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Riconciliare popolo ed élite si può. Sacconi spiega come

Gli Amici di Marco Biagi hanno ritenuto di celebrare il venticinquesimo anniversario dalla fondazione dell’Associazione con una riflessione collettiva sui modi con cui riconciliare il popolo e le “sue” élite. Operazione non impossibile soprattutto se queste si generano dal suo seno e non per riproduzione chiusa ed autoreferenziale. Il che significa realizzare innanzitutto un modello di selezione ed accesso ai percorsi formativi fondato sulla parità delle opportunità di partenza, sulla libertà delle scelte educative rispetto ad una pluralità di percorsi e di strutture, su un profondo rinnovamento dei metodi e dei contenuti pedagogici.

Un mercato del lavoro incessantemente transizionale e, più in generale, le complessità della vita chiedono a ciascuna persona di “saper essere” prima ancora che di “saper fare”. Ciò implica modalità di apprendimento che conducano tutti, in base alle vocazioni, alla acquisizione di competenze superiori e ad una formazione integrale qualunque sia la posizione sociale di partenza. La consapevolezza della necessità di spezzare le catene della autoreferenzialità e della difesa corporativa dell’esistente induce ad auspicare un sistema fortemente competitivo, favorito dal superamento del valore legale del titolo di studio e da uno Stato regolatore che valuta tutti i soggetti dell’offerta educativa affinché corrispondano a standard qualitativi. D’altronde, la necessità di una continua evoluzione delle conoscenze e delle abilità implica modalità di certificazione delle effettive competenze acquisite che siano largamente riconosciute.

[…] L’Italia, secondo il premio Nobel Edmund Phelps, ha conosciuto una straordinaria indigenous innovation fino al 1993. Essa è stata fonte di significativi tassi di crescita fino a quella data, mentre nell’epoca successiva i livelli di sviluppo sono stati modesti o nulli. Con il Giappone condividiamo stagnazione e demografia debole. Ma come il Giappone possiamo fare di necessità virtù e così reagire al declino demografico riscoprendo l’innovazione e la produttività attraverso la rimozione dei fattori che le hanno inibite. Il risveglio della attitudine al pensiero lungo, della propensione al rischio nell’impresa e nel risparmio, della efficienza pubblica si potrà generare solo da una politica fortemente orientata dall’antropologia positiva. Il riequilibrio tra i poteri costituzionali, una giustizia giusta e certa, la semplificazione della regolazione degli investimenti, la rivoluzione educativa, le relazioni di lavoro in prossimità, la legittimazione di élite plurali e ancorate al senso comune del popolo sono gli strumenti del possibile ritorno, in modi riveduti e corretti, agli anni migliori della vita della Repubblica, quando uscimmo dalla povertà e dalla sconfitta sentendoci vitali e uniti da un destino comune.

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