TikTok è l’app del momento: in soli tre mesi, da settembre a novembre, nel nostro Paese ha triplicato la sua audience passando da 2,1 milioni di utenti unici a 6,4 milioni secondo le rilevazioni della società ComScore: “Un incremento del +202% che rappresenta la più alta crescita nel panorama internet italiano”. Piace a tutti: ai più giovani ma anche alle mamme e ai politici. Tuttavia, dopo le autorità statunitensi, anche quelle italiane vogliono approfondire il legame tra l’app e il governo cinese.
A rivelarlo è oggi Il Messaggero che spiega come i membri della maggioranza che fanno parte del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, abbiano chiesto – ottenendo il via libera al procedimento da parte del presidente, il leghista Raffaele Volpi – di “verificare l’uso che il governo della Cina fa dei dati sensibili degli utenti italiani iscritti su TikTok”. Si metteranno al lavoro tramite istruttori l’Agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna (Aise) e il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis).
In ballo, è stato rimarcato dai parlamentari che compongono l’attuale maggioranza, c’è “la sicurezza dei nostri dati, intesa come Paese, che finiscono nella disponibilità del governo cinese visti gli accordi che ha con TikTok. Dunque non si tratta di una banale questione di privacy”. Per due ragioni. La prima: come abbiamo raccontato alcuni giorni fa su Formiche.net, l’app non è nuova a falle dell’infrastruttura che la rendono vulnerabile agli hacker. La seconda: come spiega Il Messaggero, TikTok è cinese ed è “tenuta a riferire al governo i dati degli iscritti: foto e video finiscono in un database a disposizione della autorità politiche”, il tutto sulla base della legge sull’intelligence cinese approvata a metà 2017, la cosiddetta National Intelligence Law.
A inizio dicembre, il presidente del Copasir Raffaele Volpi aveva spiegato di trovare inquietante“la profilatura dei dati del cliente”. Adesso anche in Occidente e in Italia è approdato TikTok, “è di produzione cinese come app e i giovani la utilizzano ma è stata inventata dal governo cinese per la profilatura dei giovani cinesi”.
Come sul caso del 5G i primi a muoversi sono stati gli Stati Uniti, il cui esercito ha vietato l’uso di TikTok ai propri soldati considerando il social una cyber-minaccia. A novembre, il Comitato per gli investimenti esteri negli Stati Uniti (Cfius), che esamina le acquisizioni straniere di aziende americane per motivi di sicurezza nazionale, ha avviato un’inchiesta sull’accordo di due anni fa che ha portato musical.ly all’acquisizione da parte della cinese ByteDance, proprietaria del popolare social media. Qualche giorno prima anche il Senato di Washington aveva deciso di accende un faro sull’app cinese.
E come sul caso del 5G, l’Italia si muove sulla scia degli Stati Uniti. Al centro delle preoccupazioni espresse dal Copasir in merito all’infrastruttura digitale del futuro all’interno di rapporto di dicembre il legame tra le aziende cinesi e il governo di Pechino. Lo stesso Comitato è deciso ad approfondire anche i rischio di scalate ostili dall’estero delle aziende strategiche dell’economia nazionale partendo dal settore più delicato, cioè quello di banche e assicurazioni, come raccontava alcuni giorni fa Il Sole 24 Ore.
Se l’avvertimento sul 5G è arrivato su sollecitazione dell’opposizione, la verifica su TikTok è una richiesta della maggioranza, in particolare del ramo democratico. Sembra tutto pronto per una decisione del governo che vada nel senso di restringere le maglie sulla possibilità di ingressi cinesi.