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Teheran vendica Soleimani. Missili contro due basi Usa in Iraq

L’Iran ha lanciato la rappresaglia per l‘uccisione di Qassem Soleimani in un raid statunitense la scorsa settimana. Due basi irachene utilizzate anche dagli Stati Uniti sono state oggetto di un attacco missilistico.

Gli obiettivi colpiti sono la base aerea di al Asad, circa 230 chilometri a nordovest di Baghdad e un‘altra a Erbil, nel Kurdistan Iracheno, la regione curda dove gli americani sono acquartierati con altre forze alleate (tra cui gli italiani: l’Ansa riporta che si sono protetti in un bunker della base e sono “illesi”). Quindici i missili — probabilmente Qiam, vettori balistici a corto raggio, oppure Fateh313 — lanciati dal territorio iraniano sui due obiettivi: secondo un portavoce del CentCom del Pentagono, dieci hanno centrato al Asad, uno Erbil e quattro sono finiti fuori bersaglio.

È stata la televisione di stato iraniana ad annunciare l’attacco, che poi è stato dichiarato come atto militare di risposta all’eliminazione di Soleimani dall’IRGC, i Guardiani della rivoluzione, il corpo militare teocratico di cui il generale era uno dei massimi dirigenti (comandava l’importantissima Quds Force, unità addetta alle operazioni all’estero).

“Stiamo avvertendo tutti gli alleati americani che hanno dato le loro basi all’esercito terroristico americano, che qualsiasi territorio che è il punto di partenza di atti aggressivi contro l’Iran sarà preso di mira “, scrivono i Guardiani nel comunicato in cui chiamano l’operazione “Martire Soleimani”.

La presenza americana nella regione, tra basi ufficiali e postazioni condivise, è molto ampia. Gli obiettivi potenziali sono dunque svariati, ma Teheran ha anche comunicato che l’azione contro gli Stati Uniti è conclusa e non intende far seguire escalation. L’Iran non sembra in grado di alzare il livello dello scontro, ma aveva comunque necessità di offrire ai propri cittadini una qualche vendetta armata per l’uccisione del super-generale.

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Nessun americano è stato colpito, e nemmeno nessun soldato alleato, solo alcuni feriti tra il personale iracheno. Ad al Asad i missili sarebbero caduti in zone della base lontane dai dormitori degli occidentali. Una fonte governativa ha spiegato al Los Angeles Times che la difesa aerea americana è stata in grado di tracciare tutti i missili iraniani dal decollo all’impatto in tempo reale, e per questo il personale ha avuto il tempo di proteggersi.

Il Pentagono ha diffuso una “valutazione iniziale dei danni di battaglia“, come da prassi molto sommaria. Nella nota della Difesa Usa si legge che “in questi giorni e in risposta alle minacce e alle azioni iraniane, il Dipartimento della Difesa ha adottato tutte le misure appropriate per salvaguardare il nostro personale e i nostri partner. Queste basi sono state in allerta a causa delle indicazioni che il regime iraniano aveva pianificato di attaccare le nostre forze e interessi nella regione”.

“Mentre valutiamo la situazione e la nostra risposta, adotteremo tutte le misure necessarie per proteggere e difendere il personale, i partner e gli alleati degli Stati Uniti nella regione”, aggiunge la dichiarazione. La Casa Bianca ha fatto sapere che Donald Trump ha seguito tutto dalla Situation Room insieme ai membri chiave dell’amministrazione e dello Stato maggiore. Il presidente non ha parlato subito, ma una conferenza stampa è programmata per mercoledì.

Fin da subito gli analisti hanno indicato le basi usate dagli americani in Iraq e nel Golfo Persico come obiettivo delle ritorsioni iraniane. Che sono iniziate oggi perché sono finiti i giorni di lutto nazionale — Soleimani era un generale che in patria era circondato da un’aurea da eroe, e che veniva considerato come il numero due de facto del regime.

Nei giorni scorsi l’ayatollah Ali Khamenei, Guida suprema del paese, aveva dichiarato che Teheran teneva pronta una lista di 35 obiettivi da colpire. Trump aveva risposto che un’azione di rappresaglia si sarebbe portata dietro una contro-reazione americana su altri 52 target, tanti quanti furono gli americani rapiti all’ambasciata nel 1979.

Il primo contraccolpo globale di quanto sta succedendo lo ha subito il prezzo del petrolio, che è aumentato subito dopo la notizia dell’attacco, da 62,70 a 63,67 dollari al barile, con gli investitori atterriti dalle crescenti tensioni nel Golfo. La Federal Aviation Administration ha anche vietato qualsiasi volo civile americano nell’area del Medio Oriente. Un volo di linea ucraino è precipitato in circostanze ancora da chiarire mentre stava arrivando a Teheran.



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