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Papa Francesco e Trump. Il prof. Faggioli spiega la visita di Pence in Vaticano

Pence in Vaticano? Non dico che cerca una photo opportunity, ma punta di certo a consolidare la sua posizione. L’udienza con Bergoglio? Impossibile scorgere segnali positivi o negativi ma… Docente alla Villanova University di Philadelphia, dove è rientrato da pochi giorni dall’Australia dove è consulente della Conferenza Episcopale, il professor Massimo Faggioli è convinto che la nomina arrivata proprio in queste ore del nuovo arcivescovo di Philadelphia indicherà un cammino, vista la giovane età del prescelto. Di Nelson Perez sottolinea che “fu nominato vescovo da Benedetto XVI e che sostituisce un uomo molto importante nella Chiesa americana come Charles Chaput”. Il nuovo arcivescovo però ha un profilo che già molti media definiscono diverso da quello del suo predecessore, che è stato associato alla famosa “culture war”.

E questo accade nelle ore in cui il vice-presidente degli Stati Uniti, Mike Pence, ritenuto un esponente politico vicino al campo della “culture war” sta per raggiungere il Vaticano, dove con ogni probabilità sarà a colloquio sia con Papa Francesco sia con il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin. L’udienza, secondo Faggioli, “è perfettamente nello stile e nello spirito di Francesco, che parla con tutti per scelta. Il suo metodo è questo, impossibile scorgere segnali positivi o negativi. Ma certo giungendo Pence in Vaticano dal Medio Oriente, non si può escludere che il tema possa entrare nello scambio d’opinioni”.

Le notizie riferiscono però che Pence intenda affrontare in Vaticano la questione dei diritti umani e la questione Cina, anche alla luce dell’accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi firmato dalla Santa Sede con il governo di Pechino. “Premetto che tutti riconoscono che l’accordo provvisorio per gli Stati Uniti è un fattore ritenuto di disturbo. Questo è noto. Come è abbastanza chiaro che dire diritti umani e dire Cina per Washington è dire pressoché la stessa cosa. Per loro è difficile capire il Vaticano e la logica di un accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi. Il fatto vero, a mio avviso, è che gli Stati Uniti vivono una sindrome da declassamento, questo lo si percepisce anche nei toni della campagna elettorale, nei vocaboli che vengono prescelti, e la Cina è parte cruciale. Può dunque essere possibile che il presidente abbia affidato al suo vice un dossier di questo peso, ma ciò che salta agli occhi è altro”.

E ciò che salta agli occhi del professor Massimo Faggioli è che i viaggi dei leader americani in Vaticano restano viaggi incastonati, incastrati tra altre tappe. È stato così con la visita di Trump, è stato così con la visita del Segretario di Stato Mike Pompeo, è così oggi con la visita di Pence.

“La scelta comunque non credo che sia collegabile con l’impeachment, ma con il futuro di Pence sì. Se non si tratterà del futuro politico in questo 2020, che non penso porterà all’esclusione di Trump dalla corsa per la Casa Bianca, sarà in vista del 2024. Un futuro al quale Pence non può non pensare. Si tenga conto che Trump è il primo presidente a intervenire alla marcia del movimento anti-abortista. Non lo aveva fatto Reagan, non lo aveva fatto Bush. Pence rappresenta un’anima all’interno del complesso mondo dell’amministrazione americana. Ed ha un futuro politico. A differenza di Gingrich, a differenza di Pompeo, è un leader di oggi che può guardare al domani, per ruolo e per motivi anagrafici. Non dico che cerca una photo opportunity in Vaticano, ma di consolidare una posizione che ne fa l’esponente che rappresenta più di altri la tradizione repubblicana nell’odierno Grand Old Party. Roma è un crocevia che chi ha un’agenda così e pensa al futuro da leader che ha scelto di combinare religione e politica nel suo percorso non può non considerare importante”.

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