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Chi è Ali Babacan, il vicepremier che (forse) sfiderà Erdogan alle presidenziali turche

Novità nella politica turca, anche se in realtà era già stata annunciata da un po’. Ma questa sembrerebbe davvero essere la volta buona. Ali Babacan (nella foto), vicepremier, già ministro dell’Economia e una delle figure chiave della scena politica turca sta per presentare il suo partito.

Lo hanno rivelato alcuni membri del suo staff, spiegando che la presentazione ufficiale potrebbe essere questione di settimane. Il motivo del ritardo, sarebbe la partecipazione popolare alla costituzione del movimento politico che avrebbe richiesto molto più tempo del previsto. Il partito, infatti, nelle stesse parole di Babacan, avrebbe dovuto vedere la luce entro il 2019.

“Stiamo cercando di coinvolgere il maggior numero di persone possibile, provenienti da zone del Paese, categorie produttive e fasce sociali diverse – hanno spiegato ai media turchi i collaboratori di Ali Babacan -. La preparazione della piattaforma programmatica è un momento molto importante nella costituzione di un partito, per questo è giusto prendersi tutto il tempo necessario”.

Top secret sul nome e sul simbolo. Lo staff di Babacan si è invece affrettato a dire che Abdullah Gul, ex presidente della Repubblica e secondo molti l’unico in grado di impensierire Erdogan, non farà parte della formazione politica. Ma che ne sia completamente estraneo, in questo lo credono in pochi.

Lo staff si è anche affrettato a sottolineare che la formazione politica non avrà nulla a che vedere con il Partito del Futuro, presentato pochi mesi fa dall’ex premier e ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ma che è stato accolto molto tiepidamente sia dalla stampa sia dall’opinione pubblica, tanto che, già da adesso ci sono tutti gli estremi, se non per parlare di flop, almeno per affermare che per il momento non rappresenta certo una minaccia per Erdogan.

Per Babacan il discorso è diverso. Non solo il suo partito si prepara a candidare figure note nella vita civile turca, anche se, visti i primi nomi, rischia seriamente di incappare nell’accusa di guelfismo da parte del capo dello Stato, ossia di essere accusato di fare parte della cerchia di Fethullah Gulen, ex alleato di Erdogan e oggi considerato una specie di nemico numero uno della nazione, accusato di essere anche il mandante del fallito golpe del 2016.

Il leader in sé ha un impatto diverso sull’elettorato, visto che per anni è stato considerato uno dei maggiori artefici della crescita economica della Turchia. In secondo luogo, Babacan può già contare su una considerazione all’estero che a Davutoglu manca, soprattutto nelle istituzioni e nei salotti buoni della finanza internazionale, dove l’economista è da sempre molto stimato.

Resta solo da capire quale sarà il nome del nuovo partito e come cercherà di portare via voti all’Akp di Recep Tayyip Erdogan di cui sia Babacan, sia Davutoglu sono stati per anni membri importanti e influenti. C’è poi un ultimo problema, che per, in vista della campagna elettorale del 2023, anno in cui, secondo il calendario elettorale, si dovrebbero tenere le prossime elezioni, non risulta certo trascurabile.

Né Babacan, né Davutoglu possono vantare quel carisma che ha permesso a Erdogan di raggiungere consensi record nel Paese e che ancora adesso rimane una delle armi più potenti del presidente. Per quello, appunto, ci vorrebbe Abdullah Gul, l’unico in grado di reggere davvero il confronto. Per questo motivo, ogni iniziativa politica che non lo coinvolga, viene percepita come monca in partenza.



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