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Così la Difesa ha messo al sicuro i militari italiani. Il punto di Tofalo

Preservare i risultati ottenuti nella lotta all’Isis, favorire la de-escalation e promuovere la moderazione, il tutto mantenendo il coordinamento con gli alleati (gli Stati Uniti in primis) e dando priorità alla sicurezza dei militari italiani. È il piano della Difesa italiana, guidata da Lorenzo Guerini, spiegato oggi dal sottosegretario Angelo Tofalo, intervenuto in Commissione Difesa a Montecitorio per rispondere a interrogazioni inerenti il dicastero, inevitabilmente concentrate sui fatti degli ultimi giorni e sulle tensioni mediorientali. È così che la crisi tra Iran e Stati Uniti ha fatto il suo ingresso in Parlamento.

MISURE DI SICUREZZA

Il sottosegretario ha ripercorso le tappe che hanno coinvolto i militari italiani dopo il raid americano che ha ucciso il generale Qassem Soleimani, su cui il ministro Guerini è intervenuto da subito. “È stato immediatamente disposto, da parte della Difesa, un innalzamento delle misure di sicurezza personali, nelle infrastrutture e nei movimenti, e di controllo, in tutte le aree nelle quali operano i contingenti italiani”, ha detto Tofalo. In più, “sono state aumentate le misure di force protection all’interno di tutte le installazioni militari italiane in teatro mediorientale e in Afghanistan”. L’obiettivo? “La continua, totale e concreta attenzione alla situazione sul terreno, nell’ottica di mantenere il livello di protezione improntato alla massima efficacia”.

LA SITUAZIONE IN IRAQ

In Iraq, la missione Prima Parthica conta all’incirca 900 militari, 300 mezzi terrestri e una dozzina di velivoli, tra Erbil (nel Kurdistan iracheno), Kirkuk (con l’addestramento di Forze speciali) e Baghdad (per istruire le Forze di polizia). Con una componente anche in Kuwait, rappresenta il contributo italiano alla Coalizione internazionali anti-Daesh. A seguito dell’uccisione di Soleimani, ha detto Tofalo, “sono state innalzate le misure di force protection e il personale impiegato nella Base cosiddetta Union 3 a Baghdad è stato temporaneamente riposizionato in altre basi all’interno dell’area d’operazioni”. Inoltre, “l’attività di addestramento esterna è stata sospesa fino a nuova disposizione”. Attività “tese alla salvaguardia della sicurezza del contingente dislocato nell’area” che sono state messe in atto anche ieri notte, “nella specifica circostanza degli attacchi missilistici” condotti dall’Iran contro le basi americane. Confermato quanto già reso noto dalla Difesa: “Non ci sono state conseguenze per i nostri militari”.

DAL LIBANO…

In Libano, nell’ambito della missione Unifil dell’Onu che risponde al comando del generale Stefano Del Col, i circa mille militari italiani operano nel sud del Paese, tra il fiume Litani e la blue line al confine con Israele, la zona in cui operano gli sciiti di Hezbollah e potenzialmente più a rischio dopo le tensioni tra Stati Uniti e Iran. “Fermo restando che il livello di minaccia non è mutato e che le Nazioni Unite non hanno impartito limitazioni o, comunque, provvedimenti aggiuntivi – ha spiegato Tofalo – il personale ha ricevuto disposizioni di incrementare il proprio livello di attenzione durante l’esecuzione delle attività”.

…ALL’AFGHANISTAN

Attenzione elevata anche in Afghanistan, dove circa 800 militari italiani partecipano alla missione Nato Resolute Support. Si dividono tra Kabul (con incarichi di staff) e Herat, con responsabilità sull’intero quadrante occidentale, quello al confine con l’Iran, impegnati in attività di addestramento e assistenza alle forze locali. “Su disposizione della Nato – ha notato il sottosegretario – le attività di addestramento esterne sono state temporaneamente sospese”. Anche in questo caso, “sono state inoltre aumentate le predisposizioni di force protection all’interno delle installazioni”.

I RISCHI

Per tutti questi teatri, ha assicurato Tofalo ai deputati, “il dicastero segue costantemente gli sviluppi della situazione, e il ministro in prima persona resta in contatto sia con il comandante del contingente italiano in Iraq, sia con il ministro della Difesa iracheno, Al Shammari, il quale in un recente colloquio ha avuto modo di esprimere l’apprezzamento suo e del popolo iracheno per l’opera sino ad ora svolta dai militari italiani per l’addestramento delle forze di sicurezza di quel Paese”. D’altra parte, esperti e osservatori (qui lo spiegava il generale Mario Arpino) non intravedono possibilità che i militari italiani siano obiettivi di eventuali nuovi attacchi. L’addestramento e la collaborazione si rivolgono infatti a Forze armate e di sicurezza a componente prevalentemente sciita, sempre grata all’attività italiana.

LE MISURE PER LA DE-ESCALATION

Parallelamente, prosegue il tentativo di favorire la de-escalation. L’Italia nell’area ha una presenza militare seconda solo agli Stati Uniti, un impegno da sfruttare per avere voce in capitolo. Si inserisce in tal senso il colloquio avuto due giorni fa da Guerini con Mark Esper, segretario alla Difesa americano, primo contatto ufficiale tra i governi di Roma e Washington dopo il raid contro Soleimani. In quel colloqui, ha spiegato Tofalo, “il vertice del dicastero ha voluto richiamare l’attenzione sulla necessità di un coordinamento efficace e tempestivo tra i partner più impegnati della Coalizione, e sulla necessità di agire con moderazione e prudenza, con un approccio flessibile e coordinato anche per preservare i risultati sinora conseguiti nella lotta al Daesh”.

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