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Innovare la Difesa con una Darpa italiana. La ricetta di Maiorino (M5S)

Un progetto trasversale per riunire le eccellenze del mondo della difesa e metterle “a sistema” per il bene del Paese. È così che Alessandra Maiorino, membro della Commissione Affari costituzionali (prima in Commissione Difesa) di palazzo Madama in quota M5S, descrive il disegno di legge delega di cui è prima firmataria, un testo che ha appena iniziato l’iter parlamentare. Mira a creare “una Darpa italiana”, ovvero un centro specificatamente dedicato all’innovazione tecnologica in campo militare. La proposta ruota intorno alla trasformazione del Centro interforze di studi per le applicazioni militari (Cisam), la struttura della Difesa situata a Pisa. Verrebbe rinominata in Centro interforze per l’innovazione e le tecnologie strategiche (Cintes) e posto “a livello gerarchico alle dipendenze del capo di Stato maggiore della Difesa e a livello funzionale alle dipendenze del segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti”.

Senatrice, da dove nasce la proposta di una Darpa italiana?

Dalla constatazione che in Italia, in moltissimi settori, sebbene vi siano delle vere e proprie eccellenze, queste non sono però messe a sistema, e le potenzialità non sono pertanto adeguatamente utilizzate. Questo è quanto accade anche nel settore militare. Si tratta quindi di creare finalmente delle sinergie e di valorizzare le competenze, negli interessi esclusivi del Paese.

Quanto conta l’innovazione in campo militare?

Gran parte della tecnologia che noi consideriamo per usi “pacifici”, in realtà, è stata concepita per mettere le forze armate in condizione di poter fare fronte a determinate minacce. Ne è un esempio illuminante lo sviluppo di Internet, ma se ne possono fare molti altri. L’innovazione in passato era trainata dal settore militare. Oggi ci troviamo di fronte a nuove e multiformi sfide. Non possiamo non tenerne conto per restare al passo con gli altri grandi Paesi.

Nel disegno di legge si dice che il Cintes avrà autonomia di spesa. Non rischia di avere comunque poco margine in un budget della Difesa già risicato (soprattutto per ricerca e sviluppo)?

La prospettiva è quella di veder aumentati i fondi per la ricerca, in un’ottica prettamente interministeriale, coinvolgendo tre dicasteri, ossia oltre alla Difesa, anche il Mise e il Miur, senza spostare in alcun modo le competenze incardinate nelle strutture della Difesa. Servirà uno sforzo pluriennale. Il Cintes è un laboratorio del nuovo modello organizzativo su cui abbiamo scommesso: lo dimostra la previsione di un consiglio scientifico di cui si avvarrà il direttore, che per la prima volta sarà allargato ad esperti esterni, provenienti ad esempio dalle università, oltre ad includere rappresentanti dei dicasteri che ho menzionato. Una novità assoluta e per certi versi dirompente.

L’iter del Ddl è appena iniziato, ma si aspetta unità politica sul tema?

Assolutamente sì. Si tratta a tutti gli effetti di un progetto trasversale, che risponde a una reale necessità del Paese, e lo dimostra il fatto che, nato sotto un governo, sta procedendo nell’ambito di una maggioranza e di una compagine governativa differenti. Su determinati temi non ci si può dividere. Inoltre, è un obiettivo largamente condiviso far rientrare tanti ricercatori italiani dall’estero, e la razionalizzazione che promuoviamo va proprio in questa direzione.



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