Skip to main content

Putin, Xi, Trump, Kim. Chi vince il risiko del 2020 secondo l’Atlantic Council

La crisi del debito greco, il terremoto ad Haiti, lo scandalo Wikileaks, l’inizio della guerra in Yemen. Il 2010 è stato un anno pieno di sommovimenti geopolitici che hanno fatto da cesura fra il primo e il secondo decennio del ventunesimo secolo. Dieci anni dopo, il 2020 tiene in serbo eventi con un impatto potenzialmente ancora più destabilizzante sull’ordine internazionale. Dalle elezioni presidenziali americane al riassetto politico del Medio Oriente martoriato dalla guerra fino alle crescenti tensioni, non solo commerciali, fra Cina e Stati Uniti, gli anni ’20 del secondo millennio si aprono con dodici mesi di grande incertezza. L’Atlantic Council, storico think tank di Washington DC, ha messo in fila dieci dei più rilevanti eventi geopolitici da tenere sott’occhio nel 2020. Ecco quali.

MAREMOTO FRA WASHINGTON E LONDRA?

In cima alla lista c’è il cambio alla guardia alla Casa Bianca. O meglio, l’eventuale cambio alla guardia. La corsa allo Studio Ovale è ancora apertissima. Robert Manning e Matthew Burrows si lanciano in un pronostico: Trump ha il 60% di probabilità di vincere ancora una volta. Ma è l’elezione in sé, non la vittoria dell’uno o dell’altro candidato, a rendere geopoliticamente saliente l’appuntamento. Chiunque vinca, che appartenga all’Asinello o all’Elefantino, “è destinato ad aggravare il tribalismo politico americano”. Trump con “altri quattro anni di ritiro dall’ordine mondiale”. Un democratico a suon di “tasse sul reddito, regolamentazione sul business e una revisione del sistema sanitario”. Anche dall’altra parte dell’Oceano, a Londra, la musica potrebbe cambiare. Boris Johnson ha già stravinto le elezioni, ora deve condurre in porto la Brexit. Una data, il 31 dicembre 2020, e una grande incognita chiamata “mercato interno” incombono sul divorzio da Bruxelles. Se entro l’ultimo dell’anno non si troverà un accordo commerciale per decidere standard e regole comuni con l’Ue, si fa serio il rischio che “il Regno Unito la abbandoni senza alcun accordo”. Le possibilità? 50-50%.

WTO ADDIO?

Un altro scossone all’ordine internazionale potrebbe essere dietro l’angolo. La World Trade Organization (Wto), avvisa l’Atlantic Council, è sull’orlo dell’estinzione dopo “settant’anni di prosperità e ordine economico basato sulle regole”. Perché? Semplice, nessuno rispetta le regole, e chi non le viola apertamente le aggira, stringendo accordi commerciali bilaterali fuori dal quadro dell’istituzione Onu. Consessi prima secondari, come l’Unione Eurasiatica, sono oggi candidati a diventare protagonisti del commercio mondiale, con gli Stati Uniti che rischiano di restare fuori.

L’ANNO DEL DRAGONE?

C’è chi la chiama Guerra Fredda, chi ci legge uno scontro di civiltà. La sostanza non cambia: il 2020 consacrerà la Cina come primo avversario e competitor strategico degli Stati Uniti. L’assedio al dominio americano tocca tutti i campi, dal commercio all’IT fino al mondo militare. L’esile tregua della guerra di dazi raggiunta nelle scorse settimane non deve ingannare. “Washington – scrivono gli esperti americani – vuole spezzare la catena produttiva che unisce Stati Uniti e Cina”. A cominciare dalle tecnologie “transformational”. In cima c’è il 5G, la banda ultralarga che il governo americano chiede ai suoi alleati di costruire senza coinvolgere le aziende cinesi per allontanare il rischio di spionaggio industriale. “Il fatto che solo tre su sessanta nazioni si sono adeguate alle richieste degli Stati Uniti di interrompere i legami con Huawei offre una prospettiva dei costi per l’America di un’economia globale biforca”.

La partita è aperta. A meno che un ostacolo non si frapponga sulla via di Pechino. Eccone uno: “Le contraddizioni interne alla Cina stanno crescendo, incluso un enorme debito pubblico, privato e societario (il 300% del Pil) e una popolazione sempre più vecchia” e “una crescita anemica (2-3%)”. Insomma, a giudicare dai dati macroeconomici, non è affatto detto che nel 2020 il Dragone spicchi il volo.

GIOCHI NUCLEARI

Se un parallelo fra la Guerra Fredda e l’attuale assetto delle relazioni internazionali si può fare è quello sulla corsa al nucleare. Solo che oggi, a differenza di cinquant’anni fa, non ci sono solo due Stati ai nastri di partenza. Uno in particolare continua a minacciare di dispiegare da un giorno all’altro il suo arsenale: la Corea del Nord. Le mattane nucleari del dittatore Kim Jong-un, con buona pace del dialogo con Washington, possono dare il via a una reazione a catena. Corea del Sud, Australia, Iran, si allarga la lista di attesa di chi vuole farsi la “sua” bomba atomica. C’è anche l’Arabia Saudita, “comprerà o affitterà una bomba dal Pakistan”, garantiscono Manning e Burrows. Sullo sfondo, si allarga il cimitero di accordi internazionali per la denuclearizzazione. Nel 2019 START e Open Skies sono stati abbandonati con la benedizione di Trump e Vladimir Putin. Lo scenario che può aprirsi di questo passo (al 60%) è “un mondo hobbesiano di tutti contro tutti”.

AMERICA SECOND?

America first o America second? Ai posteri l’ardua sentenza sulla nuova strategia globale avviata dall’amministrazione Trump. È un fatto però che i tradizionali sistemi di alleanze del mondo occidentale stiano scricchiolando. Ora in ballo ce ne è una solo apparentemente secondaria: quella con la Corea del Sud. Un partner cruciale per contenere Pyongyang, che però è agli sgoccioli con la Casa Bianca sia sul fronte commerciale che su quello dell’impegno militare americano nella regione. Trump vorrebbe allentare i rapporti, ma Congresso e Dipartimento di Stato faranno di tutto per evitarlo.

IL RISIKO MEDIORIENTALE

Inizia un nuovo decennio ma non cambiano i protagonisti del risiko geopolitico mediorientale. L’immobilismo di Trump verso gli affronti militari dell’Iran nella regione e il ritiro dalla Siria hanno reso attivi più che mai gli attori usciti vittoriosi dalla guerra civile siriana, Iran e Russia in testa, scrive l’Atlantic Council. Siamo alla vigilia di un nuovo ordine geopolitico in Medio Oriente, e Putin è pronto a fare da “broker del potere”.

×

Iscriviti alla newsletter