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Sulla Gregoretti tutti d’accordo. Salvini si difende ma il governo (oggi) la pensa diversamente

Matteo Salvini ha perfettamente ragione: tutte le scelte politiche in materia di immigrazione sono state condivise dall’intero governo Conte I e quindi il voto della Giunta delle immunità del Senato sulla richiesta di autorizzazione a procedere per il caso della Nave Gregoretti della Guardia costiera a suo giudizio dovrebbe avere lo stesso esito di quello sulla Nave Diciotti, respingendo la richiesta: email, richieste di ricollocamento di migranti all’Ue, perfino interviste dimostrano che il Movimento 5 Stelle e il presidente del Consiglio condividevano quelle scelte. I due casi sono sovrapponibili, sostiene l’ex ministro dell’Interno, e il Senato negò l’autorizzazione a procedere per la Diciotti il 20 marzo 2019. Poi però è cambiato il governo.

È significativo che nella memoria difensiva inviata dal senatore Salvini alla Giunta in vista del voto previsto (finora) per il 20 gennaio l’ex ministro fornisca una dettagliatissima ricostruzione precisando nelle prime righe che non entra “nel merito di quello che è il substrato del reato contestato”. Non si discuta dunque se c’è stato o meno un sequestro di persona nei confronti di 131 persone bloccate a bordo per alcuni giorni nel porto di Augusta, ma se è vero o non è vero che fossimo tutti d’accordo. Per dimostrarlo, oltre ai particolari del salvataggio dei migranti raccolti da una motovedetta della Guardia costiera e da un pattugliatore della Guardia di Finanza e poi trasbordati sulla Gregoretti, allega otto email e altri documenti tra i quali un estratto del contratto di governo.

Nel sottolineare la condivisione delle scelte, Salvini ricorda anche il punto centrale della sua politica di sicurezza scrivendo che “la gestione, il monitoraggio e il controllo dei flussi migratori appaiono strettamente connessi all’interesse nazionale, sussistendo anche chiari profili attinenti all’ordine e alla sicurezza pubblica, nonché alla sicurezza della Repubblica”. Il rischio che i flussi migratori non possano essere sottovalutati sul fronte della minaccia jihadista, aggiunge Salvini nella memoria, fu anche sottolineato dal direttore generale del Dis (che era Alessandro Pansa) il 13 giugno 2018 nella riunione del Comitato nazionale dell’ordine pubblico.

L’ex ministro chiama in causa direttamente Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede, riportando loro dichiarazioni del 30 e 31 luglio 2019 sul fatto che l’Europa dovesse farsi carico dei migranti, e anche Giuseppe Conte ricordando l’informativa sul caso Diciotti del 12 settembre 2018 in cui il presidente del Consiglio rilevò “la sussistenza di un preminente interesse pubblico, rappresentato dalla salvaguardia dell’ordine e della sicurezza, che sarebbero stati messi a repentaglio da un incontrollato accesso di migranti nel territorio dello Stato”.

Di Maio ha spiegato il voto favorevole all’autorizzazione a procedere sostenendo che il caso Gregoretti fu un fatto di propaganda da parte di Salvini mentre sul caso Diciotti erano tutti d’accordo mentre Conte durante la conferenza stampa di fine anno disse curiosamente che avrebbe “verificato il ruolo avuto”. Il cambio di governo ha cambiato le prospettive: Salvini da amico è diventato un acerrimo nemico e oggi il voto della Giunta sembra essergli sfavorevole, salvo sorprese in quello definitivo dell’Aula di Palazzo Madama. Molto più che nel caso Diciotti, è perfino sorprendente che un’accusa così grave come quella di sequestro di persona contestata dal Tribunale dei ministri di Catania passi in secondo piano e ci si limiti a un braccio di ferro: hai fatto tutto da solo; no, eravamo tutti d’accordo. Sembra ingenuo dover ricordare che una più che legittima linea politica che ponesse, o ponga, un freno all’immigrazione potrebbe essere attuata senza dare adito a dubbi sulla liceità o meno delle scelte.

Anche perché a ogni scontro politico e mediatico, con divieti di ingresso nelle acque o con ipotesi di sequestro di persona, con Salvini al Viminale alla fine sono sbarcati tutti in Italia con una o due eccezioni. Un tira e molla feroce per arrivare ad accordi di ricollocazione che è quanto sta avvenendo oggi senza polemiche. L’estate scorsa il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, riferì di un colloquio avuto con Salvini al vertice di Helsinki: “Matteo, che senso ha questa procedura se poi alla fine la gente sbarca?”.

Gregoretti – Memoria e allegati

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