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Cina-Usa. Da una guerra commerciale a un conflitto bellico

Di Francesco Cirillo

Nel libro di Graham Allison “Destinati alla Guerra” esiste uno scenario, decisamente plausibile, in cui una possibile guerra commerciale rischierebbe di tramutarsi in un confronto bellico.

Tutto ciò che segue fa parte di questa simulazione. Si ipotizza che alla Casa Bianca venga eletto un presidente pronto ad opporsi all’ascesa geoeconomica cinese. Sulla strategia del Commander in Chief anti-cinese il team economico-finanziario del presidente pubblica un dossier dove la Cina viene accusata di pratiche commerciali scorrette e di concorrenza sleale. In seguito il Tesoro statunitense, su ordine del Presidente, denuncia la Cina di manipolare la valuta. Costretta ad aprire un tavolo negoziale, Washington continua a pubblicare accuse nei confronti della Cina. All’inizio dei colloqui il Presidente americano, sul suo account Twitter, denuncia che la Cina, da quando è entrata nel Wto nel 2001, è stata aiutata da concessioni avute dalle regole dell’Organizzazione, rendendo l’accusa pubblica con un rapporto redatto dal suo team economico. Queste accuse fanno saltare il tavolo delle trattative. La Cina inizia a non intervenire nei mercati valutari, azione che mette a rischio il valore delle merci statunitensi vendute in Cina. Pechino incomincia a vendere i titoli di Stato statunitensi che detiene, mossa che causa turbolenze nel mercato azionario nord-americano.

Nonostante le turbolenze finanziarie l’amministrazione va avanti e pubblica due rapporti, dove accusa le aziende statali cinesi di attuare furti di proprietà intellettuali delle aziende americane. L’amministrazione applica dazi alle aziende cinesi come la Huawei e la Midea. Pechino reagisce applicando dazi sui prodotti hi-tech statunitensi. All’improvviso i mercati finanziari americani subiscono anomalie informatiche, ciò impedisce la completa ripresa dei mercati finanziari. Successivamente un’indagine dell’Fbi scopre che è stato inserito un malware in grado di portare all’eliminazione definitiva dei registri di transizione e dei conti correnti. Per gli investigatori federali la provenienza arriverebbe dalla Cina, ma i dubbi persistono. Il Segretario al tesoro avverte che se si avverasse questo scenario scoppierebbero polemiche sulla solidità del sistema finanziario statunitense.

Nel mentre gli hacker attivano il software nelle maggiori istituzioni bancarie statunitensi. In poco tempo i conti correnti vengono eliminati definitivamente lasciando i clienti sulla soglia della bancarotta. La notizia si diffonde, scoppia il panico tra i correntisti che, tentando di ritirare i propri risparmi, paralizzano le istituzioni finanziarie di Washington. L’amministrazione statunitense risponde ordinando un attacco informatico; ma l’azione del Cyber Command Usa non si rivela del tutto efficace, visto le pochissime violazioni che ottengono nelle istituzioni finanziarie cinesi. I consiglieri militari consigliano al Presidente, dopo il fallimento, di attuare attacchi aerei contro le basi delle unità cyber delle forze armate cinesi dispiegate nella Cina continentale. Per evitare un conflitto aperto con la Cina il Presidente ordina di utilizzare un drone, fino ad allora segreto, con capacità stealth e in grado di camuffarsi con l’ambiente circostante. L’obiettivo è il quartier generale della principale unità cyber delle Forze Armate Cinesi, dispiegata a Shanghai: l’Unità 61398. Però questa opzione si rivela nulla. L’attacco informatico cinese è penetrato in profondità riuscendo a rubare le informazioni del drone e la loro sede operativa, dislocata nella base aerea di Kadena, in Giappone. In seguito Pechino lancia un attacco missilistico su Kadena, uccidendo sia soldati statunitensi che civili giapponesi. La reazione dell’opinione pubblica nipponica e statunitense causa una reazione militare giapponese e statunitense, trasformando una disputa commerciale in un confronto bellico dalle proporzioni devastanti.

Qui il paper su Starting Finance 

L’articolo Usa-Cina: tregua più che pace a firma di Cosimo Volpe

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