Secondo gli analisti di Brookings Institution, Strobe Talbott e Maggie Tennis, la Russia di Vladmir Putin sta cercando di guadagnare ulteriore potere nell’area medio orientale a sfavore degli Usa.
Putin, subito dopo l’uccisione da parte degli Usa di Qassem Soleimani, si è recato in Siria da Assad e ha ripetutamente condannato il raid aereo per l’uccisione del generale iraniano.
I rapporti tra l’Iran e gli Usa hanno visto due grandi momenti di deterioramento: il primo, subito dopo la vittoria alle elezioni di Trump e la denuncia dall’accordo sul nucleare frutto del lavoro del predecessore Obama del 2015; il secondo coincide con l’inizio della destabilizzazione della Siria.
Entrambi gli eventi hanno visto, in caduta, un rafforzamento delle relazioni tra la Russia e l’Iran con conseguente aumento della reputazione della Russia anche in conseguenza del suo impegno per combattere l’Isis in cooperazione internazionale.
La presenza Russa in Siria ha impedito il rovesciamento di Assad ridandogli potere per il governo del proprio paese, il tutto, in contrapposizione agli Usa e alla Nato che combattevano invece, anche per la rimozione di Assad.
Il supporto di Assad da parte russa aveva un solo obiettivo: minare la credibilità Usa nell’area a proprio vantaggio.
Al termine del conflitto siriano, la Russia ha portato a casa anche una forte relazione con la Turchia con l’acquisto di armamenti missilistici russi S400, grave vulnus per la Nato e la sospensione della vendita dei velivoli americani stealth F35: un grande successo per i russi rafforzato qualche giorno dopo dalla firma del “TurkishStream” che porterà vantaggi energetici nonché vantaggi finanziari alla Turchia, per i diritti di passaggio territoriale (non male).
L’abbandono dei curdi siriani da parte degli Usa, che sono stati partner e alleati di valore per eliminare l’Isis in Siria, hanno completato il quadro a favore della Russia che è successivamente intervenuta per evitare disastri umanitari nella fascia di sicurezza imposta dalla Turchia alla Siria.
Dopo l’uccisione del gen. Soleimani, l’Iraq, oggi a trazione shiita, ha denunciato la violazione della sua sovranità territorriale e il parlamento ha dichiarato di aver subito una “flagrant violation of the conditions authorizing the presence of U.S.troops”.
Se gli Usa dovessero abbandonare l’Iraq, non sarà più possibile sostenere i contingenti Usa in Siria.
Gli analisti Usa ritengono che la politica attuata dagli Usa in questo periodo nell’area medio orientale abbia favorito solo la Russia.
Per la parte Unione europea, oltre alla constatazione dei fatti accaduti, non si sono registrate prese di posizione sull’omicidio.
L’unica iniziativa è stato l’invito unilaterale, del ministro degli esteri iraniano a Bruxelles per esaminare la situazione in Medio Oriente, senza la convocazione congiunta di quella Usa.
La Nato, da parte sua, ha emanato un comunicato per il supporto degli alleati per la lotta all’Isis e la missione in Iraq, sospendendo l’addestramento in corso e riposizionando i contingenti in siti più protetti.
La Cina ha invitato gli Usa a non abusare della forza.
L’ambasciatore iracheno ha richiesto all’Onu la condanna dell’omicidio del gen. Soleimani, il messaggio del segretario generale delle Nazioni Unite invece, è stato di mantenere la calma.
La permanenza in Iraq delle forze Usa sembra essere compromessa dagli ultimi eventi accaduti in Iraq.
Anche la Nato non gode di molto successo tra la popolazione locale in quanto viene considerata non terza parte
L’abbandono dell’Iraq da parte degli Usa sarebbe deleterio per gli equilibri mondiali.
È il momento di far battere un colpo all’Unione europea con la nuova Commissione e una nuova politica estera ancora da definire ma necessaria per assicurare pace e stabilità al quadro internazionale.
L’Unione europea sebbene non ancora strutturata per assumere ruoli importanti nel campo della sicurezza e difesa, sicuramente ha già le capacità per svolgere funzioni di training e addestramento in quella specifica area essendo percepita come organizzazione ancora lenta nei processi di trasformazione ma saggia nelle decisioni.
La presenza dell’Unione in quell’area molto destabilizzata contribuirebbe alla de-escalation reclamata da più parti.
L’Onu potrebbe uscire dal letargo in cui sembra essersi rifugiato e iniziare ad adoperarsi per abbassare il disordine mondiale in atto, mettendo il sigillo alla missione di addestramento dell’Unione europea.
Gli eventi richiedono saggezza e potere diplomatico ma non prove di forza.