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Che cosa ci insegnano le elezioni in Emilia-Romagna. L’analisi di Antonucci

La tornata elettorale delle regionali di inizio 2020 è trascorsa, lasciando indietro il carico di competizione e incertezza sul risultato, dovuto alla forte polarizzazione che la campagna di consenso ha avuto in Emilia-Romagna. È possibile tracciare un primo formato di analisi, alla luce delle vicende della campagna elettorale, tenendo sempre a mente che la ricerca del consenso elettorale è un’arte in fieri, in grado di imparare dai propri errori.

Lezione n.1. Le campagne elettorali regionali non vanno gestite con leader nazionali. Sembrerebbe un dato di fatto, ma, alla luce della campagna elettorale dell’Emilia Romagna serve invece ricordarlo. Se la competizione elettorale ha una base regionale, soprattutto in un contesto in cui è sviluppata una cultura politica forte e un’esperienza di amministrazione regionale e locale sviluppata, non ha senso calare la presenza di un leader nazionale, in supplenza del candidato governatore. Questa lezione politica è stata appresa subito dai vertici del Pd, che hanno lasciato spazio al candidato governatore Stefano Bonaccini, evitando affiancamenti rischiosi (di presenza sul territorio, di impiego del simbolo del partito). Al leader della Lega, Matteo Salvini, presente in tutte le occasioni pubbliche sul territorio, questa esperienza sarà di sicuro monito nella scelta della strategia elettorale per le prossime regionali.

Lezione n.2. Polarizzare e personalizzare troppo non rende più. Vale per tutti i contendenti delle competizioni elettorali, vale di più per chi ha interpretato il proprio ruolo nella gara cercando di creare sensazione e notiziabilità con la propria presenza. Il caso del citofono al quartiere Pilastro, il duello a distanza con le Sardine, le photo-opportunity con culatelli e parmigiani – tutti accorgimenti ormai classici del repertorio mediatico di Salvini – non hanno aiutato la campagna elettorale di Lucia Borgonzoni. Probabilmente la spinta propulsiva di questo modello di campagna elettorale, su base regionale, non paga come nei contesti locali o nazionali ed è un tema su cui riflettere ora e in futuro.

Lezione n.3. Occupare gli spazi lasciati vuoti in termini di consenso dei partiti rende in termini elettorali. Movimento delle sardine, liste civiche, liste del candidato governatore hanno ottenuto un buon livello di consenso, anche grazie ad un uso sapiente del voto disgiunto. Si tratta di spazi per la partecipazione elettorale che devono essere adeguatamente valutati, in ottica di massimizzazione del consenso di partiti sempre meno interessanti per l’elettorato nella dimensione locale e regionale. Valorizzare le sinergie con gruppi e movimenti collaterali e innovativi rispetto a partiti e candidati aiuta a riempire i vuoti di consenso e ricucire il tessuto di fiducia di cittadini sempre più interessati alla partecipazione ma lontani dai partiti. Non mancherà l’occasione per verificare quanto queste lezioni tutto sommato semplici e immediate, siano state apprese dai partiti: le prossime regionali in Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto saranno un banco di prova importante per verificare cambiamenti nelle strategie di campagna elettorale dei principali contendenti.


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