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Occhio, l’Iran in sei mesi si fa l’atomica. L’escalation in Iraq vista da Kroenig

Capodanno di tensioni a Baghdad. L’assalto all’ambasciata degli Stati Uniti nella capitale irachena da parte delle milizie filo-iraniane in rappresaglia dei raid americani di questa domenica rischia di innescare una pericolosa escalation. Questa volta però, spiega a Formiche.net Matthew Kroenig, senior fellow dell’Atlantic Council e professore alla Georgetown University, lo scontro è tutto fra Stati Uniti e Iran. C’è una sola miccia che può far deflagrare una guerra per procura in uno scontro aperto, dice l’esperto, in libreria con “The Return of Great Power Rivarly” (Oxford University Press): una bomba nucleare, e all’Iran “bastano sei mesi per fabbricarne una”.

Kroening, siamo all’inizio di una nuova fase dell’impegno americano in Iraq?

Chiariamo subito un equivoco. Non stiamo parlando di proteste della popolazione irachena contro gli Stati Uniti ma di manifestazioni sponsorizzate dall’Iran e in particolare dalla Forza Quds del generale Qasem Soleimaini. C’è la sua milizia dietro l’attacco all’ambasciata americana a Baghdad e dietro la guerra per procura fra Stati Uniti e Iran, non la politica irachena.

Però anche il premier Mahdi ha criticato i raid americani.

È vero, il governo ha condannato la violazione dello spazio aereo. Ma questo non trasforma un’aggressione all’ambasciata americana telecomandata da Teheran in una naturale insurrezione degli iracheni. È stata una rappresaglia militare.

C’è l’impressione che comandino le milizie e non il governo iracheno?

Questo in effetti era uno dei timori più diffusi a Washington DC quando l’amministrazione Obama decise di diminuire le forze in Iraq spianando la strada alla presenza iraniana a Baghdad.

Timori fondati?

Due settimane fa finalmente la realtà è venuta a galla, con la pubblicazione di documenti riservati che dimostrano quanto in profondità sia penetrato l’Iran nelle maglie del governo iracheno, con centinaia di alti ufficiali a libro paga dei Servizi segreti di Teheran.

Ci sarà un’escalation militare?

Temo che siamo ancora ben lontani dalla fine di questa guerra per procura. Quest’estate Trump ha dimostrato prudenza. Quando l’Iran ha assalito e sequestrato una petroliera britannica, abbattuto un drone americano e attaccato i pozzi sauditi Trump avrebbe potuto ordinare un attacco militare e invece ha preferito evitare un’escalation.

E adesso?

Sarebbe un grave errore scambiare la prudenza per debolezza. I raid in Iraq e Siria dimostrano che il governo americano è pronto a usare la forza contro l’Iran se necessario.

Uno scontro frontale?

C’è solo una miccia che può far deflagrare una guerra frontale fra Stati Uniti e Iran: il programma nucleare iraniano. Il governo di Hassan Rohani ha rotto per primo l’accordo sul nucleare (Jcpoa, ndr). Oggi, secondo fonti di intelligence, all’Iran bastano sei mesi per costruirsi una nuova bomba nucleare. E Trump ha già messo in chiaro che non esiterà a intervenire con la forza per fermarlo.

L’Iran potrebbe non essere solo. Avrà notato l’esercitazione militare nel Golfo dell’Oman con Cina e Russia.

L’esercitazione dimostra che oggi Russia, Cina e Iran devono fare i conti con una sfida comune: gli Stati Uniti e i loro alleati democratici, assieme all’ordine mondiale che hanno costruito dal 1947. Sono piuttosto scettico sulla possibilità di un’alleanza strutturale e duratura fra questi tre Paesi, perché fatta eccezione per il sentimento anti-americano hanno molti interessi divergenti nella regione.

Quindi un intervento diretto di Mosca è da escludere?

Direi di sì. La Siria, non l’Iraq, è l’area di massimo interesse strategico per la Russia in Medio Oriente, e l’unico dove Mosca sia disposta a investire uomini e risorse. Quello in corso fra Stati Uniti e in Iran non è un semplice gioco di spie ma un vero e proprio conflitto.

Trump pretenderà dagli alleati in Europa un cambio di postura verso Teheran?

Lo ha già fatto. Gli Stati Uniti hanno chiesto a più riprese agli alleati europei di allentare i rapporti con l’Iran e di introdurre condizioni e sanzioni più dure per il rispetto degli accordi sul nucleare. Per il momento gran parte dell’Europa ha opposto resistenza al pressing diplomatico americano.

Perché?

Forse gli alleati dimenticano che l’Iran è il più grande sponsor statale del terrorismo, che ha sviluppato missili balistici in grado di raggiungere il suolo europeo e non è lontano dalla costruzione di un’arma atomica.

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