L’Italia cala il jolly per ricostruire la sponda con gli Stati Uniti sulla crisi mediorientale. Dopo aver accompagnato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a far visita allo Stato maggiore dell’Esercito, il ministro Lorenzo Guerini ha raggiunto oggi telefonicamente il capo del Pentagono Mark Esper. È il primo colloquio ufficiale a livello governativo tra Roma e Washington dopo l’uccisione di Qassem Soleimani, e rinsalda un asse prezioso per la Penisola negli sconvolgimenti ai nostri confini. “La decisione dell’Italia di mantenere le forze a Baghdad è importante, dimostra la determinazione e l’impegno italiani per la stabilità irachena”, scrive infatti via Twitter Esper ringraziando Guerini.
IL RUOLO DI GUERINI
A ventiquattro ore dal raid americano contro Soleimani, il segretario di Stato Mike Pompeo aveva parlato con gli omologhi di Regno Unito, Francia e Germania. Non con l’Italia, che assisteva così alla sua marginalizzazione, frutto di una politica estera considerata da esperti e osservatori davvero troppo inconsistente, proprio come sulla Libia. Le carte da giocare comunque c’erano, e (come notato da Formiche.net) risiedevano tra Difesa e Quirinale, a partire da un impegno militare nell’area secondo solo agli stessi Stati Uniti. Il ministro Guerini era stato d’altra parte tra i primi esponenti dell’esecutivo a intervenire dopo l’uccisione di Qassem Soleimani. Prima l’innalzamento delle misure di sicurezza per i contingenti impiegati all’estero, poi la sospensione della attività di addestramento, con la conferma però del prosieguo della missione, sulla stessa linea della Nato. Ora arriva anche l’attesa sponda con gli Stati Uniti, nella telefonata con il numero uno del Pentagono.
LA TELEFONATA
“Una scambio articolato e franco sugli sviluppi in Iraq”, spiega in una nota palazzo Baracchini. Da Guerini è stato ribadito l’appello alla “moderazione”, arrivato già ieri da Bruxelles durante il Consiglio Nord Atlantico convocato d’urgenza dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. La priorità italiana, ha spiegato il ministro al collega Esper, sono “la stabilità della regione e dell’Iraq, e la necessità di mettere in atto ogni sforzo per preservare i risultati della lotta a Daesh conseguiti in questi anni”. Da qui, la necessità di “poter continuare l’impegno della Coalizione anti–Daesh, all’interno di una cornice di sicurezza per i nostri militari”. Da parte sua, il segretario americano alla Difesa ha espresso apprezzamento per l’impegno italiano e per la conferma di restare sul campo, seppur nel corso di un parziale ridislocazione della coalizione al di fuori di Baghdad confermata dallo Stato maggiore della Difesa.
LA MISSIONE IN IRAQ RESTA
Nei dettagli le specifiche più rilevanti: non si abbandona l’Iraq, visto che altre potenze sembrano interessate ad allungarvi le mani. Difatti, spiega lo Stato maggiore italiano, “la pausa delle attività addestrative e l’eventuale ridislocazione dei militari italiani dalle zone di operazione irachene rientra nei piani di contingenza per la salvaguardia del personale impiegato”. Di più, “non rappresentano un’interruzione della missione e degli impegni presi con la coalizione ma sono solo dipendenti dalle misure di sicurezza adottate”, tra l’altro decise “a livello di coalizione internazionale in coordinamento con le varie nazioni partner”.
IL COORDINAMENTO CON GLI ALLEATI
Ora il focus è sulla stabilizzazione degli impegni. Oltre ai mille militari presenti in Iraq, ce ne sono altrettanti in Libano (nella zona dominata da Hezbollah) e circa 800 in Afghanistan, nell’area di Herat al confine con l’Iran. Da qui l’invito di Guerini a Esper: c’è “necessità di un momento di coordinamento, efficace e tempestivo, oltre che sul piano operativo miliare, già in atto, in termini di riflessione congiunta tra i partner più impegnati della coalizione”. Un invito che il capo del Pentagono pare aver colto. Il segretario Esper, spiega ancora la Difesa italiana, “ha condiviso l’importanza di lavorare insieme, affinché non si disperdano i risultati raggiunti attraverso lo sforzo collettivo che la Coalizione e i partner hanno sostenuto in questi anni nel contrasto al terrorismo”.
QUELLA PREVISIONE DI VECCIARELLI
L’intesa con Washington in questa direzione è determinante. Pare infatti drammaticamente realizzarsi la previsione fatta lo scorso novembre dal capo di Stato maggiore della Difesa Enzo Vecciarelli. Nel corso di un evento al Centro alti studi Difesa (Casd), il generale sintetizzava in un’immagine (poi condivisa da Guerini) il contesto ai confini dell’Italia: “Il nostro Paese siede su un baratro ai cui piedi si trovano tre polveriere pronte a esplodere: Balcani, Medio Oriente, Nord Africa e Sahel; dobbiamo decidere se vogliamo che esplodano facendoci saltare tutto, o se non sia meglio scendere nel baratro, sporcandoci le mani ma disinnescando le polveriere”. Due delle tre polveriere sembrano ormai essere già esplose, e la sponda con gli Usa è davvero irrinunciabile.