Nel dicembre 2019, un gruppo di pazienti con polmonite dovuta a causa sconosciuta è stato individuato in un mercato all’ingrosso di frutti di mare nella città di Wuhan, provincia di Hubei, in Cina. Tutti i pazienti sono risultati positivi ad un virus denominato 2019-nCoV, che è stato immediatamente sequenziato e classificato come appartenente alla famiglia dei coronavirus. Prima di allora, non era mai stato isolato.
Questo particolare virus è certamente simile – ma non identico – ad altri coronavirus noti nell’uomo come MERS-CoV e SARS-CoV, e sembra essere il settimo di questa famiglia ad infettare l’uomo. Ad oggi vi sono circa 3000 persone infettate e più di 80 morti in Cina. In assenza di un intervento importante da parte delle autorità di sanità pubblica, il numero di persone infettate dal coronavirus di Wuhan potrebbe potenzialmente raddoppiare ogni sei giorni e diventare un’epidemia su larga scala.
Il rincorrersi delle notizie cui stiamo assistendo crea certamente preoccupazione a livello globale. Benché si legga che si stanno attuando azioni di contenimento dell’epidemia, anche mediante la limitazione dei trasporti e le “quarantene”, è possibile presumere che il numero dei pazienti in fase di incubazione si avvicini a 50mila casi a partire dalla fine di questo mese, con l’attesa di un picco massimo tra metà maggio e metà aprile nelle principali città della Cina. L’incubazione del virus 2019-nCoV ha una durata di 10-14 giorni, periodo che scorre nell’assenza totale di sintomi. Ci sono più di 50 casi confermati in tutto il mondo, negli Stati Uniti, in Malesia, Singapore, Thailandia, Francia, Australia e altrove. Alcuni Paesi (come l’Italia) stanno cercando di evacuare i loro cittadini da Wuhan, la città all’epicentro dell’epidemia. La principale modalità di trasmissione del coronavirus è attraverso la cosiddetta “trasmissione di goccioline a corto raggio”: la maggior parte delle persone ha quindi contratto il virus attraverso lo stretto contatto con una persona infetta. I sintomi sembrano iniziare con la febbre, seguita da una tosse secca e poi, dopo una settimana, portare a insufficienza respiratoria con conseguente ricovero ospedaliero. Non esiste al momento una cura o un vaccino specifico. Sulla base delle prime informazioni disponibili, si ritiene che solo un quarto dei casi di infezione siano “gravi” e che i morti siano principalmente – anche se non esclusivamente – persone anziane, alcune delle quali con preesistenti patologie o condizioni di particolare fragilità.
I coronavirus sono virus ad RNA suddivisi in 4 generi diversi: alfa, beta, delta e gamma. I generi alfa e beta sono in grado di infettare l’uomo e sono responsabili di almeno il 10% – 30% delle infezioni dell’apparato respiratorio superiore negli adulti. I coronavirus sono ecologicamente diversi e utilizzano diversi mammiferi, in particolare i pipistrelli, come serbatoio. I mammiferi domestici sono spesso ospiti intermedi che facilitano la ricombinazione del materiale genetico del virus, producendo quindi versioni nuove e potenzialmente più aggressive del virus stesso. Fino a poco tempo fa, questi virus hanno ricevuto relativamente poca attenzione a causa della loro infezione non grave negli esseri umani. Scenario poi cambiato già nel 2002, quando casi di polmonite atipica grave sono stati descritti nella provincia del Guangdong, in Cina, causando preoccupazione in tutto il mondo e diffusione della malattia in molti Paesi attraverso viaggi internazionali: si trattava della Sindrome Respiratoria Acuta Grave (Sars).
La Sars ha rappresentato il primo caso di infezione di coronavirus da contatto uomo-animale (trasmissione zoonotica). Il bilancio è stato pesante: 10mila persone infettate, 800 morti e un costo stimato tra i 30 e 100 miliardi di dollari. La storia della Sars-CoV ha dimostrato come questi virus siano in grado di saltare la barriera specie-specifica causando pandemie virali nuove e rischiose. Dieci anni dopo la Sars, nel 2012, un altro beta-CoV altamente patogeno è stato individuato nei pazienti affetti da Sindrome Respiratoria Orientale (Mers), scoperto nell’espettorato di un uomo saudita deceduto per insufficienza respiratoria. A differenza di Sars-CoV, che si diffuse rapidamente in tutto il mondo, il virus Mers-CoV ha causato una trasmissione nosocomiale molto seria nei Paesi del Medio Oriente. Nel 2017 l’Oms ha inserito Sars-CoV e Mers-CoV nella lista di agenti patogeni prioritari, nella speranza di stimolare la ricerca e lo sviluppo di contromisure per la lotta a questi virus altamente pericolosi. Durante l’epidemia della Sars il vaccino è stato ottenuto in 20 mesi dalla conoscenza del genoma del virus.
La scienza dispone oggi di armi particolarmente sofisticate, quali ad esempio la tecnologia di vaccini cosiddetti a Rna, che ci fanno sperare di poter raggiungere questo risultato in pochi mesi. Per ora, tutto ciò che i medici possono fare è trattare i sintomi della malattia. I ricercatori stanno anche cercando di sviluppare alcuni trattamenti sperimentali basati sulla esperienza della Sars e della Mers, come la produzione di anticorpi “monoclonali” in laboratorio. Il sequenziamento del genoma del virus e l’impiego della bioinformatica stanno aiutando molto la ricerca di farmaci per combattere il virus, migliorando la nostra comprensione dell’insorgenza e della trasmissione della malattia. È necessario individuare subito l’ospite intermedio per capire con maggiore precisione come avviene la trasmissione all’uomo, ma anche allo scopo di studiare in modelli animali, sempre necessari per la ricerca medica: la sperimentazione animale può non piacere a molti, e ogni posizione va rispettata, ma solo questo tipo di studi sono in grado di favorire il progresso della medicina, salvare vite umane e prevenire letali epidemie.
Con ogni probabilità questi virus continueranno ad emergere e ad evolversi e causare epidemie sia umane che veterinarie grazie alla loro capacità di ricombinare, mutare e infettare più specie e tipi di cellule. Capacità che sono insite nella natura dei virus, come insita nelle capacità dell’uomo è quella di studiare, progredire, analizzare e individuare soluzioni innovative ed efficaci. Molti aspetti della replicazione virale e della patogenesi vanno ancora studiati. Dobbiamo capire, prima di tutto, la propensione di questi virus a passare da una specie all’altra. È necessario per noi capire come questi riescano a stabilire una infezione in un nuovo ospite, e identificare serbatoi significativi di coronavirus ci aiuterà notevolmente a prevedere quando e dove possono verificarsi potenziali epidemie. Inoltre, poiché i pipistrelli sembrano costituire un serbatoio significativo per questa tipologia di virus, sarà interessante determinare come questi animali riescano ad evitare l’infezione clinica e diventare immuni. E trasformarli da pericolo per l’uomo a risorsa per la scienza.
Oltre l’emergenza, che richiede uno sforzo coordinato di governi, istituzioni e presidi di pubblica sanità, nonché collaborazione da parte del singolo che con responsabilità deve attuare misure atte a non esporre se stesso e il suo prossimo al rischio, lo sforzo che la comunità scientifica internazionale deve essere convogliato in azioni di studio, ricerca e condivisione delle scoperte che possano favorire lo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate.
Perché la scienza è e deve restare al servizio dell’umanità, a tutela della salute pubblica e per la sicurezza di tutti noi.