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Corti cibernetiche, polizia predittiva e sistemi di sorveglianza. Così Xi vuole guidare il mondo

La scorsa settimana le autorità giudiziarie di Hangzhou, una città della Cina orientale, hanno convocato i giornalisti per una dimostrazione di una nuova tecnologia: l’Internet Court. Due parti in causa si incontrano attraverso chat video gestite da un giudice avatar – creato attraverso sistemi di intelligenza artificiale – ed espongono i loro casi. Alla fine è il computer a dare la sentenza.

“L’imputato ha obiezioni sulla natura delle prove giudiziarie blockchain presentate dal querelante?”, ha detto il giudice virtuale, vestito di nero, seduto sotto l’emblema nazionale cinese. Per ora si gestiranno, via blockchain, solo casi che interessano questioni di carattere civile e ricollegabili al cyber-space (per ora saranno più che altro controversie commerciali online, casi di copyright e richieste di risarcimento per responsabilità civile sui prodotti e-commerce), ma in futuro non è detto che Pechino non utilizzi la tecnologia per snellire le procedure e alleggerire il suo ingolfato sistema giudiziario.

La Cina ha 850 milioni di utenti Internet mobile, centinaia di migliaia di controversie aperte. L’uso dell’Hangzhou Internet Court, o quelle simili che si stanno creando a Pechino e nella metropoli meridionale di Guangzhou, può smaltire rapidamente molte pratiche – perché come ha detto il vice presidente della corte ai giornalisti “la giustizia che arriva in ritardo è la negazione delle giustizia. Ma può anche essere un’ottima dimensioni per test. Tanti casi, tante variabili, per rendere la tecnologia ancora più efficace e funzionale e prepararla a prossime applicazioni.

Zhou Qiang, presidente della Corte suprema del Popolo, meccanismo interno che rende Zhou la massima autorità della Giustizia in Cina, ha detto che man mano tutti i tribunali cinesi sperimenteranno una serie di strumenti online – per esempio, molti stanno già favorendo la presentazione di documentazioni tramite l’app di messaggistica WeChat. Ed è impossibile non ricollegare questa volontà di digitalizzare quanto più possibile il settore giudiziario nel quadro più ampio con cui il segretario del Partito comunista, il capo dello Stato Xi Jinping, vuole rendere la Cina il leader tecnologico del mondo – il progetto che è alla base dello scontro con gli Stati Uniti, sfociato poi sul piano commerciale.

In Cina sono già operativi sistemi di sorveglianza controllati da apparecchiature mosse da AI, e altre strumentazioni sono state esportate per essere testate altrove – per esempio in alcuni Paesi, dove i cinesi sfruttano l’assenza di norme sui diritti per poter provare le proprie tecnologie in modo più libero. Nella provincia dello Xinjiang, dove Pechino ha lanciato la campagna per il controllo dei cittadini uiguri, sono attivi sistemi di polizia predittiva: algoritmi registrano tutti i movimenti della popolazione, e se dall’incrocio di dati si arriva a presupporre che una persona può diventare pericolosa, allora quella viene internata in un campo di rieducazione.



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