Skip to main content

Putin sacrifica il delfino Medvedev in nome delle riforme

I tempi degli annunci sono così ravvicinati che sembra impossibile non fossero pianificati. Dopo che il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto il suo sedicesimo discorso all’Assemblea federale di Mosca da quando è presidente annunciando una serie di riforme che toccano anche l’ordinamento del Paese, il suo governo ha annunciato le dimissioni. Il premier Dmitri Medvedev, ha spiegato Putin, verrà nominato vice (carica creata ad hoc) del Consiglio di sicurezza presidenziale, un organo che fa capo al presidente e il cui segretario oggi è Nikolai Petrushev, ex capo dell’Fsb. Putin, inoltre, ha ringraziato il premier uscente per il suo lavoro e ha chiesto al governo dimissionario di continuare a lavorare finché non sarà formato il nuovo esecutivo.

Economia, sicurezza e riforme costituzionali sono i punti chiave dell’intervento del presidente russo, come abbiamo raccontato: il numero uno del Cremlino ha voluto iniziare prendendo il toro per le corna e parlando della situazione economica del Paese, promettendo provvedimenti in breve tempo che aiutino soprattutto le fasce più disagiate. Ma dopo aver dedicato una parte del suo intervento alla sicurezza sociale difendendo le nuove leggi su internet, definite liberticidi dagli attivisti per i diritti umani, Putin si è concentrato sulla Costituzione. Ha annunciato di voler indire un referendum per modificare la Carta per affidare più poteri alla Duma, il Parlamento russo. Il Sole 24 Ore fa notare che quindi, “spetterà alla Duma, e non più al presidente, nominare il primo ministro e confermare il governo che al Parlamento risponderà”. Tuttavia, continua il quotidiano finanziario, “resta da capire quale ruolo esatto Putin sta immaginando per se stesso, figura con ancora in mano le leve del potere ma in una posizione diversa: capo di un partito, segretario del Consiglio di Stato, ‘padre della nazione’”?

C’è tempo per questo, visto che il mandato di Putin scadrà nel 2024. Diverso è invece il discorso per Medvedev. Secondo Michael Carpenter, ex consigliere del presidente statunitense Barack Obama e oggi direttore del Penn Biden Center oltre che senior fellow dell’Atlantic Council, il premier Medvedev “si è dimesso dopo aver completamente perso tutta la sua autorità nel branco di lupi che governa la Russia”, ha scritto su Twitter. E ancora: “I ministri e gli oligarchi lo consideravano un’anatra zoppa e uno zimbello. Putin ovviamente si è reso conto che la situazione era insostenibile”.

Sempre via Twitter, Mark Seddon, corrispondente da Mosca del Financial Times (il cui direttore Lionel Barber ha commentato gli ultimi fatti russi con un “Putin modello Xi”), sottolinea che “l’uscita di Medvedev libera Putin dal suo miglior capro espiatorio. È diventato uno zimbello facendo spazio al ritorno di Putin e si diceva sempre che fosse sul punto di venire cacciato per placare la rabbia legata all’economia”.

Oggi le dimissioni di Medvedev, che dal 2008 scambiava con Putin i ruoli di premier e presidente, suonano come una bocciatura. Tuttavia, ci sono due elementi da tenere in considerazione, anche in attesa di conoscere il nome del suo successore. Primo: la Russia sta vivendo un’importante fase di cambiamento e di passaggio, per questo è assai probabile che anche il prossimo premier sia piuttosto debole. Secondo: Medvedev conosce bene la macchina statale, che frequenta da oltre vent’anni, e darlo per finito potrebbe essere un grave errore. Anche perché non ha neppure 55 anni.



×

Iscriviti alla newsletter