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L’Esercito, lo Stato e la cultura della Difesa. Il commento di Vespa

La cultura della Difesa (che per essere compresa basterebbe con la “d” minuscola) è un tema noioso, respingente, considerato pleonastico. Da più di vent’anni, con l’aumento delle missioni internazionali e le tante vittime subite, le Forze armate sono entrate nell’immaginario collettivo: belle, brave, apprezzate in tutto il mondo. Però costano. Perché difendere lo Stato e i suoi interessi costa e non tutto si può fare a pizza e fichi nonostante l’inventiva italica. Il primo convegno del Centro studi Esercito ha gettato un bel sasso nello stagno perché in modo inconfutabile, numeri alla mano, ha dimostrato che la forza terrestre ha bisogno di investimenti certi che il generale Salvatore Farina, capo di Stato maggiore, ha quantificato in 5 miliardi nei prossimi 5-6 anni in aggiunta ai programmi già finanziati. Somma alta solo all’apparenza perché è il minimo necessario.

Farina non è il primo. Si parla da tempo della necessità di una legge ad hoc, simile alle scelte fatte in favore dell’Aeronautica e della Marina, e l’ostacolo maggiore non è rappresentato tanto dalla situazione economica generale, visto che anch’essa è cambiata negli anni, quanto dall’ignoranza di buona parte della classe politica insieme con una quota di pacifismo che continua a confondere la difesa degli interessi nazionali, e le Forze armate come strumento di politica estera, con l’essere guerrafondai. Guido Crosetto, che all’esperienza avuta come sottosegretario alla Difesa oggi aggiunge la responsabilità dell’associazione delle aziende del settore, l’ha spiegato chiaramente: un conto è lo Stato, un altro i governi e oggi occorre una “visione” dello Stato su questi temi.

La cultura della Difesa sta in quella “visione”, in un’idea di nazione e di futuro che dovrebbe far capire che gli investimenti in ricerca e sviluppo sono produttivi non solo per il settore della Difesa e quindi per un ruolo più incisivo dell’Italia in tante situazioni di crisi, ma anche come profitti, occupazione, entrate per lo Stato. Il sottosegretario Giulio Calvisi ha lanciato un amo bipartisan invitando tutte le forze parlamentari a cominciare la discussione su questo tema determinante eppure divisivo. In un mondo in cui aumentano le tensioni internazionali e lo sviluppo della tecnologia rende antiquate le novità di pochi anni fa, diventa indispensabile avere il coraggio politico di assumere decisioni concrete e di spiegarle ai cittadini perché l’Esercito possa avere ciò di cui ha bisogno nel giro di pochi anni e non di decenni. Tutti sanno che non è facile, perciò diamoci una mossa.

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