Il nuovo anno politico è iniziato sotto una stella non proprio buona, se si considerano le notevoli difficoltà che stanno attraversando gli attuali partiti di governo e di opposizione, al cospetto dei venti di guerra che soffiano nel Medio-Oriente. Le vicende che attengono al governo della politica estera, i rapporti con l’Europa e con gli Usa per quanto riguarda i complicati dossier su Libia, Turchia, Iraq, Iran, Siria non godono di buona salute, tanto che l’Italia si trova in una situazione di debolezza, quasi di smarrimento, nei confronti degli storici partner europei e occidentali. A dimostrazione che in circa cinque lustri la politica italiana non ha seguito con impegno dovuto, con necessaria cura le relazioni diplomatiche internazionali, conseguendo risultati miseri dal punto di vista pratico. L’Italia non è stata mai una grande potenza, ma ha avuto sempre esponenti politici capaci di essere interlocutori privilegiati delle più importanti cancellerie internazionali, grazie all’operosa azione di una diplomazia raffinatissima. Questa condizione va recuperata, perché crescendo il prestigio dell’Italia in campo internazionale, sul piano interno il Paese assume capacità di intervento, diventando più sicuro, autorevole.
È necessario agire con lucidità sulla collocazione dell’Italia nello scacchiere internazionale, evitando di considerare l’azione diplomatica residuale rispetto a quella di politica interna. Rapporti più stretti e leali con le cancellerie europee e internazionali tradizionalmente vicine all’Italia porterebbero a definire una identità, allo stato molto confusa. È un punto fondamentale per conquistare rispetto e prestigio dai tradizionali partner.
Per l’ennesima volta governo e opposizioni si stanno confrontando per cambiare la legge per eleggere il Parlamento, anche alla luce della cervellotica riforma che vorrebbe ridurre il numero dei parlamentari. È stato lanciato il cosiddetto Germanicum, intendendo rifarsi al sistema tedesco per riformare il “rosatellum”. Il sistema tedesco applicato in Germania è molto più complesso e articolato di quello che si vuole applicare in Italia, vedremo che ne verrà fuori. C’è aria di indifferenza, di stanchezza vorrei dire di rigetto dei cittadini che si sentono sempre più presi in giro da questi pseudo-partiti che vogliono continuare a imporre l’elezione di amici e di amici degli amici, bloccando l’espressione delle preferenze per candidati graditi. È necessario, per rianimare la nostra democrazia, un sistema di voto proporzionale con preferenze per far emergere una nuova classe dirigente. Basta con guitti, cantastorie, saltimbanchi. C’è bisogno di esponenti politici competenti, capaci che non siano replicanti, autoreferenziali, come è avvenuto negli ultimi cinque lustri, durante i quali le oligarchie dei cosiddetti partiti hanno sempre imposto il loro volere, facendo perdere sempre più credibilità alla buona politica.
La polverizzazione del M5S sta dimostrando in modo evidente che i progetti politici costruiti su terreni friabili non hanno lunga vita. I toni forti e aggressivi dei pentastellati possono anche solleticare le budella di numerosi elettori, ma non bastano. Servono programmi politici in grado di assumere le domande di governo del popolo. Si può strillare, aizzare quanto si vuole, e poi? In politica conta chi offre una speranza non chi strepita. È il limite del M5S che sta vivendo una drammatica e inarrestabile crisi.
La condizione politica dell’Italia, dopo la prima esperienza repubblicana, è stata purtroppo caratterizzata da improvvisazione, confusione, evanescenza, dominata dal berlusconismo parolaio, inconcludente e da un sinistrismo arrogante, presuntuoso, asfittico. Esempi di buona politica esistono nella storia d’Italia, ci vuole solo impegno e tenacia per incontrarli nello studio, nell’approfondimento, nella riflessione, per poi sottoporli all’esame degli elettori. Allora, si parta da qui, dai programmi, che dovranno porre al centro la persona umana coi suoi problemi, le sue difficoltà, le sue domande. La politica deve ritornare a unire, a tenere insieme, a fare sintesi, abbandonando quelle forme estreme vissute nel fumoso e aggressivo bipolarismo da maggioritario.