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Perché sono grato a Checco Zalone per la lezione di accoglienza di Tolo Tolo. Il commento di Becchetti

“Dottore ho paura di essermi ammalata di razzismo”
“Non si preoccupi le prescrivo due visioni di ‘Tolo Tolo’. Dovrebbero bastare. Se il problema persiste rinforzi la cura e si riveda le parti musicali del film”

In premessa dobbiamo ringraziare Checco Zalone per la geniale trovata di un trailer ambiguo che ha fatto credere ai sovran-populisti, fan del partito del “prima gli Italiani”, che Zalone fosse dalla parte loro. Il film è invece un viaggio e una continua presa in giro di difetti e tic del nostro Paese, con le sue pulsioni fasciste che rispuntano e vengono paragonate a fastidiose malattie veneree come la candida, con la venalità e la superficialità di una politica dove gli ignoranti fanno carriere fulminanti.

Il film è zeppo di gag e di trovate ma va subito detto che un po’ di delusione la lascia. Aveva tutti gli ingredienti per essere un capolavoro ma non lo è. Le trovate sembrano un po’ affastellate e Zalone ha voluto strafare e mettere troppe cose in fila. L’amaro in bocca maggiore però arriva quando esci dal cinema con un retrogusto particolare e ti accorgi che è mancato l’affondo. La vecchia commedia neorealista italiana faceva sorridere ma era molto più incarnata e sapeva portare lo spettatore nel profondo dei drammi delle vicende umane e delle emozioni e sentimenti che esse potevano suscitare. Per fare solo un esempio Zalone nel suo percorso che lo riporta dall’Africa in Italia e segue l’epopea dei migranti sfiora sempre ma non approfondisce mai il loro dramma e dunque fa ridere ma non riesce fino in fondo a commuovere. L’unico punto dove questo accade è forse quando il bambino che Checco accompagna in Italia ritrova casualmente il padre.

Fatte queste critiche, ripeto, dobbiamo essere grati all’attore/regista per questa pellicola che sfida le nostre paure e le nostre miserie. Molto belle le parti musicali (con l’eccezione forse del naufragio dei migranti dove ancora una volta la fusione fredda tra commedia e tragedia non riesce al meglio). Se un tratto comune che Zalone ripete quasi ossessivamente è quello di avere dei sogni, la parte musical del giro d’Italia con la ragazza africana di cui si è innamorato è bellissima per la sua testarda capacità di saltare tutti i problemi e ostacoli e rappresentare un’Italia da sogno, tollerante ed accogliente e splendente in tutte le sue bellezze artistiche e paesaggistiche che la straniera può godere appieno.

Densi e gustosi i dialoghi dove Zalone si diverte a contrapporre la realtà italiana fatta di una pletora di tasse, burocrazia, regole che impigliano e la linearità di quella africana, ricca di tempo e di luce ma attraversata dalla tragedia delle guerre e dei conflitti e immersa nella miseria e nelle diseguaglianze.

Ai contenuti di questo film, da economista aggiungerei che il modo migliore per aiutare il nostro Paese e per aiutare i migranti a casa loro è quello di accoglierli e rendere le frontiere più aperte di come sono ora. Un paese che è in piena crisi demografica, vede perdere i propri giovani migliori e ferma i migranti alle frontiere viaggia rapidamente verso un rapporto uno a uno tra forza lavoro e non lavoro minando alla radice le possibilità di sviluppo economico. L’Italia ha e avrà bisogno di più stranieri e vive nell’ipocrisia di far finta di respingerli per poi ghettizzarli come irregolari e, grazie a loro, tenere bassi costo del lavoro e prezzi dei prodotti che tengono in piedi quel delicato e precario equilibrio che Luca Ricolfi ha chiamato la “società signorile di massa”, dove molti italiani riescono comunque a stare a galla attingendo alle ricchezze accumulate dalle generazioni passate e mettendole a rendita. In un mondo dove il Reddito di Cittadinanza definisce implicitamente da noi una soglia di povertà di circa 28 euro al giorno e ci sono 4,5 miliardi di persone che vivono con meno di 5 dollari al giorno si capisce molto semplicemente come le migrazioni sono un fenomeno win-win perché possono migliorare le condizioni di vita di chi arriva garantendo l’afflusso di manodopera in grado di fare lavori a salari che gli italiani non accettano. La storia economica del mondo ci insegna infatti che un’accoglienza molto più generosa di quella attuale ma comunque ben organizzata è stata la chiave dello sviluppo di paesi e nazioni. Ha garantito l’afflusso di forze giovani e dato nuovo impulso alla crescita economica e sociale attraverso la ricchezza della diversità.

Accogliere è la chiave della generatività di una vita soddisfacente e ricca di senso. E alla fine il protagonista del film, pur portandosi dietro il suo terrificante bagaglio di pregiudizi e luoghi comuni che sembrano essere una collezione completa dei difetti del nostro paese, lo capisce e porta a termine il suo compito. È in questo “agere contra” istinti difensivi e pregiudizi per accedere a una dimensione molto più bella, faticosa ma appagante che sta il sale della nostra vita. Pensare che esista un “prima noi” senza loro è un’atroce illusione che ci precipita all’ultimo posto della vita, esiste solo un prima del faticoso tentativo di cooperare e di cercare di camminare insieme, il prima della soddisfazione e della pienezza che raggiungiamo quando siamo riusciti a fare qualcosa per andare incontro ad esseri umani come noi che, come nel bel finale, la cicogna si è divertita a far nascere in un luogo molto più difficile.

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