Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Se il virus mette a rischio la diplomazia. L’allarme di Andornino (UniTo)

L’emergenza è un conto, la diplomazia un altro. Il caso coronavirus ha creato qualche incomprensione fra governo italiano e diplomazia cinese. La chiusura immediata dei voli da e per la Cina, giustificata per ragioni di emergenza sanitaria, è apparsa una mossa azzardata agli occhi dei diplomatici dell’ex Celeste impero. E indiscrezioni di stampa raccontano di una certa sorpresa anche alla Farnesina. “È comprensibile, così si rischia di rovinare i rapporti bilaterali in un anno cruciale”, spiega a Formiche.net Giovanni Andornino, docente di Relazioni internazionali dell’Asia orientale all’Università di Torino e vicepresidente del Twai (Torino world affairs institute).

Professore, cosa non ha funzionato?

Anzitutto il blocco dei voli è stato dettato da troppa fretta. Una misura che si è rivolta sostanzialmente a un pubblico nazionale, alimentando l’allarmismo piuttosto che sedarlo.

Poi?

Ha presentato profili di criticità sul versante internazionale. La sensibilità e la professionalità del ministero degli Esteri non è stata adeguatamente consultata. Temo siano stati trascurati i risvolti internazionali della risposta italiana.

Da chi?

Dal ministero della Sanità, che aveva la responsabilità diretta della gestione emergenziale. Non sono stati coinvolti tutti gli stakeholder, a cominciare dalla Farnesina. E dal presidente del Consiglio, che non ha ritenuto di approfondire la questione in un anno che segna il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche fra Italia e Cina e rende questo caso ancora più rilevante.

Il presidente Sergio Mattarella è intervenuto.

Non è la prima volta che il Colle interviene per mitigare e ricucire strappi. Il Quirinale è da sempre garante dell’unità nazionale di fronte ai nostri partner internazionali. Alla fine di quest’anno il presidente Mattarella si recherà in visita ufficiale a Pechino per celebrare l’anno della cultura e del turismo Italia-Cina.

Insomma, chiudere i cieli è stata una mossa troppo frettolosa?

Indubbiamente. Anche perché è un blocco aggirabile, l’Italia si può raggiungere per rotte indirette. Molti lo hanno fatto, e in un primo momento non sono neanche stati sottoposti a un controllo della temperatura. Preciso: nessuno sottovaluta l’emergenza. Io stesso sono stato molto celere nel suggerire ai miei studenti in Cina di lasciare il Paese, prima ancora che l’allarme divenisse globale.

L’ambasciata cinese ha invitato a non esagerare l’allarme.

Ci saranno sicuramente risvolti. La scelta italiana ha avuto seguito presso altri Paesi europei, queste mosse hanno sempre un effetto traino.

Qual è il problema di fondo?

C’è la percezione diffusa che le professionalità e le competenze che consentirebbero di evitare strappi e una gestione meno episodica della politica estera non vengano adeguatamente valorizzate.

Gli italiani a Wuhan non sono ancora tornati…

È una procedura complicata per molti aspetti di carattere tecnico. So quanto intensamente stanno lavorando i nostri rappresentanti all’ambasciata e al consolato, tutto quello che si può fare è stato fatto.

Il governo italiano ha incluso Taiwan nel blocco dei voli, anche se sull’isola l’emergenza è sotto controllo. Un passo falso?

Un passo falso grave, che si presta a equivoci indesiderabili. I voli con Taiwan sono stati sospesi il 31 gennaio quando il numero di casi riportato dall’isola era inferiore a quello registrato in Giappone o Thailandia, con cui i collegamenti diretti non sono invece stati interrotti. C’è chi vede in questa scelta improvvida una ragione politica, cogliendo uno scivolamento della posizione italiana verso Pechino in continuità con il Memorandum sulle Vie della Seta siglato dal precedente governo. Io non credo che questa sia una lettura corretta.

Perché?

Il peso politico del Ministro degli Esteri mi pare molto ridimensionato. Anche il Vietnam aveva bloccato tutti i voli dalla Cina, comprendendo Taiwan, e ha poi rettificato la sua posizione. C’è da augurarsi che anche l’Italia impari dagli  errori compiuti. E che ora rifletta seriamente su come agire costruttivamente in merito al delicato dossier dell’ammissione di Taiwan all’Assemblea Mondiale della Sanità.

×

Iscriviti alla newsletter