L’Hirak compie un anno, resiste ma non sfonda. L’aver occupato le piazze ha bloccato ogni possibile ritorno indietro verso il blocco politico-militare che ha governato l’Algeria dall’indipendenza ma non è bastato a lanciare una nuova classe dirigente. La diffidenza verso una qualsiasi forma di leadership ha ridotto le capacità di manovra dei giovani.
Alla fine le elezioni ci sono state e hanno portato al comando uomini del passato, ma non gli stessi di sempre. Il presidente Tebboune e il suo premier rappresentano infatti il “deep state” algerino: quell’amministrazione che è stata il nerbo della fase precedente ma che non prendeva decisioni, solo le eseguiva. L’Algeria ha una tradizione di commis d’état e di alti funzionari (si pensi solo alla diplomazia) di alta qualità, che non sfigurano nella comunità internazionale, anzi hanno buona reputazione. Tuttavia sopra di loro da sempre hanno comandato militari e cacicchi dei vari partiti di regime (FLN, RND, ecc.). Questi ultimi sono stati spazzati via; i militari restano ancora “incontournables” anche se prudentemente silenziosi, soprattutto dopo l’improvvisa morte del loro capo, il generale Gaid Salah. Potremmo dire all’italiana: restano i “tecnici”.
Tebboune è stato in passato effimero primo ministro e più volte ministro, prima ancora numero due di vari personaggi importanti. Un uomo poco noto e schivo. Potrebbe sembrare che si torni al vecchio ma forse non sarà così. I tecnici ora al potere sanno di dover cambiare tutto ma vogliono anche preservare lo Stato.
È una vera sfida. Già il neo-presidente si è espresso in maniera favorevole rispetto al movimento che occupa le piazze ogni venerdì: “Fenomeno salutare”, ha detto. Ha anche precisato di voler preparare importanti riforme istituzionali. Il punto è questo: per uno Stato tradizionalmente dirigistico e rigido come quello algerino, quale può essere la strada migliore per riformarsi? Quanta velocità di cambiamento è possibile imporre al blocco politico-militare ed ai suoi sostenitori economici? E quanto gradualismo è possibile da far accettare all’Hirak?
Tutto e subito è impossibile: Tebboune l’ha dichiarato nella sua prima intervista all’estero, su Le Figaro: “Non posso cambiare in due mesi ciò che è stato costruito in decenni”. Chiede tempo ma la società algerina ha già atteso tanto. Per quanto sarà ancora paziente?