Dopo circa dieci mesi di combattimenti, le parti in guerra in Libia si sono incontrate a Berlino – anche se i due leader non si sono visti faccia a faccia. Dalla riunione è uscito un accordo per prolungare un esile cessate il fuoco, grazie a un intenso lavorio diplomatico su cui l’Italia è stata coinvolta direttamente. Un passaggio importante, per cui Formiche.net ha contatto il sottosegretario al ministero degli Esteri Manlio Di Stefano (in quota M5S) per commentare la situazione.
Ieri a Berlino si è trovato, non senza difficoltà, un accordo quadro sulla crisi libica. Un successo diplomatico della Comunità internazionale, facilitato anche dall’Italia. Ora toccherà ai libici: come prevede che verrà assorbita l’intesa in Libia?
Userei la formula “soprattutto dall’Italia” invece che “anche” visto che siamo stati, di fatto, gli unici a crederci anche quando sembrava tutto perso. E siamo stati bravi a convincere tedeschi e francesi che la diplomazia potesse ancora farcela. Ora è tempo di attendere e vedere come reagiscono le fazioni in lotta in Libia, perché una cosa sono gli accordi, altro, purtroppo, la loro attuazione.
Secondo diversi osservatori, l’Italia ha via via perso il pallino del gioco sulla Libia, sebbene si sia in effetti presentata a Berlino con una proposta forte che possiamo riassumere con: stretto coordinamento con gli Usa fuori dal binomio Turchia-Russia e impegno (anche militare) con una missione “occidentale”. Che schema stiamo giocando?
Invéro l’Italia è stata sempre al centro delle dinamiche libiche finché queste non sono scaturite, dopo la Conferenza di Palermo, in nuove ostilità belliche. Da quel momento il quadro è degenerato e c’è voluto del tempo per ricostruirlo con un grande lavoro del ministro Di Maio e del presidente Conte, che hanno preso certamente qualche rischio, ma sono riusciti a trovare una strada concreta da percorrere, quella del massimo coinvolgimento di tutti i portatori d’interesse. Con tanto pragmatismo abbiamo coinvolto pienamente Russia, Turchia e Usa, ma anche tutti i Paesi confinanti con la Libia, dall’Egitto all’Algeria. Questa è stata la chiave di volta.
L’idea della forza di interposizione da inviare in Libia, per cui l’Italia non solo ha fatto la proposta ma s’è messa a disposizione è una presa di coscienza da parte del M5S su come vanno certe dinamiche internazionali, a differenza di alcune traiettorie di disingaggio e/o disinteresse annunciate anche negli anni passati?
Sarò tranchant, una forza di interposizione con noi al governo e il nostro esercito alla guida ci fa stare tranquilli sul perimetro della stessa, in passato non potevamo dire altrettanto. Inoltre abbiamo chiarito minuziosamente le finalità che prospettiamo: controllo dell’applicazione del blocco agli armamenti, mantenimento del cessate il fuoco, protezione dei civili. Il modello è quello della missione in Libano, alla quale infatti non ci siamo mai opposti, dove la guida italiana ha fatto la differenza.
Tornando invece al quadro geopolitico: la crisi libica sembra non potersi sganciare dal dossier EastMed, ossia il sistema geopolitico strutturale che si sta costruendo nel Mediterraneo orientale, che riguarda le risorse energetiche, ma che è anche un elemento di integrazione e cooperazione tra paesi della regione. Dopo Berlino, la cancelliera Merkel incontrerà il presidente turco Erdogan, mentre il presidente francese Macron vedrà il primo ministro greco: sembrano priorità diverse, disposte su due fronti dell’EastMed appunto, e anche della crisi libica. Che ruolo ha l’Italia e dove si colloca?
È chiaro che EastMed non sia solo un progetto energetico anzi, è più un nuovo paradigma geopolitico. Uno scenario che apre a nuove interazioni nel Mediterraneo e che ci vede quindi naturalmente coinvolti. Il nostro approccio è sempre lo stesso, massima apertura al dialogo, ma chiara definizione degli interessi nazionali. In quest’ottica abbiamo ribadito che il progetto di gasdotto in questione non coglie oggi i nostri interessi in quanto non è ancora chiara la sua sostenibilità, seppur se ne colga la valenza in chiave di diversificazione delle fonti energetiche. Valenza che invece ha, per noi pienamente, l’EastMed Gas Forum e i suoi ritorni politici, motivo per il quale siamo fieramente l’unico Paese G7 a farne parte. Il ruolo dell’Italia, e con esso quello delle nostre aziende dell’energia, passa soprattutto dalla capacità che avremo di proiettarci nel Mediterraneo.