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Operazione Giorgetti. Così la Lega indossa la veste di governo

“Va bene la ricerca del consenso, ma serve anche la ricerca politica”. Giancarlo Giorgetti esordisce così dall’Hotel Massimo D’Azeglio di Roma. Il numero due della Lega apre una due giorni di convegno, “Avere un domani. Riflettere per progettare un futuro umano”, organizzato dal Carroccio assieme all’associazione “Destra liberale”. Scienziati, filosofi, parlamentari sono raccolti a parlare, come annuncia il titolo, di futuro. Lì si vuole proiettare la Lega, a disegnare, recita il depliant, “ciò che non c’è ancora, che ancora non esiste, ma che giorno per giorno ci immaginiamo, facendo progetti, temendo pericoli e cullando aspettative”.

Un pubblico di età un po’ avanzata accoglie trepidante l’ex sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio. Dalle casse che fanno capolino dalla moquette risuona metallica una compilation d’altri tempi. La campana di San Giusto, Va’ Pensiero, infine l’Inno di Mameli, che i convegnisti cantano in piedi, mano al petto. Giorgetti è affiancato da Giuseppe Basini, senatore e volto della vecchia guardia leghista. “Lui – dice Basini indicando il vicesegretario federale – è l’anima di un modo di pensare della Lega, quello di governo, anzi quello del buon governo”. Giorgetti rilancia: “Dobbiamo poggiare il consenso di oggi su fondamenta solide”. La cultura, ad esempio. La kermesse romana non cerca il clamore mediatico, ma lancia un segnale all’esterno. La Lega vuole governare, e per farlo deve affiancare al movimento di lotta un movimento di pensiero, apertura, dialogo con il mondo conservatore, e non solo.

Giorgetti è il timoniere indiscusso dell’operazione. In quest’ottica va letta la sua proposta, lanciata dalle colonne del Foglio, di un ritorno al Mattarellum. Un sasso nello stagno del dibattito sulla legge elettorale, alla vigilia del verdetto della Corte Costituzionale sul referendum leghista per il maggioritario “all’inglese”. Anche il Mattarellum è maggioritario, ma ha qualche carta in più della legge di Roberto Calderoli: garantisce un ritorno al bipolarismo che può ricompattare il centrodestra, e soprattutto ha un nome inattaccabile, quello dell’attuale inquilino del Quirinale.

La Lega, insomma, guarda al futuro. Futuro prossimo, sperano a via Bellerio, se è vero che, a prescindere dall’esito del voto in Emilia-Romagna, più di un punto interrogativo pende sulla durata del governo rossogiallo. Meglio allora prepararsi, e volgere lo sguardo al di fuori della segreteria di partito. Una missione che ha la benedizione del leader Matteo Salvini. A Roma Giorgetti lo chiama in causa di continuo, spiegando come al solito che il lavoro di trincea e quello di retrovia convivono alla perfezione. “Gli illuminati del Pd lo deridono perché fa quattro, cinque comizi al giorno, non capiscono che è quello che deve fare un politico, portare le sue idee in mezzo alla gente, confrontarcisi”.

La due giorni romana, messa in piedi assieme ad Arturo Diaconale, direttore dell’Opinione, giornalista di lunghissimo corso, ex Forza Italia, riunisce a via Cavour un nutrito drappello di parlamentari di centrodestra. Qui, a discorrere di Spazio, Intelligenza artificiale, tasse, energia e poi ancora fede, informazione, politica estera e di Difesa, c’è l’occasione per fare le prove tecniche di coalizione. L’idea sotterranea è quella di porre le basi per un terreno culturale che faccia da collante per il centrodestra italiano.

Venticinque anni fa, mutatis mutandis, andò in scena un’operazione non dissimile. Era il 1994, il sistema partitico era stato frantumato da Tangentopoli e c’era un mondo da ricostruire. Pinuccio Tatarella, nume tutelare di Alleanza Nazionale, fu tra i più convinti ideatori del Polo delle Libertà, l’incubatore politico per smarcare la destra dal cantuccio nostalgico in cui era confinata e lanciarla al governo con i moderati e Silvio Berlusconi, per restarci. È questa oggi un’urgenza anche della Lega salviniana. Un partito che naviga nei sondaggi intorno al 30% non può più permettersi di chiudersi in se stesso.

A celebrare la kermesse c’è buona parte dello stato maggiore leghista. Oltre a Giorgetti, Francesco Zicchieri e Claudio Durigon, le menti dietro l’organizzazione delle truppe a Roma, in attesa della battaglia per il Campidoglio nel 2021. Il presidente del Copasir Raffaele Volpi, l’ex viceministro al Mef Massimo Garavaglia, Claudio Borghi, Riccardo Molinari e l’attivissima europarlamentare Cinzia Bonfrisco. Dal mondo di Fratelli d’Italia l’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata e Guido Crosetto, presidente dell’Aiad, il senatore e membro Copasir Adolfo Urso, e assieme a loro gli azzurri Giorgio Mulè e Maurizio Gasparri, l’ex Dc Rocco Buttiglione.

Con loro la Lega apre le porte anche alla società civile. Fra i relatori spunta Giuseppe Vegas, già numero uno della Consob, oggi professore di Economia alla Cattolica. Il filosofo Corrado Ocone, il professore di chimica e scettico dei cambiamenti climatici Franco Battaglia, l’analista geopolitico Carlo Pelanda.

In fondo c’è anche il nome di Geoffrey Van Orden, europarlamentare britannico, presidente della piattaforma conservatrice New Direction e tra i leader dei Conservatori europei. Con quella famiglia politica, aveva anticipato a Formiche.net l’ex ministro leghista Lorenzo Fontana, la Lega starebbe meditando un gruppo unico a Strasburgo. L’idea non dispiace ai leader dei Conservatori e riformisti (Ecr), ma ci sono delle condizioni. Le ha dettate oggi il copresidente polacco Ryszard Antoni Legutko: “Se Matteo Salvini si unisce a noi deve avvenire con il sostegno di Fdi”. Giorgia Meloni ci aveva visto lungo. Ha aderito da un anno al gruppo conservatore, e ora dà le carte. Da lei il Carroccio deve passare per abbandonare l’angolo sovranista in Ue.

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