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Senza industria il Pil non cresce. Il punto di Di Mario

I DATI ISTAT SULLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

A novembre 2019 nuovo calo su base annua, il nono consecutivo, per l’indice della produzione industriale: l’Istat registra un aumento dello 0,1% rispetto ad ottobre ma con una riduzione tendenziale dello 0,6%. Nella media del periodo gennaio-novembre l’indice ha registrato una flessione dell’1,1% rispetto allo stesso periodo del 2018 mentre nella media del trimestre settembre-novembre la produzione dell’industria mostra una flessione congiunturale dello 0,7%. L’indice destagionalizzato mensile presenta rispetto a ottobre aumenti per i beni strumentali (+0,8%) e i beni intermedi (+0,7%). Variazioni negative registrano, invece, l’energia (-2,1%) e i beni di consumo (-0,2%). Su base tendenziale e al netto degli effetti di calendario, a novembre 2019 si registra una moderata crescita esclusivamente per il comparto dei beni di consumo (+0,8%). Al contrario, una marcata flessione contraddistingue l’energia (-3,9%), mentre diminuiscono in misura più contenuta i beni intermedi (-1,0%) e i beni strumentali (-0,4%). I settori di attività economica che registrano i maggiori incrementi tendenziali sono la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+8,1%), l’industria del legno, carta e stampa (+7,0%) e la fabbricazione di prodotti chimici (+2,9%). Le flessioni più ampie nella nostra industria si registrano nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-5,4%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-5,3%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-4,9%).

UILTEC CHIEDE INVESTIMENTI SU PRODOTTI E INFRASTRUTTURE

”La produzione industriale fatica: per i settori che ci riguardano regge quello chimico, ma segno meno in quello elettrico, tessile e petrolifero. Siamo preoccupati anche per il settore energetico, dato che la crisi internazionale in atto non aiuta”. Così Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec, ha commentato i dati in questione. Quando non cresce la produzione industriale – ha concluso Pirani – arretra la ricchezza nazionale e col Pil che ci ritroviamo siamo il fanalino di coda dei Paesi europei col rischio di contare sempre meno in ambito internazionale. Dobbiamo reagire investendo sui prodotti, sui processi che li realizzano, sulle infrastrutture che reggono il sistema”

ANIE SCORGE UN MARGINE DI TENUTA

“Il nostro settore, che è per definizione portatore di innovazione, è resiliente alle sfide imposte da uno scenario denso di incognite sul fronte interno ed estero. La situazione macroeconomica resta complessa con l’indebolimento della domanda globale e la perdurante stagnazione del mercato interno”. Ad affermarlo è il presidente di Federazione Anie, Giuliano Busetto. Pur in un quadro critico, a novembre nei nostri settori la produzione industriale – rileva Busetto – mostra una maggiore capacità di tenuta. In questa fase delicata occorre ricostruire un clima favorevole alla ripresa attraverso un progetto chiaro e condiviso, che fornisca adeguate certezze alle strategie di sviluppo aziendali. Una marcia in più al risveglio dell’economia può arrivare solo dal continuativo sostegno agli investimenti, in particolare legati alla componente tecnologica che è centrale per rispondere alla transizione elettrica in atto nei settori a valle, primo fra tutti l’automotive. E’ importante in questa fase proseguire e rafforzare il percorso tracciato nella Legge di Bilancio, confermandosi la trasformazione digitale nella manifattura fattore chiave in una agenda economica che metta al centro la crescita”, conclude.

IL GIUDIZIO NEGATIVO DEL CODACONS

L’industria italiana continua a vivere una situazione di crisi e i dati sulla produzione di novembre “sono assolutamente negativi”. Lo afferma il Codacons. “Numeri che non solo appaiono decisamente negativi –commenta il presidente Carlo Rienzi- ma che sono allarmanti per le ripercussioni sul Pil e sull’economia del Paese. L’industria italiana risente dello stallo dei consumi che ha caratterizzato tutto il 2019, e senza una ripresa della spesa da parte delle famiglie i numeri continueranno ad essere deludenti. Il Governo deve adottare misure che portino ad un cambio di rotta, attraverso misure ad hoc per il rilancio dei consumi in Italia”.

L’UNC VEDE UN PAESE CHE VA INDIETRO

“Il Paese arretra. Ennesimo tonfo della produzione, con pericolose ripercussioni sul Pil. L’impercettibile rialzo su base mensile non basta certo a compensare il nono calo consecutivo su base annua o la riduzione dell’1,1% registrata da gennaio a novembre in termini tendenziali”. Lo afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Un quadro sconfortante se consideriamo che non solo si è perso quasi un quinto della produzione industriale rispetto ai valori pre-crisi, dal novembre 2007, infatti, l’industria segna un -19,5%, ma la situazione è peggiorata anche ad appena due anni fa, ossia a novembre 2017, con un gap da colmare del 3,4%. Per i beni di consumo durevoli, poi, la distanza rispetto a 12 anni fa è del 27,3%. Una voragine!”, conclude Dona.

STAGNAZIONE SECONDO CONFCOMMERCIO

Sulla stessa linea il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio. “L’indice di novembre conferma la stagnazione dell’attività produttiva dell’industria italiana –si legge in una nota- Al netto dell’energia il quadro appare meno negativo, con qualche spunto favorevole sui beni strumentali e intermedi. Male i beni di consumo. Eventuale crescita del fatturato reale dei servizi, produttività decrescente e ore lavorate stabili o decrescenti sono le determinanti che permettono di riconciliare i trend recenti e difformi dell’occupazione complessiva e del prodotto lordo”.

CONTRAZIONE PER IL REF

La produzione industriale italiana si mantiene lungo una tendenza di contrazione a fine 2019-inizi 2020. E i dati di novembre, che si assestano in prossimità dei livelli del mese precedente, “indicano che non sono ancora maturi i tempi per una inversione di tendenza”. Si legge in un rapporto del Ref ricerche che annota anche come “diversi indicatori continuano a puntare verso ulteriori diminuzioni”. E questo in un quadro che stima il Pil 2019 al +0,2% su anno dopo una variazione di +0,1% nel quarto trimestre. Tuttavia, prosegue il dossier, emerge qualche segnale che l’attività industriale potrebbe essere prossima al punto di minimo. “Gli ordinativi all’industria e il clima di fiducia delle imprese si sono stabilizzati da alcuni mesi. Fra le tre maggiori economie dell’area euro, quella italiana negli ultimi cinque anni ha fatto meglio delle altre in termini di produzione industriale anche se, a differenza della Francia, ha seguito con una caduta marcata il vero e proprio crollo tedesco, iniziato nel 2018 e riconducibile anzitutto alla crisi dell’auto dopo lo scandalo dei test truccati per le emissioni dei motori diesel”.

PRODI E IL COSTO DEL LAVORO

Oggi, in un’intervista al Corriere della Sera, il professor Romano Prodi aveva sottolineato che la partita dell’Italia si gioca sul campo economico. L’ex premier ha testualmente specificato che proprio “l’economia deve essere il vero campo da gioco”. Ha detto: “Prendiamo il costo del lavoro. Attualmente quello italiano è grandemente inferiore rispetto a quello tedesco e francese. E possiamo dire che è meno lontano da quello cinese: un tempo il nostro era 40 volte il costo orario del lavoro di Pechino, ora 2,5-3 volte. Non siamo a costo pari, ma ci stiamo avvicinando e bisogna preparare il futuro”.

Industria e lavoro sono, quindi i settori dove il Paese deve tornare a risalire la china.

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