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Eni, Francia e Cina. Il dopo Soleimani spiegato da Giulio Sapelli (da leggere)

Prezzo del petrolio in su e scorte globali in ansia? Non sono questi i primi riverberi di matrice finanziaria dopo l’attacco del drone Usa a Baghdad che ha ucciso il leader militare iraniano Soleimani secondo il prof. Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia Economica presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna anche Economia Politica. Secondo lo storico ed economista (già nel Cda di Eni) si apre di fatto un’era del tutto nuova, con radicali cambiamenti sia nel quadrante mediorientale che in quello euromediterraneo, alla voce Libia e idrocarburi, dove la Franciavuole sostituirsi agli Usa in Medio Oriente (e prendersi l’Eni).

Il generale Soleimani non era solo il comandante delle forze d’élite Quds, ma era sospettato di aver svolto un ruolo negli attacchi sulle attività petrolifere saudite nel settembre 2019. Da domani cosa cambia?

Il nuovo quadro andrà al di là dell’eliminazione della singola persona, visto che il generale prima di essere un militare era il capo politico dell’internazionale sciita guidata dall’Iran. Era quello che aveva fondamentalmente condotto la mediazione in Siria sia con la Turchia che con la Russia, tenendo ben conto della sponda libanese, dal momento che gli Hezbollah libanesi sono quelli che renderanno possibile la spartizione della Siria non più sotto l’influenza francese ma sotto quella turco-russa. È stato l’uomo che, di concerto con Turchia e grazie alla neutralità dell’Egitto, ha diretto l’aspetto militare, politico e diplomatico dell’avanzata iraniana in una parte delle milizie libiche.

Geopolitica ed economia cosa dovranno aspettarsi dopo gli annunci iraniani di ritorsioni?

Dietro di lui persiste un’alleanza, che si sta ancora formando, a geometria variabile turco-russa-iraniana.

Con quale collante diplomatico?

Il ruolo della Francia, che da quando nel 2011 ha eliminato Gheddafi con l’appoggio dell’Inghilterra e la neutralità americana, si è nuovamente manifestata con il suo neo gollismo che per vocazione guarda all’Africa. Lo dimostra la mossa fatta con il franco africano francese, legato all’euro: si candidano così ad essere il ponte della mediazione per un nuovo partenariato franco-africano in loco. Inoltre sono i francesi a voler realizzare una nuova mediazione per la sistemazione futura del grande medioriente che va dalla Libia all’Afghanistan sostituendosi agli americani. Questo è il disegno della diplomazia più importante del mondo, ovvero quella francese.

Quanto ha influito l’errore commesso da Soleimani?

Moltissimo. Non essere riuscito a frenare l’attacco all’Ambasciata americana a Baghdad è stato un gravisismo errore. Premetto che gli iraniani non sono stupidi, per cui qualcosa deve essere loro sfuggito di mano, costringendo gli Usa a ragire, se Trump non vorrà fare la fine di Carter. Ciò ridefinisce tutta la questione e mette in scacco la rete francese. Da questo punto di vista è una fortuna che il Generale Haftar sia militarmente incapace.

Per quale ragione?

Non è riuscito ad entrare a Tripoli, così come quando Gheddafi lo inviò in Ciad, dove in seguito venne salvato da francesi e americani. Se Haftar avesse invaso Tripoli il gioco non sarebbe potuto continuare. Il tutto prosegue perché nessuno vince e la Libia dovrà essere ripartita: la Cirenaica agli egiziani, la Tripolitania ai turchi e l’Eni ai francesi.

Questo il riflesso in Italia?

Finalmente capiamo perché è nato questo governo: per far sì che in Eni tornassero le stesse forze che a metà degli anni novanta, quando io ero nel Cda, volevano controllarla. All’epoca sventammo tale manovra, oggi si parla delle stesse figure di ieri: paradossalmente perché l’Italia è un teatro di pupi in cui non si è capaci di rinnovare alcunché.

Con quali conseguenze?

Libia spartita e francesi su Eni, ma con un’incognita. Cosa faranno gli americani? Permetteranno il disegno che investe anche l’Italia dopo che Aviano è tornata strategica per le testate fino a ieri custodite nelle basi turche? Dato che la storia è fatta di lacrime e sangue e non di schemi a tavolino, sono portato a dire che la buccia di banana su cui è scivolato l’Iran, ovvero l’attacco all’ambasciata Usa, porterà conseguenze in primis sulla Francia che vede rimesso in gioco il suo piano in Libia e nel centro Africa. In secondo luogo anche sulla Cina.

Con quale perimetro?

I cinesi hanno da gestire una crisi profondissima: a Hong Kong non combattono cittadini casuali, ma in strada è scesa la grande borghesia contro il presidente Xi. Una lotta come quella che ci fu contro Stalin che fece 20 milioni di vittime all’epoca. Paradossalmente il caso Soleimani, che non voleva nessuno, ha rimesso in gioco tutto.

Quindi escude che un aumento sostenuto dei prezzi del petrolio potrebbe annullare la nascente ripresa?

I prezzi del petrolio hanno influenze geopolitiche, ma sono fissati da quantità finanziarie. Il vero problema del petrolio oggi è il collo di bottiglia della raffinazione: non abbiamo abbastanza raffinerie per raffinare il petrolio che ci vorrebbe. Per cui un lieve blocco di riformimenti alle raffinerie, consentirebbe alle stesse di riprendere quota. Penso che ormai ci sia una tendenza alla diminuzione del prezzo. Ma potrebbe aumentare quello del gas liquefatto, perché i progetti relativi ai nuovi gasdotti potrebbero essere interessati da questi grandi cambiamenti.

twitter@FDepalo



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