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Legge elettorale. Cronaca di una inammissibilità annunciata

La giurisprudenza costituzionale è stata sempre molto attenta e limitativa sui referendum elettorali. Fin dalla sentenza n. 29 del 1987, ha previsto che prevalesse la necessità di garantire la “costante operatività” del Parlamento impedendo così di far svolgere referendum sui sistemi elettorali che non fossero “autoapplicativi”: “Gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale non possono essere esposti alla eventualità, anche soltanto teorica, di paralisi di funzionamento”, sicché qualora l’abrogazione di norme elettorali richiedesse una nuova disciplina che solo il legislatore è in grado di porre in essere non può darsi corso al referendum. 

Questa giurisprudenza è sempre rimasta ferma, per cui la inammissibilità appena pronunciata non possiamo dire che non fosse attesa e pronosticabile. Del resto lo stesso quesito referendario cercava di rendersi auto-applicabile con delega al governo sulla formazione dei collegi. Così messo il quesito non può che essere “eccessivamente manipolativo” e quindi inammissibile.

Questa decisione di inammissibilità rende più facile la discussione su una nuova legge elettorale. Infatti non bisogna più aspettare il referendum e non c’è più un vincolo in senso maggioritario come invece sarebbe disceso da una sentenza di ammissibilità e da un referendum pendente. Per cui si può affermare che si semplifica lo scenario politico perché di referendum da votare in primavera ci sarà solo quello Costituzionale in attesa che il Parlamento decida quale legge elettorale avremo e attualmente potremmo orientarci verso un proporzionale con sbarramento come il cosiddetto “Germanicum” da poco depositato.


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