Al governissimo, dice a Formiche.net Stefano Folli, editorialista di Repubblica e già direttore del Sole 24 Ore, non crede nessuno. Piuttosto il dato su cui ragionare è relativo all’estrema fragilità di questa maggioranza, con cui “non si arriverà alla fine della legislatura” perché molto debole: il M5S è un partner talmente fragile che di fatto questo è un monocolore piddino e Conte esiste in quanto i dem lo fanno esistere e questo alla lunga può essere fatale.
Perché ad un eventuale governissimo mancano le basi?
Perché non lo vuole quasi nessuno e non ci sono le circostanze adatte. Bisognerebbe avere un comune sentire quantomeno, un’idea da condividere nell’immediato e non mi pare ci sia. Il centrosinistra non credo abbia voglia di allearsi con la destra, e intendo tutta la destra, visto che non si può pensare di lasciar fuori qualcuno. Viceversa Salvini è rientrato in gioco, per questa ragione è salito al Colle, sforzandosi di dare di sé un’immagine diversa da quella degli ultimi mesi. Ma non credo possa illudersi che vi siano le condizioni per un governissimo.
Nel 2011 fu possibile: quali le differenze?
Era in atto la drammatica crisi dello spread, con una situazione molto particolare in cui l’Europa non sopportava più Berlusconi. A torto o a ragione, fu presa una certa decisione. Per adesso quelle circostanze non ci sono, magari fra quindici giorni il quadro sarà cambiato.
I due Mattei cercano il governissimo perché, con profili diversi, sono in un momento di impasse?
Entrambi necessitano di uno scenario politico diverso dall’attuale, che li emargina. Detto questo non vedo però un asse tale da poter rovesciare gli assetti generali. Infatti questa ipotesi non è andata molto lontano.
Il fatto che non siano appoggiati nelle aree di riferimento, Meloni (che va in senso opposto), e il Pd che spera nell’uscita di Renzi per sostituirlo con i responsabili, è un’ulteriore scoglio per loro?
Renzi, che ha bisogno di esporsi di più, persegue il governissimo con più determinazione anche di Salvini per ovvie ragioni: è più debole mentre l’ex vicepremier è sopra il 30%. L’ex premier è in una posizione più difficile. Salvini al contempo però deve dare il segnale che non è rimasto idealmente sulla spiaggia del Papetee ma che invece, rappresentando buona parte del voto del nord, che oggi è in sofferenza per il Covid19, qualcosa deve fare.
La gestione della crisi sanitaria quanto sta incidendo sull’immagine del premier?
Certamente incide, ma incide di più una doppia sensazione: l’incertezza sul futuro perché questo virus è ancora misterioso e in secondo luogo il rischio di finire in recessione.
Quale crede sia stato l’errore maggiore commesso fino ad oggi?
Di aver dato l’idea di una spaccatura enorme tra il nord del paese e Roma. Lo valuto un errore politico più che un fatto derivante dalla gestione tecnica del settore sanitario.
Lo scontro Conte-Fontana era evitabile?
Sì, diciamo che il premier ha commesso i suoi errori ma anche il Governatore ha fatto lo stesso. Qui c’è un concorso di colpa, entrambi avrebbero potuto gestire la cosa con maggiore saggezza ed equilibrio.
La debolezza politica Pd-M5s potrebbe collassare? E in che misura?
Questa maggioranza è molto debole: il M5S è un partner talmente fragile che di fatto questo è un monocolore piddino. Conte da tempo è un esterno del Pd, esiste in quanto i dem lo fanno esistere e questo alla lunga può essere fatale. Se la situazione fosse andata avanti con la normale amministrazione, il governo avrebbe potuto anche sperare di tirare a campare. Ma l’emergenza Coronavirus in atto assomiglia un po’ al cigno nero: un evento drammatico che fa saltare ciò che è debole. Così come il virus attacca tutte le persone anziane, altrettanto sul piano politico mostra ancora di più la debolezza di chi già è debole.
Possono esserci incidenti di percorso nel brevissimo periodo?
Sì. Questa vicenda dimostra che la maggioranza, così scollata rispetto al resto del Paese, ha fatto il suo tempo e non vedrà la fine della legislatura per eleggere il nuovo Capo dello Stato.
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