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Perché dico sì a Sophia (ma con regole diverse). Parla Bonfrisco (Lega)

“L’Europa dovrebbe finalmente ammettere che le scelte francesi del 2011 hanno provocato un disastro e oggi riconosca all’Italia un ruolo guida in Libia”. Cinzia Bonfrisco, europarlamentare della Lega, è scettica sulla riuscita della conferenza di Berlino ma, a titolo personale, dice che si può ragionare sul rilancio dell’Operazione Sophia a patto che si cambino le regole d’ingaggio: gli sbarchi di migranti non devono più avvenire solo in Italia.

Di fronte a un’oggettiva debolezza dell’Italia, come dovrebbe concretizzarsi un impegno diretto europeo?

Innanzitutto non delegando sempre ad altri le proprie responsabilità e l’Europa di responsabilità nel Mediterraneo ne ha parecchie. È evidente che il nostro Paese è quello che meglio di chiunque altro può esercitare un ruolo. Va sempre ricordato che ci troviamo in questa situazione per le scelte del 2011, soprattutto francesi, che hanno portato a un disastro. L’Italia deve guidare questo processo e, con il sostegno dell’Ue, deve avere la delega sulla Libia per difendere i confini dell’Europa.

Si torna a parlare dell’Operazione Sophia: se venissero cambiate le regole d’ingaggio della missione navale, per le quali oggi gli sbarchi degli eventuali migranti soccorsi devono avvenire solo in Italia, la Lega sarebbe d’accordo nel farla ripartire a pieno regime per far rispettare l’embargo delle armi alla Libia e per il controllo dei traffici illeciti?

Su questo esprimo una posizione personale: il giorno in cui l’Europa prende atto che le furbizie di scaricare sull’Italia tutti i disastri, grazie a governi compiacenti, sarebbe utile trovare motivi di dialogo e di condivisione. Se ci si siede attorno a un tavolo partendo dal presupposto che l’Italia non deve pagare il prezzo di ondate migratorie fuori controllo, penso che tutto sia ragionevolmente discutibile.

Sarebbe utile un impegno militare italiano a sostegno della diplomazia?

L’Italia già oggi è tra i principali contributori nelle missioni internazionali. Detto questo, ricordo che il presidente Fayez al Sarraj aveva chiesto all’Italia un aiuto militare, non gli è stato dato e lui si è rivolto alla Turchia. Abbiamo fatto finta di niente rinunciando a giocare un ruolo.

Crede che la conferenza di Berlino sulla Libia sarà più concreta delle precedenti?

È il momento di assumersi le proprie responsabilità. La conferenza può riuscire se finalmente l’Europa batterà un colpo, se dimostrerà di essere un soggetto politico che ha a cuore gli interessi di quell’area in nome e per conto di tutti gli Stati membri. Ma se l’Europa balbetta, il nostro governo, tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, ha dimostrato tutta la sua incapacità nel difendere gli storici interessi italiani in Libia.

Visto dall’Italia, il dibattito su questi temi capita in una fase di campagna elettorale molto dura. Non sarebbe utile un impegno bipartisan nell’interesse nazionale?

La disponibilità della Lega per la difesa dell’interesse nazionale c’è tutta. Matteo Salvini è l’unico leader politico in grado di difendere gli interessi dell’Italia che coincidono, in questo caso, con quelli europei. L’Europa dovrebbe dire con chiarezza che l’azione francese del 2011 ha destabilizzato un’area e a pagarne il prezzo sono innanzitutto quelle povere popolazioni e poi l’Italia. Dobbiamo difendere i confini dell’Europa da ondate migratorie frutto di iniziative ricattatorie dell’Erdogan di turno: il presidente turco ha interesse a insediarsi in Libia per esercitare questo tipo di pressione, come fa già sul lato dei Balcani, ed è quanto mai chiaro che i miliardi regalati dall’Europa per volontà della signora Merkel per fermare i flussi dei profughi siriani sono serviti a finanziare le sue guerre. Altro che embargo.

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