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La strada di Francesco per il Mediterraneo frantumato

In un Mediterraneo in fiamme e frantumato si sta per svolgere l’incontro tra Francesco, un centinaio di vescovi dei Paesi rivieraschi ed esponenti delle altre religioni.

In vista di questo evento che cercherà di mettere a fuoco il modo per fare delle religioni un fattore di uscita dalle numerosissime crisi e conflitti che dilaniano il Mediterraneo, La Civiltà Cattolica pubblica un volume monografico della sua collana Accenti dedicato al Documento sulla fratellanza universale firmato un anno fa ad Abu Dhabi da papa Francesco e dal grande imam dell’Università Islamica del Cairo Ahmed al Tayyeb. Il volume ovviamente si intitola “Fratellanza” e, se i vescovi avranno il tempo di leggerlo, le possibilità che Bari riesca a dire davvero come costruire ponti in questo Mediterraneo frantumato potrebbero aumentare.

Il documento sulla fratellanza infatti non costituisce solo un enorme passo avanti sulla via del dialogo islamo-cristiano, ma anche nella ricerca di un’armonia globale. Entrando a far parte del comitato per l’attuazione del documento sulla fratellanza il rabbino M. Bruce Lustig ha parlato di risposta a un mondo frantumato, come il Mediterraneo.

Questo tempo è pervaso da letture che fanno dello scontro di civiltà una ineluttabile necessità basata sulla paura, sull’opzione militare e la difesa etnico-nazionale. Il documento sulla fratellanza pone le basi per una visione opposta, basata sul pluralismo e la costruzione dell’armonia. Non è astrazione buonista, è una cultura che sfida integralismi, fanatismi e strumentalizzazioni che si sostengono vicendevolmente. In uno dei contributi più originali il gesuita Diego Fares osserva: “Il punto decisivo sta nel carattere irrinunciabilmente esistenziale della simultanea esperienza di uguaglianza e differenza che si dà nella relazione di fratellanza”.

Non è un caso che nel suo discorso al corpo diplomatico papa Francesco abbia parlato del cinquecentenario di Raffaello, per dire che il genio sa creare l’armonia tra diversi colori. Nessun capolavoro, credo io, nascerebbe da un colore solo, come da un solo pensiero.

Ma per capire questo, spiega in un cruciale saggio padre Antonio Spadaro, occorre rinunciare alle opposte culture apocalittiche o antiapocalittiche. Qui Spadaro centra un punto sottovalutato ma assai importante per jihadisti e neo crociati. Una sorta di patto diseducativo: se è ben noto che bin Laden fosse un apocalittico, meno noto è che George W. Bush costrinse Jacques Chirac ai tempi dell’invasione dell’Iraq a chiedere agli esperti dell’Eliseo a chi si riferisse il presidente americano parlandogli di Gog e Magog, i misteriosi popoli dell’Apocalisse. E Ahmadinejad aveva in ufficio il plastico dell’autostrada che voleva costruire e riservare al Mahdi per il suo ormai imminente ritorno alla fine dei tempi.

Il pensiero apocalittico vuole accelerare i tempi dell’apocalisse, la guerra aiuterà la fine dei tempi e quindi la vittoria della giustizia. L’alternativa sembra essere l’aggrapparsi alla difesa dell’esistente. E Francesco? “Non spinge per portare alle estreme conseguenze la crisi del mondo predicando la fine imminente, né trattiene i pezzi di un mondo che sta crollando cercando alleanze comode, equilibrismi, collateralismi. Inoltre, non cerca di eliminare il male, perché sa che è impossibile. Semplicemente esso si sposterebbe e si manifesterebbe altrove, in altre forme. Cerca invece di neutralizzarlo. Proprio qui sta la dialettica dell’azione bergogliana”.

Segue molte pagine dopo una frase decisiva: “La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere”.

Ecco così una verità molto interessante, ma non sempre capita. “Il Pontefice propone una visione alternativa rispetto a quella ossessionata dai grandi numeri, e dunque dal successo dato ‘dalla quantità di spazi che si occupano’. “Gesù – ha detto Francesco – non ci ha scelti e mandati perché diventassimo i più numerosi! Ci ha chiamati per una missione. Ci ha messo nella società come quella piccola quantità di lievito: il lievito delle beatitudini e dell’amore fraterno nel quale come cristiani ci possiamo tutti ritrovare per rendere presente il suo Regno”. Rendere presente il Regno è, a mio avviso, fare ciò che esso significa, cioè amare il prossimo, non innalzare gagliardetti.

Valutando il modo in cui il mondo delle religioni ha recepito la dichiarazione il gesuita Laurent Basanese ha ricordato che “i radicalismi, siano essi religiosi o meno, sono basati sulla non conoscenza dell’altro, sull’ignoranza dell’altro, sull’ignoranza in generale. La ‘co-conoscenza’ è una negazione di tutte le forme di radicalismo”. E cita importantissime e chiarissime parole del rabbino Ronald S. Lauder, presidente del Congresso ebreo mondiale: “A nome della comunità ebrea mondiale, posso dirvi che la Dichiarazione di Abu Dhabi è un documento internazionale determinante che noi, ebrei, rispettiamo profondamente. Condividiamo i suoi valori fondamentali e approviamo i suoi princìpi fondamentali”. Il cuore dell’iniziativa promossa sarà pedagogico, cioè prosegue padre Bassanese “costruire una nuova alleanza tra scuola, famiglia e le migliori energie delle società, sia religiose sia civili, per mettere al centro lo sviluppo integrale della persona e la custodia del creato. Questo è infatti l’obiettivo del grande evento mondiale che si terrà in Vaticano il 14 maggio 2020 sulla necessità di ricostruire il patto educativo globale”. Infatti  “il punto di svolta avviene quando qualcosa che l’altro dice mi fa capire improvvisamente che dietro il suo modo di pensare sta operando un altro paradigma, del tutto diverso dal mio, ma che in realtà rivela profondi elementi in comune con il mio”.

Il volume, dopo un ampio supporto con documenti, testi e discorsi, offre testimonianze decisive, come quella del teologo musulmano Adnane Mokrani, che coraggiosamente scrive: “L’insegnamento del Papa sull’Islam gli ha dato una grande credibilità tra i musulmani, soprattutto per quelli che lavorano nel campo del dialogo, ma anche tutti quelli che si sono sentiti offesi e umiliati dalla confusione creata dal terrorismo e sfruttata dalle destre populiste in tutto il mondo”.  Sorprende ciò che meno conosciamo. Il sikh Harvinder Singh della sua fede dice “che ha cercato di portare avanti i valori di fratellanza ed evitare inutili violenze religiose inserendo ad esempio nel Guru Granth Sahib Ji, Testo Sacro Sikh, pensieri e parole di poeti e filosofi affiliati a denominazioni religiose differenti tra loro”.

Imprescindibile però è il citato rabbino Ronald S. Lauder:  “In primo luogo, dobbiamo contrastare l’odio. Il razzismo è assolutamente inaccettabile. Dobbiamo sradicarlo. L’antisemitismo è assolutamente inaccettabile. Dobbiamo eliminarlo. L’islamofobia è assolutamente inaccettabile. Dobbiamo cancellarla. Gli attacchi contro le comunità e i fedeli cristiani sono assolutamente inaccettabili. Dobbiamo fermarli – ed evitare che si verifichino di nuovo. Ma la campagna contro il razzismo, l’antisemitismo, l’islamofobia e gli attacchi anti-cristiani sarà molto, molto più efficace se restiamo uniti. I cristiani dovrebbero difendere ebrei e musulmani. I musulmani dovrebbero difendere ebrei e cristiani. Gli ebrei dovrebbero difendere musulmani e cristiani. E tutti, insieme, dobbiamo opporci al razzismo. Gli orribili episodi di Christchurch, della Nuova Zelanda, dello Sri Lanka e di Pittsburgh devono servirci come avvertimenti. Questi impongono a tutti noi di accettare la sfida – di unirci e di dare il massimo per vincere la battaglia contro l’odio. In secondo luogo, dobbiamo salvaguardare la libertà di culto”.

Torniamo alle sorprese. L’induista Svamina Hamsananda Ghiri mette nero su bianco: “Nelle sacre Scritture indù si legge che in quest’epoca, denominata ‘kali-yuga’, in cui prevalgono il male e il declino della giustizia, della spiritualità,̀ della devozione e dell’altruismo, degno di lode è quel ricercatore che adora il Signore con amore. Di fronte alle avversità, non bisogna perdere la speranza e gettarsi nella disperazione. La via giusta consiste nell’agire sostenendo il dharma, l’interrelazione tra gli esseri. L’essenza del dharma è la disponibilità senza riserve a servire gli altri”.

E la buddhista Elena Seishin Viviani: “Purtroppo l’affermazione secondo cui le religioni non siano sempre state vie di pace è un dato di fatto incontestabile storicamente: dalle guerre di religione, ai nefasti effetti derivanti dal concetto di guerre ‘giuste’, dove lo stesso ricorso alle armi da parte dei fedeli è legittimato ‘purché non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare’, fino ai fondamentalismi attuali, ‘la versione armata e agguerrita delle religioni, capace di condizionare il quadro geopolitico e di minare la convivenza democratica’, vede coinvolte come protagoniste le principali religioni del pianeta, Buddhismo incluso naturalmente. Alla base di molti dei conflitti generati e giustificati dalle religioni sembrerebbe esserci quella che Habermas ha definito la ‘strategia di immunizzazione’, adottata non solo nell’ambito delle religioni, ma anche in quello delle teorie scientifiche, per cui ognuna di esse tende a dire di avere la Rivelazione assoluta. In questo modo, la religione si immunizza rispetto a chiunque voglia obiettare qualcosa in merito alle sue verità”. Queste testimonianze aiutano a capire quanto il pluralismo della co-conoscenza e non dell’ignoranza possa aiutare a cambiare i propri paradigmi.

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