Il progetto Libra (gestito da un consorzio fondato da Facebook) è stato il primo tentativo di definire una stablecoin, ovvero una valuta digitale valida globalmente e libera dal controllo delle istituzioni bancarie. Dopo alcune esitazioni, la quasi totalità del mondo bancario si è dichiarata contraria ad iniziative di questo tipo. Nel frattempo, il consorzio Libra ha visto la defezione di alcuni partecipanti, ha modificato le sue dichiarazioni di intenti e rivisto la sua pianificazione. Per chi si occupa di economia digitale, questo conflitto si preannuncia come uno degli argomenti più interessanti di questo nuovo anno: ecco i principali antagonisti e le loro strategie.
Il settore bancario cerca di contrastare Libra opponendosi sul piano legale alla operatività bancaria di Facebook in Europa, e cercando di riproporre all’interno dei prodotti tradizionali le nuove funzionalità offerte dalla stablecoin. In particolare, ci si sta orientando verso una valuta digitale emessa dalla banca centrale europea (CBDC, central bank digital currency), ma di impiego limitato ai soli pagamenti interbancari.
Dal punto di vista delle banche, non appare sensato rendere disponibile ai consumatori un nuovo tipo di liquidità su cui parcheggiare capitali senza investirli, soprattutto in questo momento di tassi negativi. Nello scenario peggiore, chi gestisce una stablecoin potrebbe sottrarre liquidità al sistema ed utilizzarla per speculare al ribasso su una valuta tradizionale. Se finora gran parte della clientela non si è convinta ad usare valute digitali, ciò è dovuto sia alla loro volatilità che ai problemi che creano a livello contabile e fiscale. Ma la disponibilità di uno strumento globale come Libra potrebbe far cadere in tentazione molti piccoli imprenditori.
A livello europeo, il primo livello di difesa del sistema bancario è TARGET2: si tratta probabilmente della realizzazione più avanzata nel campo dei sistemi RTGS (real time gross settlement, stanza di compensazione in tempo reale). Operativo dal 2007, esso regola gli ordini di pagamento provenienti dagli intermediari bancari e finanziari che operano nell’area dell’euro.
Per il suo funzionamento, i partecipanti depositano liquidità presso appositi conti della banca centrale europea ed i pagamenti vengono regolati modificando i saldi di tali conti. Speciali automatismi consentono di compensare operazioni tra più partecipanti ed impediscono che l’insolvenza di uno di essi comprometta l’intero sistema. Nonostante tali precauzioni siano rivolte ad un uso efficiente della liquidità, è evidente come l’espansione dei mercati richieda un impegno sempre crescente di capitale, e come questo fabbisogno aumenti drammaticamente nei momenti di crisi.
Progettato secondo il principio di delega delle responsabilità (tipico dei sistemi decentralizzati), il nucleo di TARGET2 è una piattaforma unica condivisa (SSP, single shared platform) amministrata da tre banche centrali (Francia, Germania ed Italia). Ogni banca centrale gestisce in autonomia i soggetti che rientrano nella sua giurisdizione mediante la sua componente nazionale, ad esempio TARGET2-GR per la banca centrale di Grecia. Il coordinamento tra nucleo e componenti nazionali è affidato all’unione delle banche centrali che partecipano direttamente al sistema.
I grandi gruppi industriali europei possiedono una loro banca operativa in grado di accedere a tutte le funzionalità di TARGET2, che negli ultimi anni ha assunto un ruolo trainante per tutta l’economia. Inoltre, dal punto di vista della banca centrale europea, esso contribuisce a definire strumenti ed obiettivi del processo di integrazione finanziaria, come nel caso della prossima sostituzione del LIBOR.
Il LIBOR (london interbank offered rate) era nato negli anni ’70 per descrivere il mercato dell’euro-dollaro. Basato sulle auto-dichiarazioni di un gruppo di banchieri, è utilizzato per il calcolo dei tassi di riferimento su prestiti e prodotti derivati. Per la fine del 2021, LIBOR verrà sostituito da €STR (EUR short term rate, pronunziato Esther), una stima del tasso di interesse sui prestiti interbancari overnight ricavata dall’analisi statistica dei pagamenti TARGET2.
Anche la diffusione delle blockchain è una conferma di questa tendenza alla decentralizzazione, e viene naturale cercare di integrare questa nuova tecnologia con le tradizionali infrastrutture bancarie. Una blockchain è una piattaforma informatica in grado di garantire autonomamente, senza dover ricorrere ad un’autorità esterna, la consistenza e l’inalterabilità di una serie di transazioni.
In effetti la blockchain non è l’unico modo di registrare una sequenza di transazioni in maniera affidabile: il suo nome ricorda il procedimento di raggruppare le transazioni in blocchi concatenati tra loro, mediante tecniche crittografiche e protocolli di comunicazione dati. Quando non si vuole specificare l’implementazione utilizzata si parla genericamente di DL (distributed ledger, sistema distribuito di registrazioni contabili).
Un’altra conseguenza della decentralizzazione sono gli smart contract. Si tratta di meccanismi per generare un rapporto contrattuale dietro il semplice pagamento di un importo. Probabilmente, il biglietto dell’autobus è la forma più semplice di un contratto capace di esecuzione autonoma. Di conseguenza, la macchina per l’emissione dei biglietti è un esempio di smart contract: un meccanismo automatico per generare dei contratti in grado di provvedere autonomamente alla loro esecuzione.
Sebbene le prime sperimentazioni degli smart contract siano avvenute più di venti anni fa, essi hanno raggiunto una certa maturità solo con la diffusione della blockchain. Da questo punto di vista, uno smart contract è essenzialmente un programma che stabilisce quali eventi si possano verificare durante la sua esecuzione e le loro conseguenze a livello contabile.
Sulla blockchain, le transazioni identificano le controparti facendo riferimento a degli “indirizzi”. In accordo al normale funzionamento della blockchain, l’esecuzione del contratto non richiede ulteriore identificazione delle controparti né supervisione esterna. Una volta associato uno smart contract ad un indirizzo, chiunque può attivarlo effettuando un’operazione su tale indirizzo, creando un nuovo contratto e causandone l’esecuzione. Nel caso di esito positivo, le registrazioni contabili prodotte dall’esecuzione del programma saranno consistenti ed irreversibili. Nel caso l’esecuzione non sia andata a buon fine, ad esempio per mancanza di fondi, non verrà effettuata alcuna registrazione.
In pratica, oltre a fornire le stesse prestazioni del contante, o di un sistema di pagamento tradizionale, i distributed ledger offrono in più la nuova flessibilità degli smart contract. Obiettivo dichiarato di alcune banche commerciali è di porre rimedio a questa mancanza sviluppando un nuovo tipo di smart contract in grado di operare direttamente sui conti correnti.
Tre mesi fa, l’associazione federale delle banche tedesche ha suggerito alla banca centrale europea l’emissione di una CBDC ancorata ad una parità 1:1 con l’euro, in grado di collegare i tradizionali sistemi di pagamento con gli smart contract. Lo scorso dicembre, cinque banche commerciali spagnole coordinate dal gestore del sistema nazionale di pagamento (SNCE, sistema nacional de compensación electrónica), hanno dato vita ad una iniziativa per sperimentare l’esecuzione di smart contract.
Mentre le banche spagnole seguono i rapporti commerciali tra Europa ed America Latina, quelle tedesche finanziano la rete di subfornitura su cui si basa il comparto manifatturiero. In entrambi i casi, gli smart contract potrebbero migliorare la produttività del settore bancario, eliminando molte attività ripetitive finora eseguite manualmente.
Dal canto suo, il mondo delle istituzioni bancarie si sta orientando verso la sperimentazione degli smart contract e delle CBDC, per migliorare l’efficienza dei sistemi di pagamento nella gestione della liquidità.
Nato dalla collaborazione tra la banca dei regolamenti internazionali (BIS) e la banca centrale svizzera (SNB), l’innovation hub di Basilea ha recentemente sottoscritto un accordo con il consorzio SIX. Oltre a gestire le infrastrutture della borsa svizzera, tale consorzio sta sviluppando una piattaforma di contrattazione per digital asset chiamata SDX, basata su tecnologie distributed ledger. L’accordo prevede di interfacciare il sistema SDX con i tradizionali sistemi di pagamento mediante una valuta digitale. Uniformandosi alle altre banche centrali, la SNB ha dichiarato di essere disponibile ad emettere tale valuta, ma limitandone l’uso ai pagamenti interbancari, ed arrivando a smentire esplicitamente qualsiasi intenzione di renderla accessibile ai consumatori.
Analogamente, il governatore della banca di Francia, François Villeroy de Galhau, ha annunciato la sperimentazione di una valuta digitale entro il primo trimestre del 2020. Sebbene questa attività sia limitata ai pagamenti interbancari, essa è stata presentata come parte di un progetto di smaterializzazione dell’Euro, volto a preservare la sovranità della banca centrale europea come istituto di emissione.
A distanza di più di un decennio dalla sua fondazione, il sistema TARGET2 continua ad essere un efficace strumento per l’unificazione europea: la sua integrazione con le nuove tecnologie digital ledger si preannuncia vantaggiosa per l’intera economia.