorate, pensiamo al progresso medico e alla tecnologia. Certo, ci sono delle grosse disuguaglianze. Basterebbe una minima ristrutturazione di questo reddito mondiale per iniziare a livellare le disparità sociali.

Sì, ma da dove cominciare?

Bisogna lavorare sulle pari opportunità, in particolare dall’istruzione. Dare cioè a tutti la possibilità di studiare, in modo che chi parte da una condizione difficile possa avere l’opportunità di migliorarle. Faccio l’esempio dell’assegno unico per il figlio, che sarebbe un primo intervento per invertire il drammatico calo demografico. E poi ci vuole una progressività fiscale affinché chi ha di più, paghi di più.

Becchetti domani si apre il Forum di Davos. Non mi dica che non si parlerà di quanto ci stiamo dicendo. Le disuguaglianze faranno breccia nella finanza globale?

Certo che sì. Lo ripeto, c’è molta preoccupazione tra i ricchi del pianeta. Basta guardare a quanto successo in Cile con l’aumento del prezzo del biglietto della metro. Ci dobbiamo rendere conto che c’è una rabbia crescente, che avanza, corre sul web. E che va fermata. Sono sicuro che anche l’alta finanza sia ben consapevole di questa situazione, una consapevolezza che è arrivata anche a Davos.

La consapevolezza di Davos c’è anche in Italia?

In Italia la situazione è certamente migliore di altri Paesi. Ma il nostro problema principale è la prospettiva. Oggi non abbiamo risposte a questa domanda: quale è la prospettiva del ceto medio e medio basso in Italia? Sì, abbiamo avuto il reddito di cittadinanza, ma nel futuro del ceto medio, cosa c’è?

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