Da qualche anno l’impensabile sembra divenuto pensabile. Basta pensare a quanto è accaduto in queste ore in Vaticano. E per brevità di racconto si accennerà soltanto che tutt’ora non c’è convergenza sulla ricostruzione dell’accaduto, visto che il cardinale Robert Sarah ha accettato di diventare l’autore unico del libro sul celibato, specificando sulla copertina dell’opera in via di pubblicazione che contiene un contributo di Benedetto XVI, che dunque non sarà più il co-autore. Infatti, nonostante Benedetto abbia chiesto il cambiamento immediato, lui continua a dire di aver agito correttamente. Ma ricostruiamo il punto cruciale della vicenda.
Ieri sera, dopo il grande risalto avuto dalla notizia di pubblicazione di un testo firmato anche da Benedetto XVI che, a quanto appariva, non apprezza le indicazioni emerse dal sinodo sull’Amazzonia, da ambienti vicini al papa emerito si è fatto sapere che lui non ne sapeva nulla, che avrebbe chiesto di cambiare titolo e di non essere considerato autore dell’opera, ma solo del suo personale e limitato contributo. In serata su Twitter il cardinale Robert Sarah ha scritto: “Des attaques semblent insinuer un mensonge de ma part. Ces diffamations sont d’une gravité exceptionnelle.” Cioè: “Degli attacchi sembrano insinuare una menzogna da parte mia. Queste diffamazioni sono di una gravità eccezionale”. Dunque ancora ieri sera per il cardinale era tutto confermato, lui era coautore con Benedetto del libro sul celibato. Poche ore dopo però il prefetto della Casa Pontificia e da sempre stretto collaboratore di Benedetto XVI ha fatto sapere: “Posso confermare che questa mattina su indicazione del Papa emerito ho chiesto al cardinale Robert Sarah di contattare gli editori del libro pregandoli di togliere il nome di Benedetto XVI come coautore del libro stesso e di togliere anche la sua firma dall’introduzione e dalle conclusioni”.
L’impressione per chi un po’ ha seguito il Papa emerito è che Joseph Ratzinger sia stato tirato in un’impresa editoriale di cui non sapeva tutto. Ecco che avrebbe offerto un contributo. Questo, in base a quanto letto dell’opera in via di pubblicazione, appare logico. Non è lui il papa che nel 2009, nella costituzione apostolica Anglicanorum caetibus decise di aprire le porte agli anglicani scismatici riconoscendo la loro ordinazione preesistente? Nella storia della Chiesa era una novità, che portò nella Chiesa cattolica di rito latino alcuni preti sposati provenienti dal mondo anglicano.
Il fatto ha rilievo perché nel libro ora del cardinale Robert Sarah si afferma che il celibato fa parte dell’essenza del sacerdozio. Questo sembra porre un problema oggettivo; quello della Chiese cattoliche di rito orientale. Noi per Chiesa cattolica di norma intendiamo quella di rito latino, qualcuno aggiunge visto che ne ricorda l’esistenza quella di rito ambrosiano. Ma le altre, copta cattolica, etiope cattolica, eritrea cattolica, maronita, sira, siro-malamkarese, armeno-cattolica, caldea cattolica, malabarese, melchita, greca di rito bizantino, greco-cattolica albanese e bielorussa e bulgara e serba e croata e macedone e rumena e russa e rumena e slovacca e ucraina e ungherese, sono Chiese particolari in piena comunione con la Santa Sede che conservano le proprie tradizioni cristiane orientali anche in merito alla normativa canonica e disciplinare, che contempla anche i preti sposati.
A questo riguardo va sottolineato, senza tornare alle idee espresse chiaramente negli anni ‘70, che durante il suo pontificato Benedetto si è occupato molto di sacerdozio, e in un’udienza molto importanza, nel 2010, sottolineò che senza comunione sacramentale non c’è Chiesa e che il ruolo del sacerdote è quello di farsi ponte tra l’uomo e Dio. Un discorso molto lucido e coerente al suo interno, che davanti al tema discusso in occasione del sinodo sull’Amazzonia, che ha trattato anche molte altre tematiche, recepisce la preoccupazione sinodale di fondo: se in Amazzonia non ci sono le condizioni per impedire il digiuno eucaristico dei fedeli come si farà Chiesa senza comunione? Si può costringere al digiuno eucaristico? E se il compito del sacerdote è quello di santificare, come santificare quei fedeli senza sacerdoti e quindi senza comunione sacramentale? Non sarà necessaria un’eccezione?
Si arriva così a un problema diverso. Benedetto ha scelto con grande coraggio una strada difficile anche per lui, quella del silenzio e dell’ascesi. Ma ogni tanto qualcuno deve chiamarlo, sollecitarlo. E lui farà presente che ha scritto qualcosa, ha delle idee, ha qualche spunto. Chi volesse in buona fede fruirne potrebbe. Ma intorno a lui forse accade altro. Ci sono visioni, ci sono correnti, ci sono propensioni. È così che si verificano usi impropri? La questione, chiaramente, la potrebbe risolvere, al di là delle tesi dei protagonisti, l’editore. Avrà i contratti firmati con i due autori dell’opera, giusto? E se ne avesse solo uno…
Il chiarimento sarebbe importante per capire se questo “equivoco” è nato perché siamo in epoca di redazione dell’esortazione apostolica post-sinodale, quella che in teoria potrebbe recepire la tesi dell’eccezione amazzonica: lì per motivi locali si potrebbe sostituire il sacerdote con dei fedeli anziani e conosciuti, magari sposati ma di specchiata e nota probità morale. Per qualche motivo si voleva coinvolgere il papa emerito in un tentativo di non favorire questa tesi sinodale?
Ma ciò che conta di più è altro. La visione di Chiesa di Francesco è chiara. La Chiesa per lui è del popolo di Dio. Questa visione, che è quella dell’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, archivia il clericalismo. E archiviare il clericalismo vuol dire archiviare quella concezione di Chiesa che ha portato ad insabbiare, in molti casi, gli abusi a danno di minori. Questi abusi derivano da tante cause, anche la concezione del potere clericale, che “è” la Chiesa. Se invece la Chiesa è il popolo, l’unzione è di tutti i battezzati, allora possiamo immaginare un’organizzazione ecclesiale per la quale l’abuso diverrà un abuso contro la Chiesa stessa e quindi da perseguire: insabbiare è sempre sbagliato, ma qui diverrebbe un insabbiare contro se stessi. Ovviamente per raggiungere questo fine le riforme, anche canoniche, non sono poche. Ma a questa deformazione non si sarà giunti anche per la sessuofobia diffusa non certo nel popolo di Dio, ma in certi ambienti? Ecco che la questione non riguarda il dono del celibato, che né Benedetto né Francesco discutono, ma la cura profonda di un problema, come un millennio fa l’introduzione del celibato obbligatorio guarì altri problemi, ben noti (a cominciare dal peso improprio delle mogli dei curati).
I tempi cambiano, il celibato è certamente un grande valore, oggi discuterne richiede consapevolezza di nuovi problemi. Fuori da lotte che certamente non riguardano Benedetto. Tradizioni antiche, non eterne, e problemi moderni non sono scindibili.